La crisi climatica sta alimentando l’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa, dove cinque stagioni consecutive di siccità si alternano a devastanti alluvioni. Sono almeno 36 milioni le persone colpite dalle inondazioni in Etiopia, Kenya e Somalia, in un evidente paradosso climatico: l’intero continente africano contribuisce per appena il 4% alle emissioni di gas serra globali, ma le sue popolazioni sono estremamente vulnerabili ai disastri aggravati dal riscaldamento globale.
«Il cambiamento climatico colpisce i popoli più vulnerabili e che meno hanno contribuito ad accelerare la crisi e, insieme ad altri fattori destabilizzanti come la competizione per le risorse e i conflitti, aumenta la fragilità sociale ed economica e costringe milioni di persone ad abbandonare le loro terre e le loro case», ha detto Roberto Vignola, vicedirettore generale di Fondazione CESVI, attiva in Etiopia dal 2021. «Interveniamo in Etiopia per dare alle comunità mezzi e conoscenze con cui prepararsi e resistere a questi shock climatici sempre più frequenti e massicci, nonché per interrompere la spirale di fame e malnutrizione».
La crisi climatica non risparmia nessuno, nemmeno l’Europa, con milioni di persone colpite da eventi estremi. Nel 2023 le temperature sono state sopra la media per 11 mesi, ha rilevato il sistema europeo Copernicus, con livelli record a settembre, caratterizzato da un boom di giornate di caldo estremo, aumentando la mortalità legata al calore del 20% rispetto a 20 anni prima. In parallelo, le piogge sono aumentate del 7%, facendo salire il livello dei fiumi in modo allarmante o facendoli esondare, come in Emilia-Romagna, dove CESVI è intervenuta in risposta agli allagamenti del maggio 2023, costati la vita a 16 persone e causa di 23 mila sfollati. L’Italia sperimenta però anche la siccità, come in Sicilia, dove sono stati dichiarati lo stato d’emergenza e il razionamento dell’acqua.
Nell’area allargata del Corno d’Africa (GHoA) l’aumento dei disastri legati al cambiamento climatico, unito a povertà, instabilità e conflitti, oltre a causare un numero imprecisato di morti e centinaia di migliaia di sfollati, ha fatto sì che nella regione si concentri ormai il 22% dei bisogni umanitari del mondo (Oms). Sono quasi 50 milioni le persone in condizioni d’insicurezza alimentare acuta (IPC3+), fra cui almeno 10,8 milioni di bambini sotto i 5 anni d’età, numero destinato ad aumentare ancora. Secondo l’Indice globale della fame (GHI) 2023, diffuso da CESVI, in Somalia la situazione è estremamente allarmante, mentre in Etiopia e Kenya è grave. In questo contesto aumenta il rischio di epidemie, soprattutto nelle zone inondate dove l’acqua potabile non solo scarseggia, ma viene contaminata. Inoltre, secondo l’Unhcr, la drammatica situazione ha fatto salire a 23 milioni i rifugiati e gli sfollati interni nel Corno d’Africa e Regione dei grandi laghi, con i numeri più alti proprio in Etiopia, Uganda, Sudan e Somalia.
La situazione in Etiopia
In Etiopia oltre 21 milioni di persone necessitano di aiuti, fra cui quasi 16 milioni per insicurezza alimentare, e l’Onu-Ocha stima che 2,4 milioni di bambini sotto i 5 anni e 1,3 milioni di donne incinte o in allattamento abbiano bisogno di trattamenti contro la malnutrizione acuta. In un paese dove il 91% della popolazione vive in aree rurali e il mezzo di sostentamento più diffuso è la pastorizia, dal 2021 la siccità più grave della storia recente ha portato cinque stagioni delle piogge consecutive pressoché prive di precipitazioni. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate e la ripresa richiederà tra i 5 e gli 8 anni per chi ha perso tutto, come le comunità agro-pastorali.
Nell’area di Borena, nell’Oromia, tra le più colpite dalla mancanza d’acqua, le comunità di pastori hanno visto stravolgere la propria vita: l’80% dei capi di bestiame, che prima davano cibo e sostentamento alla popolazione, oggi è scomparso. «Le comunità vivono di pastorizia, per loro è molto di più di una risorsa economica, è la loro identità, il loro passato, il loro futuro. Sono abilissime a vivere in condizioni di aridità, ma oggi non c’è più acqua da nessuna parte, negli stagni, nei pozzi profondi. I nostri beneficiari oggi non hanno più nulla, la loro dignità è stata affossata», dichiara Marcello Malavasi, Head of Mission in Etiopiadi CESVI, attiva nel Paese dal 2021.
Gli altri Paesi del Corno D’Africa
Le conseguenze della crisi climatica sono evidenti anche negli altri Paesi del Corno D’Africa. In Somalia siccità e inondazioni si alternano e hanno portato il Paese sull’orlo della carestia, spingendo dal 2021 lontano dalle proprie case 1,5 milioni di persone, uccidendo migliaia di animali, e il numero di sfollati è salito a oltre 2,6 milioni. Nel 2023, poi, le piogge hanno portato acqua, ma anche devastanti inondazioni, colpendo 2 milioni di abitanti e spingendo oltre 750mila a muoversi, secondo i dati Onu. Il livello di malnutrizione è gravissimo, mentre le strade sono state interrotte e i villaggi isolati, scuole e ospedali chiusi, il rischio di malattie è cresciuto. CESVI interviene con progetti sanitari con centri di salute e cliniche mobili dove prevenire e trattare la malnutrizione. In Kenya, segnato di recente da forti piogge e conseguenti inondazioni, l’Onu-Ocha ha calcolato che almeno 267 persone siano morte, 280mila sfollate e 380mila colpite. Gli allagamenti hanno ucciso decine di migliaia di animali e distrutto campi coltivati, aziende, infrastrutture, fonti d’acqua.