Il G7 e il sistema bancario. Parla Giovanni Sabatini, Direttore dell’Associazione Banche Italiane

Direttore, comincerei dalla transizione verso un’economia sostenibile e la trasformazione digitale. Sono sfide al centro dell’agenda del G7 a guida italiana. Il mondo bancario in che modo può fornire le risorse per sostenerle e che difficoltà sta incontrando?

“La trasformazione digitale e la transizione verso un’economia più sostenibile sono due momenti di profonda discontinuità che richiederanno anche ingenti investimenti. Ad esempio, la Commissione europea ha stimato che il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 2050 richiederà investimenti aggiuntivi per circa 500 miliardi di euro. Queste risorse non potranno venire solo dalle finanze pubbliche, ma richiederanno anche risorse private sia nella forma di finanziamenti sia di capitale di rischio. Quindi il settore finanziario, in particolare le banche, avrà un ruolo fondamentale nel sostenere gli investimenti necessari per queste due transizioni. Principalmente, alle banche viene chiesto di svolgere un ruolo di catalizzatore dei flussi finanziari verso gli investimenti sostenibili, innanzitutto sotto il profilo ambientale e sociale. Pienamente consapevoli del loro ruolo, le banche si stanno organizzando, incorporando nei loro processi di analisi del merito di credito anche la valutazione dei profili di sostenibilità delle imprese. Occorre sottolineare – e qui vengo alle difficoltà – che le banche sono partner delle imprese in questo percorso di transizione, ma non possono svolgere il ruolo di poliziotto dei loro comportamenti. Inoltre, osserviamo anche un quadro normativo ancora incompleto: mentre vengono minuziosamente definite le regole e i comportamenti attesi dalle banche, manca ancora un quadro ben definito perché siano disponibili dati accessibili di buona qualità circa il profilo di sostenibilità delle imprese. Mancano quindi dati, schemi di reporting a livello globale e metriche per la quantificazione di questi rischi. Questo è un elemento fondamentale, così come a livello europeo manca ancora una tassonomia della transizione, e cioè una guida che consenta alle banche di finanziare effettivamente quelle imprese che, pur non essendo oggi ancora conformi ai requisiti della tassonomia ambientale, hanno però intrapreso un percorso credibile di transizione per raggiungere modelli di business sostenibili e coerenti con gli obiettivi della Commissione europea”.

La trasformazione digitale, sulla quale si è appena soffermato, sta modificando radicalmente l’organizzazione del lavoro. Come le istituzioni bancarie affrontano questo fenomeno?

“Ormai da tempo la digitalizzazione è parte integrante delle strategie di servizio delle banche, anche se con una significativa diversità di approccio e di modello. Ma ciò che accomuna l’azione delle banche è la consapevolezza che l’evoluzione tecnologica, anche dove comporta cambiamenti profondi, non si sostituisce alle persone: essa è infatti basata sulla fiducia e sul rapporto con gli individui. Questo è riconosciuto anche nel nostro contratto collettivo nazionale del lavoro dove l’importanza degli sviluppi tecnologici viene presa in adeguata considerazione da specifiche disposizioni. Nel rinnovo di dicembre, ad esempio, con le organizzazioni sindacali abbiamo confermato e rafforzato le funzioni di un comitato bilaterale paritetico che ha il compito di seguire i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro derivanti dalle nuove tecnologie e dalla digitalizzazione. Questo comprende anche il cosiddetto modello digitale, proprio per poter continuare a mantenere aggiornate le previsioni del contratto collettivo nazionale all’evoluzione tecnologica. In questo contesto la formazione è fondamentale: le banche stanno investendo profondamente in azioni mirate al re-skilling, write-skilling e upskilling dei lavoratori anche in una prospettiva di occupabilità, di tutela delle professionalità e per attrarre nuovi giovani talenti, poiché la transizione digitale e quella verso modelli più sostenibili richiedono nuove competenze”.

Altro tema cruciale del G7 è quello dell’Intelligenza Artificiale, tema sul quale è stato approvato un codice di condotta. Sulla scia dello sforzo normativo europeo, ritiene che si possano raggiungere ulteriori intese a livello globale?

“Sicuramente la Commissione europea, e quindi l’Unione europea, rappresenta una punta avanzata nella regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale. Il regolamento da poco approvato definisce in maniera puntuale e delimita le modalità di utilizzo in particolare di quei modelli che possono presentare maggiori rischi. Ovviamente questi sono fenomeni globali e se l’Europa va avanti da sola con un modello che non trova coerenza con la regolamentazione in altre giurisdizioni, il suo sforzo risulta di fatto limitato e non produce i risultati attesi. Quindi è fondamentale da questo punto di vista la guida italiana nel G7, che può dare un ulteriore impulso all’esperienza europea, facendo sì che il suo modello venga effettivamente utilizzato e adottato in maniera globale”.

In ultimo, una novità importante destinata ad avere un impatto considerevole sul sistema finanziario internazionale è l’introduzione delle monete digitali da parte delle banche centrali. Quale ruolo può avere il G7 nella promozione di una cornice di regole comuni in questo ambito?

“Sicuramente le monete di banca centrale in forma digitale rappresentano la più appropriata e utile risposta all’emergenza delle cosiddette pseudo valute crypto e hanno il compito di preservare la stabilità finanziaria e il ruolo delle banche centrali nella definizione e trasmissione delle politiche monetarie. La Banca centrale europea è particolarmente avanti con l’analisi e la definizione del progetto di euro-digitale a cui l’intero settore e l’Abi stanno contribuendo in termini di idee ed esperienze. Riteniamo che una moneta di banca centrale con riferimento all’utilizzo retail possa rappresentare un elemento di innovazione e spinta alla digitalizzazione dell’economia, ma occorre un attento disegno delle caratteristiche affinché questa nuova forma di moneta – che avrà corso legale affiancandosi al contante – da un lato rimanga uno strumento di pagamento, non trasformandosi in riserva di valore, e dall’altro offra la possibilità al settore bancario di fornire soluzioni innovative alle attuali modalità di pagamento. Un altro tema importante riguarda l’idea di moneta di banca centrale all’ingrosso, il cosiddetto wholesale, poiché le monete di banca centrale digitali possono rendere più efficienti i trasferimenti internazionali. Oggi questa tipologia di transazione comporta processi complessi e onerosi che ne rendono difficile l’utilizzo: l’uso di nuove tecnologie sottostanti a una moneta di banca centrale digitale all’ingrosso potrebbe ottimizzare le procedure, ridurre i costi e facilitare le transazioni al di fuori di una singola area monetaria. Da questo punto di vista sarà necessario però definire standard comuni, che abilitino l’interoperabilità nello scambio di questi strumenti. Anche in questo caso, il G7 e il ruolo che l’Italia può svolgere saranno determinanti”.

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