Il G77 vuole contare di più sui temi globali

Dopo il vertice dei BRICS e del G20, si è tenuto l’incontro del G77, un gruppo che testimonia il crescente protagonismo del cosiddetto “Global south” nella politica internazionale.

Il Summit dell’Havana

Il 15 e il 16 settembre si sono recate all’Havana delegazioni di tutti i paesi in via di sviluppo per il summit su scienza, tecnologia e innovazione. Una conferenza che si è concentrata sulle moderne sfide in ambito scientifico e tecnologico ed ha esplorato nuove soluzioni di cooperazione. Come dichiarato dal presidente pro tempore del gruppo, il cubano Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, il vertice è stato convocato con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo tecnico-scientifico che oggi è monopolizzato, citando il presidente: “da un club di paesi che accaparrano la maggioranza dei brevetti, le tecnologie, i centri d’investigazione e  promuovono il drenaggio di talenti dei nostri paesi”.

L’incontro si è concluso con l’adozione della “Dichiarazione dell’Havana che ha delineato i principi che guideranno la cooperazione sud-sud e le posizioni dei paesi in via di sviluppo sui più importanti temi di attualità. Ad esempio, il gruppo ha aspramente criticato i monopoli tecnologici che ostacolano lo sviluppo tecnologico dei paesi in via di sviluppo ed ha fatto appello alla comunità internazionale per favorire un ambiente aperto, equo ed inclusivo per lo sviluppo scientifico e tecnologico. Infine, il gruppo ha rigettato l’attuale architettura finanziaria domandando una radicale riforma.

Al vertice di venerdì e sabato hanno partecipato più di cento delegazioni, fra cui quella cinese, trenta capi di stato, tra cui il brasiliano Lula da Silva, il venezuelano Nicolàs Maduro, il colombiano Gustavo Petro, il sudafricano Cyril Ramaphosa nonché il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che ha aperto il summit esortando i paesi a continuare a lottare per un mondo “che funzioni per tutti”, sottolineando la necessità di creare “istituzioni multilaterali forti ed efficaci mentre la comunità si muove verso un mondo multipolare”.

All’appello manca inaspettatamente l’India, che ha rinunciato a partecipare all’ultimo minuto. 

Cos’è il G77

Il Gruppo dei 77 è il più grande gruppo intergovernativo nelle Nazioni Unite. Nato nel 1964 in seno alla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), a dispetto del nome, conta oggi 134 membri. La maggioranza sono paesi in via di sviluppo, ma ci sono paesi con economie avanzate e all’avanguardia nell’innovazione tecnologica che, avendo seguito un orbita di sviluppo diversa da quella occidentale, restano comunque vicini alle istanze dei paesi in via di sviluppo. Tra questi Emirati Arabi Uniti e Qatar ma anche India, Sudafrica, Egitto, Brasile.

La Cina pur risultando un membro effettivo del gruppo, non si ritiene tale e garantisce un appoggio esterno, sia finanziario che politico. Per questo motivo nelle dichiarazioni congiunte viene usata l’espressione G77 + Cina.

Il gruppo è nato con lo scopo di accrescere il peso delle istanze politiche ed economiche dei paesi in via di sviluppo. Subito dopo l’istituzione, il G77 è infatti apparso come il forum più efficace per coordinare le opinioni e le azioni di questi Paesi sulle principali questioni economiche globali. A differenza del movimento dei non allineati che concentrava le sue azioni su questioni politiche e militari, il collante del gruppo dei 77 erano le istanze di riforma economica-finanziaria. Il coordinamento all’interno di questo gruppo fu alla base delle idee raccolte nel filone del “Nuovo ordine economico mondiale”. In seguito alla crisi petrolifera e del sistema di Bretton Woods, svariate proposte verranno racchiuse, in seno all’Assemblea Generale, nella Dichiarazione per la creazione di un nuovo ordine economico internazionale del 1974. 

