“Grande effervescenza e incertezza per il futuro della Siria”

Maria Luisa Fantappiè, Responsabile del Programma Mediterraneo, Medioriente e Africa dell’Istituto Affari Internazionali, è intervenuta in collegamento da Doha (Qatar) allo speciale di RadioRadicale sulla caduta del regime di Assad in Siria, condotto da Francesco De Leo. Fantappiè ha preso parte al Vertice di Doha sul futuro della Siria a cui hanno preso parte Russia, Turchia e Repubblica Islamica d’Iran.

Come è stata appresa a Doha la questa storica notizia del crollo del regime di Bashar al-Assad e che cosa ora ci si aspetta?

“La situazione è di effervescenza, ma nello stesso tempo anche di grande incertezza. Si vivono sentimenti un po’ contrastanti anche qui tra i partecipanti al Forum di Doha, dove sono presenti analisti e decisori politici. Da una parte c’è un senso di sollievo per la fine di un’era, quella di Bashar al-Assad, dall’altra registro grande, grande preoccupazione per il futuro della Siria. Questo futuro andrà definito non solo dai ribelli che hanno preso il controllo della capitale Damasco – una compagine molto diversa ed eterogenea, formata da diversi gruppi, con un piano politico ancora molto incerto, che vanta una componente di Islam sunnita molto rilevante – ma anche dagli attori regionali. E qui ancora molta preoccupazione per quello che sarà il loro ruolo. Penso alla Turchia che per diversi anni, come sappiamo, ha sostenuto questi ribelli fornendogli armi e capacità di governare una parte del nord-est della Siria. Bisognerà capire il ruolo della Russia, che ha delle basi militari sulle coste siriane e che considera la Siria un asset politico importante. Poi soprattutto c’è un Iran molto incerto sul da farsi, nel senso che la caduta del regime di Assad implica la perdita del “ponte territoriale” che legava la Repubblica Islamica con l’Hezbollah libanese, con un potenziale cambiamento della strategia iraniana che si era per tanti anni incentrata su il sostegno a questi gruppi paramilitari – incluso il regime di Bashar al-Assad – come elementi di deterrenza militare e anche politica verso Israele e i suoi rivali regionali. Non è quindi solo un momento cruciale per la Siria stessa, ma un momento fondamentale di ridefinizione degli equilibri geopolitici tra Iran, Turchia e Russia, la cui potenza nella regione viene rimessa in discussione”.

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