Da Nablus la sfida dei gruppi armati all’Autorità palestinese

Potrebbe essere cominciata la parabola discendente del gruppo armato palestinese Areen Al-Aswad, la “Fossa dei Leoni” (TLD, The Lions’ Dean). Nelle ultime ore, almeno quattro esponenti della fazione armata, trasversale alla politica palestinese, si sono consegnati alle forze di sicurezza palestinesi. Tra questi, anche Mahmoud al-Bana, uno dei leader del gruppo, rimasto ferito martedì scorso in un raid delle forze di sicurezza israeliane a Nablus.

Al-Bana ha scritto in un post su Facebook di essersi arreso all’Autorità palestinese con un altro militante per proteggere la sua vita. Secondo i media locali, nei giorni scorsi si sono tenuti dei negoziati tra i membri del gruppo armato e le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), in base ai quali i militanti si sarebbero costituiti e sarebbero stati protetti da Israele. 

Genesi del gruppo Areen Al-Aswad

Ma chi sono i membri di questo nuovo gruppo armato? Tra loro ci sono principalmente giovani di circa 30 anni, che provengono da tutte le fazioni del panorama politico e militante palestinese: da Fatah ad Hamas, dalle Brigate dei martiri di Al-Alqsa alla Jihad Islamica. Non sono legati a nessuno, si impegnano unicamente nella lotta armata contro l’”occupante” israeliano.

Si è cominciato a parlare di loro quando le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso ad agosto il “leone di Nablus”, Ibrahim al-Nabulsi. Qualche giorno dopo, il neonato gruppo, del quale Nabulsi sarebbe stato uno dei principali fondatori, ha rivendicato l’attacco a una pattuglia dell’esercito israeliano a Rujieib non lontano da Nablus.

A settembre, durante i funerali di militanti uccisi dalle forze israeliane a luglio, l’organizzazione ha tenuto quella che sembra essere la sua prima manifestazione pubblica, portando in piazza molte persone. Nelle settimane successive, la Fossa dei Leoni ha rivendicato di aver attaccato alle truppe dell’Idf che operavano nel campo di Balata, campo di al-Ain, e di aver fatto esplodere un ordigno ad Har Braha, a sud di Nablus.

Il 9 settembre, la polizia israeliana ha sventato un attacco terroristico su larga scala nel sud di Tel Aviv. L’aspirante terrorista è stato arrestato quando è sorto il sospetto degli agenti di polizia. Dopo il suo arresto, sulla sua persona sono stati trovati un fucile, due bombe e una bandana con il logo della Fossa dei Leoni.

Centri operativi e metodi di proselitismo

Fino ad ora, i membri del gruppo armato hanno operato in piccolissimi reparti di due-tre persone e hanno tenuto come quartier generale il centro della città vecchia di Nablus, ritenuto inespugnabile e che invece è stato attaccato e sopraffatto dalle forze israeliane anche con artiglieria pesante. Qui si erano creati laboratori per la creazione di ordigni e depositi di armi. I loro obiettivi sono azioni piccole e letali, spesso contro l’esercito, poliziotti o coloni. La mobilitazione, sia per la lotta armata che per il sostegno, avviene soprattutto sui social, in particolare Tik Tok.

Questo ha permesso anche la nascita di leader popolari, non solo all’interno del gruppo, ma anche all’esterno: sfruttando la notorietà della lotta armata dei leoni o essendo parenti di membri del gruppo caduti in scontri con l’esercito israeliano, infervorano sempre più giovani nella lotta armata. Per molti osservatori, questo gruppo rappresenta una spina nel fianco per l’Autorità palestinese che già ha perso il controllo delle strade e delle università nei confronti di Hamas.

Il sostegno alla Fossa dei Leoni si è spostato anche in Israele, dove alcuni sostenitori del partito arabo Hadash, che era parte della Joint List dei partiti arabi nell’attuale parlamento che si rinnoverà il primo novembre, hanno manifestato a favore del gruppo armato all’ingresso dell’Università di Tel Aviv.

L’operazione israeliana a Nablus

La svolta è arrivata dopo che l’esercito israeliano ha messo in campo una massiccia operazione nella roccaforte dei “leoni”, il centro storico della città di Nablus, scovando, uccidendo e arrestando diversi esponenti del gruppo armato. Una situazione che certamente non potrà che fare piacere non solo agli israeliani, ma alla stessa Autorità Nazionale Palestinese.

Questa, da una parte è stata accusata dagli stessi cittadini di Nablus di aver collaborato all’eliminazione di coloro che sono stati definiti gli unici resistenti e difensori della causa palestinese, dall’altra è stata accusata da Israele e da altri paesi di aver perso il controllo della Palestina. La presenza, infatti, soprattutto per le strade di Nablus e Jenin (importanti città palestinesi) di uomini armati, ha più volte dimostrato la perdita di controllo della situazione da parte dell’Anp.

Nelle ultime settimane, alti funzionari palestinesi hanno tenuto una serie di incontri con gli uomini armati nel tentativo di persuaderli a deporre le armi e ad arrendersi alle forze di sicurezza palestinesi. Solo un piccolo numero di questi ha accettato. Gli esponenti dell’Anp hanno offerto agli uomini armati lavori nelle forze di sicurezza palestinesi. L’offerta è simile a un accordo concluso dall’Autorità Palestinese con uomini armati delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, braccio armato della fazione di Fatah al potere, dopo la Seconda Intifada. L’Anp aveva già intensificato la pressione sugli uomini armati dopo l’uccisione di al-Kilani e al-Houh, due dei leader uccisi dall’esercito israeliano nell’ultimo raid al centro della città palestinese lo scorso 25 ottobre, che ha inflitto un grosso colpo alla Fossa dei Leoni. 

Continue controffensive

L’Israeli Defence Force, l’esercito israeliano, ha lanciato importanti operazioni dopo una serie di attacchi palestinesi che hanno ucciso 19 persone all’inizio di quest’anno. Un’altra donna israeliana è stata uccisa in un sospetto attacco il mese scorso e altri quattro soldati sono stati uccisi in Cisgiordania negli attacchi e durante le operazioni di arresto.

Negli ultimi mesi, uomini armati palestinesi, per lo più membri della Fossa dei leoni, hanno ripetutamente preso di mira postazioni militari, truppe che operano lungo la barriera di sicurezza della Cisgiordania, insediamenti israeliani e civili sulle strade.

L’offensiva antiterrorismo lanciata all’inizio di quest’anno ha portato a oltre 2 mila arresti in raid quasi notturni in città, paesi e villaggi palestinesi. Ha anche causato la morte di oltre 120 palestinesi, alcuni nell’atto di compiere attacchi o durante scontri con le forze di sicurezza.

Foto di copertina EPA/ALAA BADARNEH

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