Alle minacce seguiranno i fatti

Ciò che rende preoccupanti le recenti dichiarazioni di Donald Trump sulla Nato e sul ruolo degli Stati Uniti è il fatto che non esiste una “dottrina Trump”. Esiste solo lui, il candidato che spera di vincere le elezioni presidenziali di novembre e di tornare alla Casa Bianca. E di farlo anche contro il partito repubblicano, al quale con ogni probabilità la sua minaccia di uscire dall’Alleanza Atlantica se tutti i membri europei non faranno la loro parte – portando il livello di investimento in difesa al 2% del PIL – deve aver provocato qualche mal di pancia. 

Il “pilastro europeo” dell’Alleanza Atlantica

Al di là dell’incertezza connaturata a qualsiasi elezione e in attesa dunque del risultato, quelle parole e quei toni meritano una riflessione e, ancora di più, una presa di coscienza da parte di tutti i governi europei. In questo senso, i destini politici delle due sponde dell’Atlantico sono legati, oggi più che mai. A giugno si vota per il Parlamento europeo e probabilmente, questa volta, maturerà la consapevolezza di dover dedicare alla politica estera, di sicurezza e difesa comune un’attenzione diversa rispetto al passato. Magari con la nomina di un Commissario alla Difesa o con un “rango” differente da attribuire all’attuale Alto Rappresentante per la politica estera. 

L’atto politico è sempre il più importante. L’operatività e i dettagli arriveranno in un secondo momento. Ad esempio, rimane tuttora improbabile la prospettiva di un esercito unico europeo. Da sempre, gli eserciti si riconoscono nella bandiera degli Stati. Tuttavia, c’è uno spazio enorme per prevedere una catena di comando e controllo comune, per la creazione di brigate multinazionali di reazione rapida alle minacce o per missioni fuori area, per il consolidamento di un comando cibernetico europeo e, soprattutto, per un’industria della difesa che in Europa sa esprimere vere eccellenze ma che soffre di una storica e ormai anacronistrica frammentazione di progetti, programmi, piattaforme e, dunque, investimenti. 

Questa prospettiva rafforzerebbe dunque il cosiddetto “pilastro europeo” della Nato. Quello che Trump – ma non solo lui – vorrebbe vedere più presente e utile, al di là delle sue colorite e controproducenti minacce. 

Gli Stati Uniti chiedono un’Europa strategicamente autonoma

D’altronde il tema del cosiddetto “burden sharing”, di una divisione più equa di ruoli e investimenti tra le due sponde dell’Atlantico, non è nuovo. Negli anni del cosiddetto “dividendo della pace”, dopo la fine della Guerra Fredda, era già una questione ricorrente. Fu l’allora ministro della Difesa italiano, Sergio Mattarella, in un importante discorso tenuto a Budapest nel corso dell’Assemblea parlamentare della Nato, a chiarire come un crescente impegno dello strumento militare europeo servisse a rafforzare la solidarietà atlantica e, dunque, il ruolo della Nato. Il timore paradossale all’epoca era infatti quello di vedere un’Europa più autonoma militarmente e strategicamente e dunque meno vincolata all’alleanza con gli Stati Uniti. Timori, quelli del cosiddetto “decoupling”, su cui anche Washington non nascondeva una certa preoccupazione. 

Oggi, a meno di trent’anni da quell’appuntamento, il tema rimane esattamente lo stesso ma in una prospettiva diversa. Gli Stati Uniti hanno da tempo spostato il loro focus geostrategico verso il Golfo Persico e, soprattutto, l’Asia-Pacifico. Tuttavia, il legame atlantico rimane un architrave essenziale per la sicurezza globale, a maggior ragione in presenza di due guerre, una nel cuore dell’Europa, l’altra nel mezzo del nostro mare comune, il Mediterraneo. 

Ma ormai tutti gli ambienti politici statunitensi sono concordi nell’invocare un maggior impegno e sforzo europeo in materia di sicurezza e difesa. