G20: il bilancio di una presidenza multilaterale e inclusiva

Il bilancio della presidenza italiana del G20 è molto positivo. Un dato che è stato riconosciuto e apprezzato da tutti i nostri partner anche oltre alla ristretta cerchia dei Paesi appartenenti a questo foro. Era un anno particolare: dopo il G20 tutto virtuale dell’Arabia Saudita, l’Italia è riuscita a fare un G20 tutto in presenza, con numerose riunioni ministeriali ed una logica molto inclusiva, cioè aperta alla partecipazione di Stati che pur non facendo parte del G20 possono esercitare ed esercitano una funzione positiva nell’ambito del multilateralismo.

Il cuore del nostro G20 è stato questo: cercare di rilanciare il multilateralismo all’indomani, e forse ancora nel pieno, di una crisi enorme, globale, che ha coinvolto la salute e la sanità, ma anche l’economia ed i temi sociali.

Siamo ancora nella crisi causata dalla pandemia, e tutti abbiamo pagato un prezzo, ma naturalmente le responsabilità che gravano sui grandi della terra – sui Paesi più industrializzati e sviluppati –sono enormi. Perché per uscire da questa crisi oggi serve il rilancio di una responsabilità collettiva. In questo senso, ritengo che la presidenza italiana del G20 si sia mossa con molta coerenza e linearità in tutte le iniziative che ha preso. Abbiamo chiesto a tutti i nostri partner di misurarsi con l’accresciuta responsabilità determinata dalla pandemia, una pandemia che ci dimostra quanto serva un multilateralismo efficace.

Per questo, oltre alle ministeriali abbiamo ospitato il Global Health Summit convocato insieme alla Commissione europea, da cui è scaturita una dichiarazione significativa per il futuro. Non solo per confrontarci con questa pandemia, ma anche con altre crisi, se e quando si presenteranno. Abbiamo preso atto che non eravamo preparati ad affrontare una pandemia globale e che ci dobbiamo preparare per il futuro. Ci sarà ancora in questi giorni la discussione su come finanziare dei sistemi sanitari più resistenti, più capaci di combattere queste eventualità. E questo vale per i Paesi ricchi, ma anche e soprattutto per i più poveri. Perché non possiamo guarire, se non guariscono tutti.

Abbiamo voluto mettere al centro il tema dello sviluppo, dell’agricoltura e della sicurezza alimentare quando abbiamo riunito i ministri degli Esteri con quelli dello sviluppo, lanciando l’allarme sul fatto che la pandemia ha prodotto più ingiustizie e più disuguaglianze. E abbiamo inserito come elemento trasversale in tutti gli incontri ministeriali il tema delle donne e dei giovani; perché se c’è un altro elemento che emerge in modo molto evidente dalla crisi di questa pandemia, è che le donne e i giovani sono stati i più penalizzati. Ma le donne e i giovani devono essere le risorse nuove e aggiuntive da mettere in campo per la ripresa e per la costruzione un modello di sviluppo più inclusivo.

Ovviamente c’è un filo che ci lega alla Cop26 (che è un appuntamento importantissimo), ma sul clima quello che il G20 e la presidenza italiana potevano fare hanno fatto. Affrontare il cambiamento climatico è un tema urgentissimo, straordinariamente sfidante, e che riguarda tutti i Paesi. Il G20 non poteva che sollecitare, anche in virtù della nostra partnership con il Regno Unito nell’organizzazione della Cop26, i maggiori Paesi industrializzati a prepararsi alla conferenza di Glasgow con temi concreti. Ovviamente i risultati si dovranno valutare strada facendo.

Quello che però mi sembra si possa dire è che è molto chiaro l’impianto che la presidenza italiana ha voluto dare: rilancio del multilateralismo e inclusività, anche dal punto di vista politico. Abbiamo organizzato  come ministero degli Esteri, ad esempio, in funzione anche della presidenza del G20, gli Incontri con l’Africa che hanno avuto uno straordinario successo in termini di partecipazione e presenza da parte dei ministri africani. O anche la X Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, che ha visto anch’essa una straordinaria presenza di politici latinoamericani. Ciò ha dato il senso di una presidenza italiana che voleva far partecipare e dialogare l’insieme della comunità internazionale, e in particolar modo voleva rendere ancora più forti i rapporti tra l’Italia (e grossomodo anche l’Europa) e aree del mondo davvero strategiche, come appunto l’Africa ed l’America Latina.

Testo raccolto dalla redazione

Foto di copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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