La crisi irrisolta sui migranti allontana Roma e Parigi

Le frizioni franco-italiane sulla questione migratoria scaturiscono da un problema evidente e da un altro che si agita nel cuore dei governi. Il primo è fatto di cifre, di navi, di impegni presi o disattesi. Il secondo è fatto di preoccupazioni e di calcoli di politica interna. È tenendo conto di questi ultimi elementi che vale la pena di considerare l’atteggiamento tenuto da Parigi nelle scorse settimane.

I conflitti interni alla Francia sulla questione migratoria

Le elezioni di giugno hanno dato al blocco macronista una chiara maggioranza relativa, ma non assoluta, all’Assemblée nationale. Vista la forza dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, la sola strada per allargare stabilmente la maggioranza passa per un accordo con la destra neogollista dei Républicains. L’operazione politica è nelle mani del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, lui stesso ex dirigente neogollista. Inizio novembre, Darmanin era impegnato nell’illustrare il suo piano in tema d’immigrazione (permessi di soggiorno a chi può essere utile alla Francia), criticato per ragioni opposte da sinistra e da destra.

Sull’immigrazione, la confusione è totale”, commentava il 3 novembre il Figaro. Poi è diventata ancora più totale perché, proprio quel 3 novembre, una rissa ha bloccato i lavori dell’emiciclo durante la seduta delle “interrogazioni al governo”. Un deputato mélenchonista si esprimeva a favore dell’accoglienza all’Ocean Viking quando dai banchi lepenisti è partito il grido “Che ritornino in Africa!”. Benché rivolto ai migranti, e non al deputato (di colore) che stava parlando, il grido è stato giudicato razzista e il deputato è stato punito a termini di regolamento.  Il braccio di ferro con l’Italia si è dunque svolto in un contesto di ipersensibilità francese alla questione migratoria.

La reazione di Parigi

Il 9 novembre si diffonde a Roma la voce di una presunta disponibilità di Parigi ad accogliere l’Ocean Viking, ma le espressioni di gratitudine di Giorgia Meloni vengono interpretate all’Eliseo come una vera provocazione. Intanto la nave si appresta a lasciare le acque italiane per costeggiare la Corsica. Olivier Veran (portavoce del governo e soprattutto membro autorevole di quest’ultimo) mette in guardia Roma, dicendo che la nave deve essere accolta in un porto italiano.

Il 10, quando l’Ocean Viking è ormai in acque francesi, arriva l’annuncio di Darmanin a proposito dell’accoglienza: le sue parole sono uno degli interventi più duri e più irritati fatti nel dopoguerra da un ministro francese nei confronti dell’Italia. In nome del rispetto degli accordi (con allusione in particolare a quello intercorso durante la presidenza francese dell’UE, nel primo semestre di quest’anno), Darmanin annuncia, come ripicca, l’aumento dei controlli alla frontiera franco-italiana.

Il 13 novembre il quotidiano Le Parisien pubblica l’intervista alla ministra degli Esteri Catherine Colonna, che è stata ambasciatrice a Roma e che conosce a perfezione la politica italiana. Il titolo dell’intervista dà una sensazione al tempo stesso di fermezza e di volontà di evitare la rottura : «Les méthodes de l’Italie ne sont pas acceptables ». Si può discutere e ricucire,  ma il metodo italiano non può consistere nel respingimento delle navi umanitarie. Il 14 è Le Figaro a riassumere nel titolo di prima pagina (L’Ocean Viking brouille le jeu de Macron vers la droite) i riflessi interni di questa polemica: i Républicains, già molto freddi nei confronti di un possibile ingresso nella maggioranza, non hanno alcuna voglia di lasciare all’estrema destra il monopolio della fermezza (mentre l’estrema sinistra pensa di avere, dal canto suo, il monopolio della generosità). Darmanin fa allora il possibile per mostrarsi a sua volta fermo verso i migranti. Dice che una parte di loro sarà riportata nei Paesi d’origine.

Roma e Parigi ancora lontane

Restano le polemiche interne e le piaghe (non ancora cicatrizzate, malgrado l’amichevole telefonata Macron-Mattarella) della crisi franco-italiana. I leader del G20 lasciano Bali senza che vi si sia svolto un bilaterale Macron-Meloni.

Intanto (pomeriggio del 16 novembre) la prima ministra Elisabeth Borne risponde in Senato all’interrogazione di un parlamentare di centrodestra molto sensibile alle relazioni con Roma. Domanda del sen. Hervé Marseille : « A che iniziative pensa il governo per riprendere il dialogo e cercare soluzioni europee ? La crisi migratoria è l’impasse che nutre i populismi! ». Risposta della prima ministra : «La Francia non intende deviare dai suoi principi essenziali dell’umanità e della fermezza». La riconciliazione con Roma è considerata oggi a Parigi come necessaria, possibile e anche probabile. Ma Macron è convintissimo che la chiave della svolta sia in mani italiane.   

Foto di copertina TWITTER/MACRON

Ultime pubblicazioni