Dunque, il G77 svolge essenzialmente il ruolo di megafono del sud globale nelle negoziazioni internazionali su questioni come il commercio, il cambiamento climatico, lo sviluppo sostenibile e altri temi globali.

La questione ambientale

Una delle tematiche su cui più volte il gruppo ha trovato visioni convergenti è la lotta al cambiamento climatico. Infatti, i membri del G77 sono spesso i paesi più vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico, nonostante, storicamente, siano solo in minima parte responsabili delle emissioni di CO2.

Per questo, durante le conferenze sorte negli anni ‘90 in seno allo United Nations Framework Convention on Climate Change  (Unfccc), si sono opposti ad una distribuzione omogena delle responsabilità e dell’impegno da garantire per combattere il riscaldamento climatico. In particolare, i paesi del G77 hanno lamentato l’incapacità delle loro economie di far fronte ai costi e alle tecnologie necessari per realizzare una transizione verde, ponendo così il trasferimento tecnologico e finanziario come prerogativa per qualsivoglia seria iniziativa. 

Per queste ragioni, hanno appoggiato il principio della Responsabilità comune ma differenziata (CBDR), sancito nel settimo principio del Protocollo di Rio. Le posizioni dei paesi in via di sviluppo hanno avuto l’effetto di rendere inefficace il Protocollo di Kyoto (erano infatti esenti da obblighi di riduzione delle emissioni) e quindi di superarlo con la stipula dell’Accordo di Parigi, che abbraccia pienamente questo principio lasciando ai singoli stati la facoltà di determinare l’impegno nella lotta al climate change. Infine, le pressioni fatte dal gruppo per concentrarsi sull’adattamento (e non solo sulla lotta) al cambiamento climatico, hanno portato alla creazione del Loss and Damage Fund alla Cop27, salutata da tutti i paesi in via di sviluppo come un successo

Un gruppo eterogeneo ma sempre più importante

È importante sottolineare che il gruppo resta un forum dove poter coordinare, eventualmente, le azioni dei paesi in via di sviluppo in seno alle Nazioni Unite. Spesso il gruppo non è riuscito ad incontrarsi e a coordinarsi efficacemente, come testimoniato dal fatto che il South Summit, organo di decisione supremo del gruppo, si è riunito solamente nel 2000 e nel 2005. Tuttavia, il terzo South Summit si terrà a Kampala, Uganda nel gennaio 2024. Inoltre, sotto la presidenza pro tempore di Cuba il gruppo si è mostrato molto attivo.

Ad esempio, il presidente pro tempore del G77, ha partecipato al vertice dei Brics di agosto a Johannesburg. Nel suo discorso, dopo aver ricordato i rivoluzionari cubani morti in Sudafrica per combattere l’apartheid, ha attaccato l’occidente e le multinazionali per aver “disegnato un ordine internazionale che non considera il progresso delle nazioni del Sud”. Storicamente, sia il G77 che i Brics hanno lottato per trasformare l’architettura finanziaria internazionale e per questo dovrebbero lavorare insieme per cambiare un ordine “ingiusto, anacronistico e disfunzionale”.

Se durante la guerra fredda il movimento dei non allineati e i paesi del G77 sono stati appoggiati strumentalmente da una delle due super potenze, oggi l’ascesa di potenze revisioniste e le contraddizioni insite in un sistema economico iper-globalizzato e iper-finanziarizzato, la cui origine è attribuita agli Stati Uniti, fa trovare numerose sponde a questi paesi e ai loro reclami. Un elemento positivo per il gruppo che però potrebbe approfondire gli attriti tra Cina e India, visto che entrambe aspirano alla leadership del sud globale.

In un momento di transizione dell’ordine internazionale, che sembra muoversi verso una quantomeno relativa multipolarità, il gruppo dei 77 potrebbe acquisire importanza, specialmente se di concerto con i BRICS.

Foto di copertina EPA/ERNESTO MASTRASCUSA

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