Le implicazioni in campo nucleare del G7 di Hiroshima

Dei sette vertici G7 tenutisi in Giappone negli ultimi 50 anni quello che ha avuto luogo nei giorni scorsi è stato il primo celebrato a Hiroshima. Sarebbe stata una grande occasione per rilanciare il disarmo nucleare che negli ultimi anni ha fatto pochi progressi e parecchi passi indietro. La congiuntura internazionale non lo ha consentito. Bisogna dare atto al Primo Ministro Kishida di essere riuscito a radunare i sette capi di stato e di governo dei paesi più industrializzati nella città martire giapponese e di aver costruito il consenso su una dichiarazione ad hoc dedicata esclusivamente alla questione delle armi nucleari. I paesi del G7 non sono in partenza fautori del disarmo nucleare, tre di essi (Usa, Francia e Regno Unito) posseggono l’arma nucleare: i quattro rimanenti sono protetti dall’ “ombrello nucleare” americano.

Quale principio adottare?

Pur ribadendo ”l’impegno di realizzare un mondo privo di armi nucleari“, essi ritengono  anche che le armi nucleari, “sino a quando esisteranno”, continueranno a servire “per scopi difensivi, di dissuasione delle aggressioni, di prevenzione della guerra e della coercizione”. Si tratta di un linguaggio che si ispira a quello dell’attuale concetto strategico della Nato, assai lontano dal principio della deterrenza quale “unico scopo” dell’arma nucleare (sole purpose) a suo tempo perseguito, ma mai realizzato, dall’amministrazione Obama. Ancora maggiore è la distanza dallo spirito e dalla lettera del messaggio che Papa Francesco ha inviato al vescovo di Hiroshima proprio in concomitanza con il Vertice G7 in cui si sottolinea “l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale”. 

È da registrare tuttavia che il testo adottato fa riferimento al concetto dell’inammissibilità dell’uso e della minaccia dell’uso dell’arma nucleare già approvato dai sette nel novembre scorso in occasione del G20 di Bali. Tale principio è stato ribadito più specificamente nel testo di Hiroshima con riferimento alle minacce nucleari della Russia nel contesto del conflitto ucraino. Sul piano dottrinale i Sette hanno inoltre riaffermato che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere combattuta: tale principio risale alle ormai lontane intese tra Reagan e Gorbachov degli anni 90 ma rimane di attualità ancora oggi.

Le misure verso Russia e Cina

La Russia non poteva non essere presa di mira nel documento non solo per le frequenti minacce nucleari dei suoi dignitari (Medvedev in primis) ma anche per misure concrete quali la messa in atto di uno stato di allerta nucleare e l’annuncio del dispiegamento di armi nucleari in Bielorussia. Da ultimo essa ha anche evocato la possibilità di tornare ad effettuare degli esperimenti nucleari. Un anatema per un paese che ha ratificato il trattato che proibisce espressamente siffatti esperimenti.

La dichiarazione di Hiroshima dedicata al nucleare è stata più indulgente nei confronti della Cina. Ciò si deve al fatto che almeno in questo campo essa rimane ancora una potenza ”minore” con un arsenale nucleare simile a quello della Francia e del Regno Unito ma ancora ben inferiore a quello della Russia e degli Stati Uniti. Le preoccupazioni vertono piuttosto sui futuri programmi nucleari di Pechino e sulla mancanza di trasparenza. Altri testi adottati nel corso del vertice hanno stigmatizzato l’espansionismo cinese in Asia e nel mondo.

La dichiarazione di Hiroshima sul nucleare non è un testo storico e ha deluso molte aspettative. Il suo valore dipenderà dal seguito effettivo che verrà dato ad alcuni concetti che vi sono evocati. Non ci si può aspettare che siano gli stessi paesi del G7 a farsi parte diligente. Spetta agli stati più impegnati nel disarmo e alle organizzazioni non governative adoperarsi nelle sedi internazionali affinché alcuni temi, come quello dell’inammissibilità dell’uso delle armi nucleari, che lasciano sperare un certo progresso, non vadano perduti ma al contrario siano sviluppati ed acquistino valenza giuridica.

Tra questi c’è anche il tema, fortemente voluto dal Giappone e dall’Unione Europea, di un maggiore slancio nel campo dell’educazione al disarmo per le future generazioni e di una maggiore presa di coscienza della minaccia atomica anche da parte dei dirigenti politici. Solo tre parlamentari italiani hanno reagito ad un appello a favore dell’inammissibilità dell’uso dell’arma nucleare. Anche i politici devono tornare a scuola. 

Foto di copertina EPA/G7 Hiroshima Summit Host

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