Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla sicurezza e la stabilità globale sono al centro del dibattito politico internazionale. Mentre il processo di rinnovamento delle principali istituzioni comunitarie è in corso, è tempo di inquadrare le sfide che dovranno affrontare in un contesto internazionale sempre più critico e frammentato. La complessità dello scenario attuale richiede infatti un nuovo approccio da parte degli attori multilaterali coinvolti, e l’individuazione di nuovi strumenti per rispondere efficacemente a queste sfide. Sfide legate tra loro da una complessità che sfugge all’attuale approccio multilaterale e che invece richiede un ampliamento del dibattito politico e istituzionale così da poter individuare risposte innovative ed efficaci.
Per gettare nuova luce sulla complessità di questi temi, è stata recentemente lanciata la serie di podcast “Reshaping Multilateralism” nell’ambito del progetto Nexus25 – Shaping Multilateralism, un’iniziativa che mira a promuovere un rinnovamento del dibattito multilaterale. Nel corso delle varie puntate numerosi esperti e policymakers dialogano su alcune delle varie dimensioni delle maggiori sfide globali così da inquadrarne meglio le caratteristiche e suggerire possibili strade da percorrere. Nel più recente episodio, moderato da Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), alcuni esperti hanno affrontato temi cruciali per l’agenda del prossimo ciclo politico dell’Unione europea: dal futuro delle politiche climatiche alle evoluzioni della politica estera e di sicurezza, fino al futuro delle istituzioni multilaterali anche in vista delle prossime elezioni Usa di novembre.
Nathalie Tocci ha dunque conversato con Ricardo Borges de Castro (Senior Advisor presso lo European Policy Centre e Visiting Scholar al College d’Europe), Heather Grabbe (Senior Fellow di Bruegel e visiting professor presso lo University College di Londra) e Anthony Agotha, Special Envoy for Climate and Diplomacy dell’Ue e già membro del gabinetto del primo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Frans Timmermans.
Nathalie Tocci: dopo il voto si apre una nuova fase per l’azione climatica dell’Ue
“Soprattutto nell’ultimo anno, vi è stato un crescente contraccolpo alle politiche climatiche all’interno dell’Unione europea, il cosiddetto fenomeno di greenlash. E per molti aspetti, abbiamo potuto constatare che i risultati delle elezioni, accanto a un’importante ascesa dell’estrema destra in diversi Stati membri dell’Ue, hanno visto anche una riduzione molto significativa del sostegno pubblico per i partiti verdi, che ovviamente nelle elezioni del 2019 sono stati tra i principali vincitori delle elezioni europee.”
Oltre alla dimensione interna delle politiche climatiche Ue, è sempre più urgente osservarne anche la dimensione esterna. “Una delle principali priorità future dovrebbe essere la dimensione esterna del Green Deal, che non è stata sin qui privilegiata come avrebbe dovuto, soprattutto per quanto riguarda le nostre relazioni con il Sud del mondo e la dimensione climatica delle nostre relazioni con loro e, in ultimo, il modo in cui il clima si inserisce nella più ampia competizione tra Stati Uniti e Cina”.
Anthony Agotha: il forte sostegno all’azione climatica
Nonostante la percezione di greenlash, le rilevazioni statistiche mostrano un forte sostegno all’azione climatica, come emerso anche “da un rapporto molto interessante del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), che a partire da un campione di oltre 78.000 persone provenienti da 77 Paesi, l’80% di loro ha dichiarato di volere un’azione climatica più incisiva. Credo quindi che questo sia un dato importante che mostri il forte sostegno dell’opinione pubblica verso le politiche green. A livello Ue, l’80% del Green Deal europeo, che è una strategia di crescita, è ormai stato tramutato in legge. Per quanto riguarda la transizione climatica ed energetica, la prima è stata accelerata dalla pandemia di COVID-19.In secondo luogo, purtroppo, anche accelerata dalla guerra di aggressione da parte della Russia in Ucraina, che ci ha fatto capire, anche se in ritardo, che non possiamo essere così dipendenti in termini energetici. A questo proposito, ci stiamo ponendo obiettivi ancora più stringenti in termini di efficienza energetica, energie rinnovabili, diversificazione”.
