Stiamo assistendo ad una escalation di tensioni e rischi destabilizzanti la sicurezza e l’economia europea. Sono a rischio non solo il regolare andamento dei commerci, ma anche l’autonomia decisionale dell’UE a fronte di azioni coercitive di Paesi terzi nei riguardi delle politiche europee. Se il capitolo più recente è quello dei dazi unilaterali americani, è dal 2021 che si riscontrano una crescente assertività cinese nel minacciare o applicare restrizioni economiche, misure coercitive (blocco all’import) contro la Lituania dopo l’apertura a Vilnius di un ufficio commerciale di Taiwan, divieto russo di acquisti di prodotti agricoli, minacce USA di rappresaglia sulla digital tax.
Ne consegue l‘esigenza di un’”Europa geopolitica” che abbia la forza e la volontà di tutelare e far valere i propri interessi e valori, che supporti i negoziati con misure ad hoc. Avvertita l’impellenza di colmare un vuoto regolamentare, l’UE si è dotata di uno strumento di dissuasione nei confronti di comportamenti distorsivi, da utilizzare (si prese come esempio il deterrente nucleare nella difesa) come opzione di ultima istanza in aggiunta a contromisure europee in risposta a minacce unilaterali di dazi.
La Commissione Europea propose l’ACI (Anti Coercion Instrument), approvato il 22 novembre 2023 dal Consiglio UE. ACI si inserisce nel recente pacchetto europeo di strumenti di tutela come il monitoraggio degli investimenti esteri diretti, il controllo dei sussidi esteri e degli investimenti outbound.
Oggi L’ACI è chiamata a svolgere un ruolo chiave per proteggersi dalla “weaponization of economic dependencies or economic coercion.” Il focus dell’ACI risiede nella difesa dalla coercizione, definita come pratica e comportamento distorsivo che influenza e ostacola l’autonomia decisionale della UE e dei Paesi Membri nelle aree del commercio e degli investimenti. Le eventuali contromisure previste, proporzionali e temporanee, tutelano le industrie a monte e a valle e dei consumatori e l’economia della conoscenza europea. Di rilievo la possibilità di escludere dagli appalti pubblici in Europa le offerte il cui valore globale è costituito per oltre il 50% da beni e servizi originari dal paese terzo.
La gestazione di un framework legale come l’ACI, le cui implicazioni vanno oltre il Trade, non è stata semplice, incontrando divergenze tra le istituzioni europee durante i negoziati. La controversia riguardava gli equilibri e la ripartizione dei poteri tra le istituzioni. La CE propose di estendere le proprie competenze per determinare i casi di coercizione economica e agire in modo unilaterale con contromisure di emergenza. Tuttavia, è stata fortemente limitata per eccesso di discrezionalità, e il potere decisionale è rimasto in capo ai Paesi Membri con la regola della maggioranza qualificata.
Durante i lavori preparatori dell’ACI, pensato per tutelarsi dalla Cina, venne condivisa l’esigenza di tutelare aree quali i dati, il cloud e la proprietà intellettuale. La Francia sollevò la questione dei potenziali effetti extraterritoriali dei controlli non europei per l’export, tentando di far rientrare tra le misure anti-coercizione anche la difesa. Il timore era che gli USA facessero dell’ITAR un utilizzo sistematico andando oltre la misura stessa, prefigurando un’ingerenza politica a discapito dell’autonomia europea. Ma la CE e gli stakeholders considerarono l’ACI uno strumento di politica commerciale UE, quindi perimetrato al comparto economico civile al pari degli Accordi WTO, rimarcando che l’export control è competenza dei Paesi Membri. Perciò l’area di competenza dell’ACI si limita ad accennare alle politiche generali UE inclusa la politica estera e di sicurezza europea.
Nel “corpus legis” UE di misure di tutela commerciale, l’ACI assumerà un ruolo chiave, ponendo le prime basi legali per l’autonomia strategica europea, rimasta per lo più a livello declaratorio e di principi. Le caratteristiche dell’ACI, flessibilità, certezza di disporre di differenziate azioni difensive, velocità di attuazione, ne fanno uno strumento efficace, la cui mera esistenza anche senza attivazione è già di per sé un valido deterrente e un test di credibilità per attuare la “EU open strategic autonomy” e affermare l’Europa come attore geopolitico internazionale.