Elezioni in Australia: il partito laburista ci crede

Il voto del 21 Maggio che porterà alle urne i cittadini australiani catalizzerà l’attenzione delle principali capitali del mondo occidentale e non. Tante sono infatti le linee di faglia che vedono l’Australia al centro della politica internazionale: il confronto con la Cina, la gara per le terre rare e la lotta al cambiamento climatico sono solo alcune delle partite in cui Canberra sta giocando e continuerà a giocare un ruolo di primo piano, chiunque sia il prossimo leader del Paese.

L’Australia al voto: Morrison

Come tutti i Paesi del globo, l’Australia che arriva al voto mostra gli evidenti strascichi della pandemia e della crisi economica iniziata nel 2008, chr non sembra ancora, almeno per le fasce più povere della società, allentare completamente le sue morse. L’alleanza di centro-destra, ora al governo, unisce il Liberal Party, capeggiato dal Primo ministro Morrison, e dal National Party, guidato da Barnaby Joyce. Lo sfidante principale, e l’unico con serie speranze di vittoria, è Anthony Albanese, il leader del Labor Party.

I temi centrali della campagna elettorale, ormai arrivata al termine, sono stati il caro vita connesso alla crisi finanziaria, la gestione della pandemia e la politica estera nei confronti della Cina. Le due proposte degli sfidanti non sono mai state così differenti.

Morrison è l’erede di Tony Abbott, del quale ricalca la violenza comunicativa, la sfrontatezza, la volontà accentratrice e il protagonismo assoluto: tali linee guida hanno segnato a fondo il suo mandato. Così, per esempio, è stata gestita la crisi pandemica, con l’isola chiusa nella famosa e sbandierata bolla zero COVID-19, salvo poi subire una terrificante ondata di contagi alla riapertura, a causa delle lacune del governo sulla copertura vaccinale.

Lo stesso vale per la politica estera, dove il Primo ministro ha posto l’Australia al centro della strategia di contenimento della Cina nell’ottica statunitense. Se su questo frangente i risultati sono stati migliori, Morrison ha comunque subito recentemente un duro colpo con l’accordo quadro firmato dalle Isole Salomone con Pechino: uno smacco per Canberra, la quale aveva più volte assicurato agli alleati occidentali di avere salda presa sui microstati del Pacifico. A questi elementi si aggiungono le posizioni estremamente liberiste del Primo Ministro in economia. Solo davanti alla terrificante situazione legata alla pandemia, Morrison si è convinto a un deciso intervento dello Stato e adesso, alle prime avvisaglie di inflazione, ha applaudito la decisione della Bank of Australia di alzare i tassi di interesse.

Sul tema estremamente scottante del cambiamento climatico il governo ha tenuto una posizione dura, quasi assimilabile al negazionismo, frutto anche dell’alleanza che lo sostiene. Il National Party in particolare è molto vicino ai produttori carboniferi – principali finanziatori della coalizione – che non accettano limitazioni alle attività estrattive.

Infine, le scelte del governo sono state accompagnate da diversi scivoloni mediatici,  tra cui si ricorda la vacanza di ben 10 giorni di Morrison alle Hawaii durante l’esplosione degli Australian Fires, la quale gli costerà – a vedere i sondaggi – il consenso nelle regioni colpite.

L’Australia al voto: Albanese

Figura totalmente differente è Anthony Albanese. Storico leader della sinistra del Labor Party e perenne numero 2 del partito, Albanese è un uomo pacato, spesso schivo, che vanta un’ampia esperienza nelle istituzioni, visti i suoi molti anni in Parlamento e nel governo, in cui ha ricoperto anche la carica di vicepremier di Kevin Rudd nel 2013.

Sin dalla sua presa di potere nei laburisti, Albanese ha progressivamente moderato le sue posizioni. La sua è sempre stata una voce repubblicana nel partito, contraria alla dura politica di immigrazione del Paese e a favore del servizio sanitario gratuito. Convinzioni che, secondo molti, avrebbero condannato il partito all’ennesima sconfitta davanti a un elettorato che, nell’ultimo decennio, si è spostato a destra.

Per questo la campagna di Albanese è stata improntata più sul livello “micro”, lasciando il palcoscenico mediatico ai fallimenti e agli scivoloni di Morrison. Egli ha portato il Labor party a identificarsi come lo Stato che può mettersi al fianco dei cittadini, non sostituendoli, ma supportandoli. Facendo, ad esempio, da garanzia per l’acquisto della casa di proprietà o fornendo maggiori tempistiche nel ripagamento dei debiti, o ancora assicurando piccoli sussidi in frangenti chiave della vita dei cittadini. Una campagna, dunque, non in grande stile e priva di proclami, capaci solo di attirare le critiche dei media conservatori, ma attenta alle esigenze degli elettori.

I sondaggi e le prospettive

Tutti i sondaggi danno il Labor party in una posizione di forza, ma niente è ancora scritto, come ci insegnano le elezioni del 2019. In quel frangente, ricordato dai sondaggisti come the big fail, la compagine di centro-sinistra guidata da Bill Shorten e data ampiamente in vantaggio, fu poi sconfitta dal centro-destra di Scott Morrison.

Sul voto australiano influiscono diversi fattori che rendono difficili le previsioni, tra cui il voto obbligatorio – in Australia i cittadini sono sottoposti a una sanzione di circa 15 euro se non si recano a votare- e il sistema elettorale. Questo infatti prevede l’assegnazione di una preferenza in scala rispetto ai partiti in corsa e porta a un complesso calcolo, dove non conta solo essere il primo nelle preferenze dei propri elettori, ma anche il meglio posizionato nel ranking di quelli degli altri partiti.

Dopo il voto resteranno comunque molte incognite, soprattutto sul fronte interno, mentre più certezze abbiamo sulla politica estera. Che diventi Albanese il Primo ministro o che venga confermato Morrison, Washington può stare tranquilla che Canberra rimarrà il suo guardiano nelle acque agitate del Pacifico meridionale. Meno certezze si hanno invece rispetto al cambiamento climatico e alle politiche migratorie. Se in caso di vittoria del centro-destra continuerà la linea oltranzista, bisognerà capire come, invece, un eventuale governo laburista si porrà davanti a questi temi, vista anche la pressione posta dalle giovani generazioni, le quali restano una fetta importante dell’elettorato del Labor.

A cura di Emanuele Bobbio, autore della redazione Oceania de Lo Spiegone.

***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo si spiegare le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.

Foto di copertina EPA/LUKAS COCH AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT

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