Tutto questo necessita anche di un dialogo stretto con la cittadinanza e, in particolare, con quei ceti produttivi maggiormente coinvolti come il settore agricolo, protagonista di numerose proteste negli ultimi mesi contro possibili riforme della Politica Agricola Comune (PAC). “È generico dire che tutti gli agricoltori siano contrari ai cambiamenti. In realtà, diversi gruppi stanno già praticando un nuovo modo di fare agricoltura considerando che il modo in cui abbiamo coltivato negli ultimi decenni sta diventando insostenibile. La questione riguarda il dialogo, il modo migliore per farlo, come aiutarli e assicurarsi che possano vivere bene, ma in modo più sostenibile, dato che ogni settore dell’economia e della società dovrà partecipare. Come possiamo assicurarci che i fondi che mettiamo a disposizione siano effettivamente accessibili? Come promuovere efficacemente i dialoghi sulla transizione pulita (idrogeno, infrastrutture, materiali critici) con l’industria e le parti sociali dell’Ue?”.
Borges de Castro: dialogare con i più vulnerabili per superare le resistenze alle politiche climatiche
“C’è una certa resistenza, che si è tradotta anche in campagne politiche per le elezioni del Parlamento europeo molto combattute sul tema. Questa resistenza è aggravata anche da altri fattori politici, dalla sicurezza energetica all’agricoltura, ad altre questioni che di fatto confluiscono in questo ampliamento del dibattito, come la questione dell’Ucraina. E credo che questa resistenza, che si è vista anche in uno dei principali partiti, il Partito Popolare Europeo, sia diventata maggiore anche a causa dell’inasprirsi dei fattori appena menzionati. La fase di attuazione di queste politiche ora naturalmente ha un costo. E non so se ci siano gli incentivi giusti per fare questi cambiamenti, se coloro che si sentono in svantaggio siano effettivamente sostenuti. E naturalmente questo permette a partiti come il Rassemblement National di dire direttamente, nel loro manifesto elettorale, che sono contrari al Green Deal. E poi proporre una serie di misure che, direi, non annullano ciò che è stato fatto, ma mettono seriamente in discussione gli sforzi che stavamo facendo.”
Heather Grabbe: il legame tra populismo, estrema destra e resistenza alle politiche climatiche
“Vi è l’idea, ampiamente interpretata dalla stampa, che il voto per la destra radicale populista sia un voto in opposizione alle politiche verdi. Ma in realtà la destra radicale populista si è opposta a queste politiche per colpire l’establishment politico. Ora, in passato e ancora oggi, la destra radicale populista si concentra sulla migrazione per alimentare la politica identitaria, l’idea che la gente comune voglia qualcosa di diverso da ciò che vogliono le élite. E quindi loro, i populisti, sono gli unici che possono rappresentare la volontà del popolo. E ora stanno inquadrando l’azione per il clima in modo molto simile, dicendo che si tratta di qualcosa che va a vantaggio delle élite, ma che alla gente comune non piace. Ma ci sono ottime ragioni per mettere in dubbio questa affermazione. Se si osservano i sondaggi sull’opinione pubblica a livello globale, in particolare sugli elettori sotto i 40 anni, questi sono molto preoccupati per l’azione climatica e coloro che votano per la destra radicale populista lo fanno per una sfiducia generale nelle istituzioni e nei partiti politici, non necessariamente perché contrari alle politiche climatiche. Penso quindi che sia molto importante non dare per scontato che il voto per la destra radicale populista sia dovuto al fatto che alla gente non piace il Green Deal.”
Le molteplici sfaccettature del nesso rendono le politiche climatiche un indispensabile strumento che necessita però di essere inserito nel quadro di un’azione politica più ampia e coordinata. Le conseguenze dei cambiamenti climatici, infatti, si estendono profondamente alla sicurezza, ai flussi migratori e alla governance globale. Riconoscere questa complessità significa adottare decisioni che integrino il concetto di nesso non solo nel dibattito multilaterale, ma anche nel processo decisionale politico. Ciò è particolarmente rilevante in ambiti come la politica estera, la sicurezza, la difesa e la promozione di standard globali e di uno sviluppo sostenibile. È cruciale coinvolgere pienamente i Paesi del Sud del mondo, consapevoli che proprio le aree più fragili e vulnerabili sono le più esposte a queste sfide.
Il dibattito tra gli esperti ha dunque offerto un’analisi approfondita delle sfide che attendono l’Ue nella nuova legislatura. Una di queste è proprio quella di continuare a perseguire politiche climatiche ambiziose e rafforzare la coesione della politica estera e di sicurezza, in un’ottica di crescente coerenza e integrazione. La capacità dell’Ue di navigare queste sfide sarà cruciale per il suo ruolo futuro sulla scena internazionale.
Il progetto Nexus25 – Shaping Multilateralism è un’iniziativa condotta dallo IAI e dal Center for Climate and Security (CCS) di Washington D.C., finanziata da Stiftung Mercator. Tutti gli episodi della serie sono disponibili sul sito Nexus25e su Spotify. Per ulteriori approfondimenti e analisi, visitate www.nexus25.org.