L’ Assemblea Consultiva Islamica, il Majles, il Parlamento iraniano, è detto anche Piazza Baharestan, Piazza Primavera. Inizialmente il Majles era una camera legislativa creata nel 1906, per concessione dello scià Mozaffar al-Din Shah Qajar a seguito della Rivoluzione costituzionale iraniana. La Camera entrò in funzione in modo effettivo solo durante la Seconda guerra mondiale, con l’occupazione alleata e l’ascesa al trono dello scià Mohammad Reza Pahlavi. Nel 1963, nell’allora Assemblea nazionale consultiva, vennero ammesse anche le donne. Con la Rivoluzione islamica si abolì il Senato e nel 1989 venne istituita l’Assemblea consultiva islamica. L’Iran diventava una repubblica con un Parlamento monocamerale.
L’Assemblea consultiva islamica è regolata dal Capitolo VI della Costituzione e quale organismo legislativo ha il compito di discutere, approvare o respingere le leggi. Oggi questo parlamento, presieduto dal conservatore Mohammad Bagher Ghalibaf, conta 290 membri in base alle ultime elezioni, dei quali 162 sono nello schieramento dei conservatori, 40 dei riformisti, 83 indipendenti e cinque seggi sono dedicati alle minoranze religiose. In questi giorni si occupa soprattutto delle questioni inerenti l’economia e l’approvazione del budget per il prossimo anno. L’anno persiano si conclude il 21 marzo e quindi si lavora per approvare il bilancio dello Stato per il prossimo anno. AffarInternazionali ha avuto l’autorizzazione di seguire per un giorno i lavori parlamentari.
Colgo grande animosità negli interventi e chiedo lumi a Davood, il mio interprete. “Sì… oggi animi infuocati da parte della maggioranza integralista del parlamento. Il presidente Pezeshkian non è presente, ma sono state rivolte forti critiche all’operato dei suoi ministri che si occupano di economia ed energia, accusati di non essere all’altezza della situazione. Fortissimi attacchi alla sua gestione, che secondo alcuni parlamentari ha causato la perdita di valore del rial nei confronti delle valute straniere, comportando un caro prezzi dei prodotti di prima necessità per la popolazione. La critica principale invece in materia di politica estera è la mancata denuncia da parte del ministero degli Esteri iraniano presso gli enti internazionali e la Corte Penale Internazionale, dell’avvenuta distruzione da parte di Israele delle infrastrutture iraniane in Siria. I parlamenti intervenuti hanno chiesto con forza di intraprendere un’azione legale per farsi risarcire i danni, molto ampi a quanto pare”.
Mi avvicino ad una collega iraniana nel settore occupato dai giornalisti. Si chiama Faezeh Zahiri e lavora per l’agenzia di stampa ufficiale del parlamento, la Khaneh Mellat News Agency. Le chiedo di illustrarci la legge “Sostegno alla famiglia attraverso la promozione della cultura della castità e dell’Hijab”, criticata vigorosamente da riformisti e conservatori, ma appoggiata dagli integralisti. “Abbiamo partecipato a un numero elevato di riunioni su questa legge”, mi dice Faezeh Zahiri. “Questa legge è partita con una proposta del potere giudiziario inviata al Governo. Il Governo l’ha trasmessa al parlamento, visto che il Majles può ricevere le proposte di legge solo dal Governo. Prima di questa legge ne esisteva in realtà già una sull’hijab e questa legge è stata presentata solo per rimarcare che degli enti non si adoperavano adeguatamente per farla applicare. Il potere giudiziario ha indicato particolari comportamenti che costituiscono reato. Il parlamento ha invece cercato di aggiungere alla legge tutta una serie di questioni per lo più culturali visto che l’hijab di fatto fa parte della nostra religione. Questa legge è arrivata in parlamento composta da 70 articoli. Sono state tenute tante riunioni perché il parlamento ha invitato ad occuparsi della legge 200 universitari, attivisti della questione di genere, persone con pareri diversi, al fine di arrivare ad una legge che tenesse conto di tutte le diverse posizioni esistenti all’interno della società iraniana. La legge aveva dei difetti, è stata trasmessa prima, come prevede l’iter, al Consiglio dei Guardiani, in modo che possa essere esaminata secondo i criteri costituzionali. Alcuni difetti sono stati corretti e la legge è tornata in parlamento ed è stata approvata, ma visto l’argomento così sensibile è stata inviata al Consiglio per il Discernimento, il Consiglio per la determinazione degli interessi dello Stato, perché venga esaminata. Una delle azioni principali di questa legge”, mi dice Zahiri, “è stata quella di eliminare per sempre gli interventi della polizia gašt-e eršâd, chiamiamola morale, del buon costume, che fermavano quelle donne che non indossavano correttamente il velo. Quella parte lì, che ormai era vista negativamente dalla società iraniana, è stata eliminata per sempre. Le novità introdotte riguardano l’aspetto culturale della questione e l’introduzione di multe per le donne che ripetutamente non rispettano le norme su come portare il velo. Credo siano innovazioni che vanno nella giusta direzione, soprattutto perché comprendono tante iniziative culturali. La cosa che ora rimane da completare è approvare una normativa esecutiva adeguata, in modo che possa essere attuata ma nello stesso tempo preservare anche la dignità delle persone soggetto di questa legge”.
