Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare
La regione del Sahel è ancora protagonista delle vicende geopolitiche dell’Africa, dopo il terzo colpo di stato in meno di due anni, questa volta avvenuto in Burkina Faso il 24 gennaio.
Il colpo di Stato in Burkina Faso è il terzo in meno di due anni
Il golpe è raccontato dall’agenzia Dire: “Il Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione del Burkina annuncia la presa del potere: in un discorso tenuto davanti alle telecamere della tv di stato Rtb, il capitano Sidsoré Kader Ouedraogo ha confermato la deposizione del presidente Roch Marc Christian Kaboré”.
Alessandra Fabbretti, sempre su Dire, riporta il commento di Andrew Lebovich, senior policy fellow per il Programma Africa dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr). Le forze armate riescono a “far loro il sentimento popolare e convogliarlo contro i governi democratici”. Per Lebovich sarebbe “molto importante capire perché questi colpi di stato si stanno verificando con tale frequenza, indagando il malcontento che i cittadini provano per i loro governi”.
Il sentimento antifrancese
Nigrizia spiega come il sentimento antifrancese stia prendendo sempre più piede tra la popolazione, sul modello del Mali. “Lo scorso 20 novembre” scrive “ci sono state mobilitazioni per impedire il passaggio di un convoglio logistico dell’esercito francese (60 camion) proveniente dalla Costa d’Avorio e diretto in Niger”. È stata “una protesta che dice della diffidenza nei confronti di Parigi e che ritiene di dubbia efficacia la presenza francese nel Sahel, in funzione anti-jihadista”. Quindi “come in Mali, anche in Burkina Faso sta montando un sentimento antifrancese di cui dovranno tener conto anche i golpisti di Ouagadougou”.
Ancora su Nigrizia viene raccontato come, ovviamente, lo Stato africano sia diventato ora un “osservato speciale”. Quattro giorni dopo il golpe “il paese è stato sospeso dalla Cedeao: una procedura usuale che abbiamo visto applicare al Mali che è governato dall’agosto del 2020 da una giunta militare”.
Anche su Internazionale, in un articolo di Pierre Haski, si fa riferimento al sentimento antifrancese. Nel quadro dell’“epidemia dei colpi di stato”, infatti, si può parlare di un evidente “fallimento francese, nella misura in cui il modello di governo attualmente indebolito è quello che la Francia ha incoraggiato e sostenuto. Questa almeno è la percezione della popolazione locale, che rimprovera alla presenza militare francese di non averla protetta dai terroristi e a Parigi di essersi schierata sempre dalla parte dei governi e mai delle società civili”.
La questione maliana
Tornando alla questione maliana, Marco Cocchi su Nigrizia parla proprio del vuoto francese, in cui la Russia ha fatto presto a lasciare il segno. “A incrinare ulteriormente i rapporti fra Parigi e Bamako” spiega il giornalista “è stata la decisione del ministro degli esteri Abdoulaye Diop di schierare i combattenti del gruppo Wagner. La comprovata presenza dei contractor russi ha innescato un forte contraccolpo diplomatico da parte di Francia, Unione europea e Stati Uniti, che accusano il gruppo di «sostenere la giunta al potere in Mali con il pretesto del contrasto ai jihadisti»”.
Nell’intervista di Le Parisien all’esperta di Africa occidentale Caroline Roussy, riportata da Iris, viene confermato che la tensione tra Francia e Mali è tangibile. Alla domanda se tra i due paesi sia rottura definitiva Roussy risponde: “Sì. La parte maliana e quella francese sono passate entrambe all’offensiva. La Francia considera il governo maliano illegittimo e irresponsabile, le parole sono forti. I maliani, prima di chiedere il congedo del nostro ambasciatore, hanno messo in dubbio il trattato di cooperazione e difesa istituito appositamente per l’operazione Barkhane”.
La situazione nei paesi del Sahel sembra sfuggire di mano alla Francia e all’Europa. i colpi di stato aumentano e la Russia non rimane a guardare.
Foto di copertina EPA/Lambert Ouedraogo