Crisi ucraina: il ritorno della leadership Usa in Europa

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è distinto per una gestione competente della minaccia di aggressione all’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin. Sebbene possa non essere sufficiente a prevenire un intervento russo, la politica di Biden ha comunque ottenuto il risultato di riaffermare la leadership americana in Europa.

Intelligence e comunicazione

Fin dallo scorso novembre l’amministrazione Usa ha allertato gli alleati europei che la mobilitazione russa ai confini con l’Ucraina (in realtà, una ri-mobilitazione dopo quella solo in parte rientrata dell’aprile 2021) aveva dimensioni tali da rendere l’ipotesi di un’invasione tecnicamente plausibile. Il governo Usa è stato altrettanto attivo sul piano della comunicazione, non esitando a manifestare allarme pubblicamente circa le manovre russe e spingendosi ad accusare Mosca di pianificare operazioni di falsa bandiera per crearsi un pretesto per un’azione armata. Lo stesso Presidente Biden ha detto di aspettarsi un intervento, sebbene abbia ammesso di non sapere con quale grado di severità.

La strategia di comunicazione dell’amministrazione Usa puntava a un doppio obiettivo: spingere gli alleati europei a serrare le fila e impedire ai russi di usare una zona d’informazione grigia per diffondere notizie false e creare confusione. Nonostante la Russia insista di non avere intenzioni ostili, ci sono pochi dubbi che il rischio di un’aggressione dell’Ucraina sia più alto di quanto sia mai stato dall’annessione della Crimea nel 2014.

Dialogo e diplomazia

Sul piano diplomatico, l’amministrazione Biden ha respinto come irricevibili le richieste della Russia, che vuole (tra le altre cose) una garanzia scritta del blocco dell’allargamento della Nato alle ex repubbliche sovietiche e di fatto lo smantellamento della presenza militare Usa e Nato in Europa centro-orientale. Altrimenti, ha minacciato, dovrà prendere non specificate misure “tecnico-militari”, generalmente interpretate come un’azione contro l’Ucraina. Tuttavia Biden ha accettato di aprire un negoziato, che si è svolto in tre dimensioni tra loro collegate: bilaterale (Usa-Russia), transatlantica (Nato-Russia), e pan-europea, ovvero in seno all’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, in modo da dare rappresentanza formale anche all’Ucraina.

Dopo essersi consultati e coordinati con gli alleati europei, gli americani hanno presentato ai russi una serie di proposte di dialogo su controllo degli armamenti, dotazioni missilistiche, forze convenzionali, esercitazioni militari, misure di trasparenza e dialogo tra vertici militari. Sebbene secondarie per Putin, queste sono comunque questioni di interesse per i russi. Soprattutto contengono l’impegno a dialogare sulla sicurezza europea su elementi concreti e in prospettiva in grado di invertire la rotta nelle relazioni euro-americane con la Russia, oggi ai minimi storici dai tempi della Guerra fredda.

Per il momento gli incontri non hanno prodotto alcun risultato. I russi si sono detti delusi dalle controfferte americane, ma hanno accettato di continuare a dialogare. Nel frattempo però la mobilitazione militare della Russia continua. Biden, che in due vertici virtuali ha ammonito Putin delle gravi conseguenze di un’escalation, ha preparato una risposta in termini di difesa, deterrenza e rappresaglia.

Difesa e deterrenza

Il presidente ha escluso l’impiego di soldati americani nella difesa dell’Ucraina, a cui ha però assicurato pieno sostegno politico e continua assistenza militare (dal 2014 gli Usa hanno fornito oltre 2,7 miliardi di dollari in armamenti agli ucraini). Nel frattempo Biden ha messo in stato di allerta 8500 truppe per un’eventuale mobilitazione in Europa centro-orientale. Altri membri Nato si sono mossi nella stessa direzione: il Regno Unito ha promesso l’aumento di truppe nell’area del Baltico, l’invio di navi nel Mar Nero, pattugliamento dello spazio aereo di Bulgaria e Romania e razzi all’Estonia. La Francia ha offerto di inviare truppe in Romania, la Danimarca ha inviato aerei da guerra in Lituania e la Spagna ha spedito una fregata nel Mar Nero. Con i soldati Nato arriverebbero anche difese antiaeree, mezzi di supporto logistico, pezzi di artiglieria e forze aeree in quello che con ogni probabilità diventerebbe uno schieramento permanente in un’area dove l’Alleanza Atlantica mantiene al momento poche migliaia di truppe su base rotazionale.