Incontriamo in aula, circondato dai giornalisti locali, Mahdi Toghiani, parlamentare della circoscrizione di Isfahan. Toghiani è vicepresidente della Commissione economica del parlamento. Cosa è possibile fare, gli chiedo, per il crollo della vostra moneta nei confronti di quelle straniere? “Non parlerei di vero e proprio crollo, ma di indebolimento. Il parlamento”, mi risponde, “come osservatore e la Banca Centrale come esecutore devono cercare di garantire la stabilità del prezzo in modo che il valore della moneta nazionale non vada perduto. Oggi abbiamo parlato a porte chiuse con funzionari della Banca Centrale per assicurarci che stiano facendo cose giuste e in presenza di problematiche ci siamo assicurati che queste vengano superate”. Perché si è arrivati a questo punto? “Praticamente la Banca Centrale sta facendo un mercato valutario in un periodo di transizione a cui va aggiunta l’atmosfera politica generale. Questi fattori hanno avuto un effetto. Noi crediamo che presto la stabilità tornerà nel mercato come è stato negli ultimi mesi”. Riuscirete ad approvare il budget a marzo? “Abbiamo già approvato la prima parte che ora è al Consiglio dei Guardiani. Aspettiamo la seconda parte in modo da poterne esaminare i dettagli e arrivare in tempo prima della fine dell’anno”.
Chiedo ad un funzionario di incontrare una parlamentare per conversare con lei sulla legge sull’hijab. Poco dopo incontro una delle deputate più conosciute, la professoressa Sara Fallahi, conservatrice, appartenente alla circoscrizione di Ilam, portavoce della sezione delle donne del parlamento. È anche la prima donna della sua regione ad accedere al parlamento dopo la rivoluzione. Cosa ne pensa della legge sull’hijab? L’ha appoggiata? Cosa la convince, cosa meno? “Come altre leggi è stata votata, alcuni erano d’accordo, altri contrari. Considerando la situazione nel paese, il parlamento ha sentito la necessità di approvarla. Del resto ogni paese ha le sue leggi… no? Lei viene dall’Italia e anche lì avete le vostre leggi. C’era anche una legge affine in passato e personalmente credo fosse sufficiente, ma hanno deciso di approvarne un’altra. Ricordo comunque che abbiamo voluto che il nostro paese fosse regolato dalla legge dell’Islam. Nel nostro sistema di valori, denudarsi non è qualcosa di positivo e credo che non lo sia neanche da voi in Italia. Avevamo negli anni passati delle leggi per garantire che uomini e donne si vestissero in maniera consona alla dignità generale e secondo me non c’era bisogno di aggiungere nuove leggi, ma in ogni caso è stato fatto. Le nostre donne, come saprete, sono delle donne modello, fortissime in settori come quello scientifico e sociale. Molto presenti nella vita della nazione. Io dico che non ci sarebbe stato bisogno di nuove leggi perché secondo me sanno benissimo come comportarsi. Ricordo che durante la guerra diedero un grandissimo contributo e quindi credo che sappiano bene quel è il modo giusto di comportarsi. Sono delle donne meravigliose, ma anche pure e caste… questa è la caratteristica delle nostre donne”. Ho visto tante donne a Teheran anche senza l’hijab, le chiedo. Perché non lasciarle libere di poterlo anche non indossare? “Sono contraria alle multe perché, secondo me, non sono costruttive. Sono invece d’accordo, al contrario, che sia giusto dialogare con chi non fa utilizzo dell’hijab. Anziché multare quelle che non lo indossano, andrei a incoraggiare quelle che lo portano e poi fare un lavoro culturale che parta dalle scuole, dall’istruzione. Anche io quindi non sono d’accordo con le multe. Il mio paese, la Guida Suprema, siamo tutti d’accordo: le donne non devono essere fermate, non devono essere trattate male e stiamo escogitando un sistema per pianificare un’attività culturale a favore dei nostri valori. In questi decenni abbiamo affrontato tante questioni e le abbiamo abbiamo risolte, quindi signor giornalista occidentale non si dia preoccupazioni. Siamo in grado di fare tutto al nostro interno”. Ha votato comunque a favore della legge? “Inizialmente l’ho appoggiata però ora mi sono convinta che è meglio tenerla ferma e applicare bene le leggi preesistenti”. La saluto, ringraziandola. “Le auguro il miglior soggiorno possibile in Iran”.