Giappone verso la riconferma della maggioranza conservatrice

Domenica 31 ottobre, cittadini e cittadine giapponesi saranno chiamati alle urne per eleggere i 465 membri della Camera dei rappresentanti. Chiamata anche Camera bassa, si tratta di uno dei due rami della Dieta giapponese, l’equivalente del Parlamento italiano.

La coalizione di maggioranza, composta dal Partito liberaldemocratico (Pld) e dal Kōmeitō e guidata dal neo-eletto primo ministro Kishida Fumio deve affrontare un’opposizione che sembra essere più coesa e in grado di proporre un’alternativa ideologica progressista rispetto alle precedenti tornate elettorali. Nonostante ci si aspetti una riconferma della maggioranza conservatrice, l’opposizione potrebbe riuscire a guadagnare alcuni seggi in bilico, fornendo un nuovo equilibrio alla Dieta giapponese e avendo un impatto sull’amministrazione Kishida.

Perciò, l’appuntamento elettorale di domenica si preannuncia una delle sfide più interessanti nel panorama politico giapponese negli ultimi dieci anni.

Come si vota
La Camera dei Rappresentanti viene eletta attraverso un sistema elettorale misto, il cosiddetto “voto parallelo”, che combina sistema maggioritario e proporzionale. Ogni elettore esprime due voti: uno per il candidato e uno per il partito politico. Nei collegi uninominali (Smd) – uno per ciascun distretto elettorale – vengono eletti 289 parlamentari attraverso il sistema maggioritario. Il Paese è ulteriormente suddiviso in 11 blocchi elettorali, che assegnano i restanti 176 rappresentanti in maniera proporzionale (Pr) in base ai voti ricevuti dai partiti.

Tuttavia, i due sistemi non sono collegati: i seggi non sono distribuiti in modo tale che la somma dei seggi Smd e Pr sia proporzionale ai voti ottenuti dalle liste nel suo complesso. Se da una parte questo sistema permette anche a partiti più piccoli di ottenere rappresentanza in Parlamento, dall’altra non fornisce una rappresentanza di tipo proporzionale, andando a vantaggio delle liste più grandi che hanno un maggior numero di candidati. Il “voto parallelo” è uno dei fattori che ha consentito alla coalizione Pld-Kōmeitō di mantenere la maggioranza quasi ininterrottamente dal 1994 – fatta eccezione per il triennio 2009-2012 – perché i due partiti si distribuiscono i candidati nei vari collegi in base alla loro forza su base regionale.

Promesse di rinnovamento
I due partiti di maggioranza pagano in termini di consenso una gestione poco ordinata della pandemia, con una campagna vaccinale molto lenta e segnata dalla decisione di far svolgere i Giochi di Tokyo nonostante l’emergenza sanitaria. In questo contesto, Kishida si presenta alle elezioni con un tasso di gradimento del 45%, uno dei più bassi per un governo appena formato.

Nonostante abbia dichiarato più volte durante la campagna elettorale per la presidenza del Pld di voler rinnovare il partito, Kishida deve la sua nomina a presidente all’appoggio dell’ala maggiormente conservatrice del Pld. Pertanto, era pronosticabile che sarebbe rimasto nel solco tracciato dall’ex primo ministro Abe Shinzō e poi proseguito da Suga Yoshihide, non facendo fede alle sue promesse di rinnovamento.

Il manifesto elettorale del Pld ne è un segno evidente: non vi è alcun riferimento al piano per raddoppiare gli stipendi e la promessa di redistribuire ricchezza costruendo un “nuovo capitalismo giapponese” è ridimensionata. Al contrario, il manifesto riprende esplicitamente le linee economiche di Abe – la cosiddetta Abenomics – e alcune proposte sulla politica di sicurezza dell’ala maggiormente conservatrice del partito.

Opposizione e astensionismo
La coalizione dei partiti di opposizione è formata dal Partito costituzionale democratico del Giappone, dal Partito comunista giapponese e dal Partito socialista giapponese. Solitamente poco incisiva, l’opposizione si presenta al voto del 31 ottobre in modo coeso e organizzato, con accordi per appoggiare candidati comuni in numerosi distretti. Inoltre, l’opposizione sta cercando di fornire un’alternativa ideologica alla maggioranza, focalizzandosi sui diritti civili, la parità di genere e sull’economia.

Tra i punti fondamentali del manifesto elettorale ci sono l’introduzione del matrimonio egualitario e la possibilità per le donne di mantenere il proprio cognome una volta sposate (senza prendere obbligatoriamente quello del marito), l’aumento delle tasse sugli stipendi più elevati e dei fondi pubblici per i servizi di base, come quelli sanitari.

Un fattore da tenere in considerazione è l’elevata disaffezione alla politica della popolazione giapponese. Generalmente, poco più della metà della popolazione si reca alle urne: poiché l’esito delle elezioni è spesso scontato, molti hanno la sensazione che il proprio voto non faccia differenza. Se il Pld ha una base fedele e affidabile a ciascuna elezione, per vincere l’opposizione ha bisogno di un tasso elevato di affluenza alle urne.

Ad esempio, alle elezioni del 2009 – la seconda vittoria dell’opposizione dal 1955 – con il 70% dell’affluenza l’opposizione riuscì a guadagnare una maggioranza di circa 300 parlamentari. Gli attuali sondaggi sulle intenzioni di voto rivelano che il 73% della popolazione ha “assolutamente intenzione di votare”: una percentuale simile a quella del 2017 (69%), quando però soltanto il 54% si presentò effettivamente alle urne. Una percentuale simile difficilmente basterebbe ai partiti di opposizione.

Stessa coalizione, diversi equilibri
Secondo i principali quotidiani nazionali, ben 40 seggi attualmente appartenenti alla maggioranza potrebbero passare all’opposizione. Nonostante ciò, l’opposizione non ha reali possibilità di vittoria: negli Smd, l’opposizione candida soltanto 214 persone, meno delle 233 necessarie per ottenere la maggioranza alla Camera bassa. Pertanto, la maggior coesione dei partiti di opposizione non sembra sufficiente per garantire un cambio di maggioranza. Tuttavia, se l’opposizione dovesse conquistare tutti i seggi in bilico, la maggioranza conservatrice sarebbe ridotta e si potrebbero modificare gli equilibri all’interno della Dieta.

Kishida stesso ha dichiarato che ottenere la maggioranza semplice – e non una super maggioranza – sarebbe una vittoria per la coalizione conservatrice. In sostanza, molto dipenderà da quanti elettori decideranno di recarsi alle urne: nonostante l’opposizione stia fornendo l’alternativa più credibile al Pld negli ultimi dieci anni è probabile che molti elettori rimarranno a casa, votando implicitamente per lo status quo e il mantenimento della maggioranza conservatrice.

A cura di Veronica Barfucci, caporedattrice Asia de Lo Spiegone

Foto di copertina EPA/FRANCK ROBICHON

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