Rappresaglia economica

Biden si è mosso però soprattutto sul fronte della possibile rappresaglia economica. Il presidente punta a ridurre il credito estero a istituti finanziari russi e proibire l’acquisto di obbligazioni di stato emesse da Mosca, non esitando a mettere nel mirino le maggiori banche del paese. La sua amministrazione sta anche considerando l’ipotesi di bandire l’esportazione in Russia di semiconduttori – necessari a far funzionare computer, smartphone e altri prodotti elettronici – fatti o progettati negli Stati Uniti. Si è poi coordinata con il Regno Unito per colpire titoli (finanziari e non) dell’entourage di Putin e con l’Unione Europea per rafforzare le sanzioni finanziare e bloccare le esportazioni di tecnologie sensibili (soprattutto quelle necessarie per nuovi progetti di sfruttamento del gas). Anche se al momento ha escluso un embargo energetico, l’amministrazione Biden ha di fatto strappato alla Germania l’impegno a bloccare l’attivazione del controverso gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, nel Mar Baltico.

Sostenibilità ed efficacia della risposta

La strategia di risposta dell’amministrazione Biden punta a elevare i costi, anche nel lungo periodo, di un’azione ostile russa verso l’Ucraina. Ma non è certo che questo sia sufficiente a dissuadere Putin, tanto più che il presidente russo ha diverse opzioni, da un attacco su larga scala alla militarizzazione e integrazione di fatto di Donetsk e Lugansk, le regioni ucraine dove i russi dal 2014 finanziano e armano forze separatiste, nonché all’intensificazione degli attacchi cibernetici di cui l’Ucraina è già vittima.

Un attacco su larga scala renderebbe più facile a Biden mantenere la compattezza del fronte atlantico, ma porrebbe problemi di sostenibilità. Il prezzo dell’energia subirebbe un’ulteriore impennata, prolungando l’onda inflazionistica in corso (soprattutto negli Stati Uniti). Le sanzioni economiche infliggerebbero danno anche agli europei (in particolare a Germania e Italia, la prima e terza economia dell’Ue) in un momento di sostenuta ma fragile ripresa.

Una situazione uguale e contraria si presenterebbe invece se Putin dovesse scegliere un intervento più limitato. Il problema non sarebbe la sostenibilità della risposta occidentale ma la sua efficacia, dal momento che gli alleati hanno una percezione diversa di quale sia la soglia oltre la quale è necessario assorbire un danno economico pur di aumentare i costi della politica aggressiva perseguita da Putin.

La strategia di risposta messa in piedi da Biden deve quindi ancora reggere l’urto di un’azione da parte della Russia. Tuttavia le basi per il continuo e intenso coordinamento transatlantico costruite dalla sua amministrazione sembrano solide, tanto più che l’Unione Europea non ha presentato alternative se non un dialogo separato con Mosca perseguito da Francia e Germania. Ma, per ammissione dei francesi stessi, si tratta di un canale complementare, non alternativo, a quello atlantico.

Nessuna alternativa alla leadership Usa

Nel far fronte alla sfida della Russia alla sicurezza europea, l’amministrazione Biden ha usato o minacciato di usare un insieme di strumenti di intelligence, diplomazia, difesa, deterrenza e rappresaglia economica. Soprattutto si è coordinata con gli alleati europei a ogni passo, assicurando la coesione del fronte atlantico ed esercitando un’efficace funzione di guida e indirizzo. Con la minaccia armata di una guerra, la ‘storia’ che alcuni si spinsero a dire finita dopo la Guerra fredda è definitivamente tornata in Europa. Così ha fatto anche, con Biden, la leadership americana.

Foto di copertina EPA/PETER KLAUNZER

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