L’UE deve aumentare in modo massiccio la spesa attraverso prestiti comuni per finanziare gli investimenti, dato che è pericolosamente in ritardo rispetto agli Stati Uniti, secondo il rapporto di Draghi, presentato lunedì 9 settembre a a Bruxelles.
L’anno scorso il capo dell’UE Ursula von der Leyen ha chiesto a Draghi, ex capo della Banca Centrale Europea, di riferire su come il blocco dei 27 Paesi possa aumentare la competitività in un contesto di crescente insicurezza globale e di sfide economiche. Il rapporto chiedeva investimenti aggiuntivi per almeno 750-800 miliardi di euro (829-885 miliardi di dollari), pari a quasi il cinque per cento del prodotto interno lordo dell’UE. “Per la prima volta dai tempi della Guerra Fredda, dobbiamo davvero temere per la nostra autoconservazione e la ragione per una risposta unitaria non è mai stata così convincente”, ha dichiarato Draghi durante una conferenza stampa a Bruxelles per presentare il rapporto.
Presentando il suo progetto per una “nuova strategia industriale” basata su circa 170 proposte, Draghi ha affermato che “il fabbisogno di investimenti che tutto questo comporta è enorme” ma che è necessario un “cambiamento radicale”. Citando lo storico fondo di ripresa Covid del blocco, l’ex premier italiano Mario Draghi ha sostenuto che dovrebbe emettere nuovi “strumenti di debito comuni… per finanziare progetti di investimento comuni che aumenteranno la competitività e la sicurezza dell’UE”. L’UE ha fatto ricorso a prestiti comuni per 800 miliardi di euro (890 miliardi di dollari) per sostenere le economie degli Stati membri colpite duramente dalla pandemia, ma il concetto rimane controverso. Il principale sostenitore dell’idea è la Francia, ma altri Paesi, tra cui Germania e Paesi Bassi, si oppongono a questa azione, temendo di essere costretti a contribuire con più denaro per compensare i Paesi dell’Europa meridionale.
Consapevole delle difficoltà della sua proposta, Draghi ha affermato che i prestiti comuni saranno possibili solo se “le condizioni politiche e istituzionali saranno soddisfatte”. Un’altra soluzione, ha detto, è quella di mobilitare meglio il capitale privato nel blocco, sostenendo la necessità di progredire nella spinta, da tempo bloccata, verso una “unione dei mercati dei capitali” dell’UE.
La Von der Leyen ha vinto a luglio un secondo quinquennio alla guida del braccio esecutivo del blocco e spera di utilizzare la relazione per definire il suo prossimo mandato. Nel suo rapporto, Draghi avverte che l’Europa sta entrando in una nuova era, confrontata con una maggiore concorrenza dall’estero, ma con un accesso ridotto ai mercati esteri, dato che i rivali erigono sempre più barriere al libero scambio. Ha sottolineato l'”ampio divario” nella crescita economica che si è “aperto tra l’UE e gli USA, guidato principalmente da un rallentamento più pronunciato della crescita della produttività in Europa”.
Il rapporto di Draghi ha evidenziato la debolezza dell’UE nelle tecnologie emergenti che guideranno la crescita futura, con solo quattro aziende europee tra le prime 50 aziende tecnologiche del mondo. “L’Europa deve diventare un luogo in cui l’innovazione fiorisce”, ha dichiarato Draghi ai giornalisti, affermando che il blocco “sta facendo a pugni con le nostre forze”. Potremmo fare molto di più se tutte queste cose fossero fatte come se agissimo come una comunità”. “Ma non ci concentriamo sulle priorità chiave. Non combiniamo le nostre risorse per generare scala. E non coordiniamo le politiche che contano”.
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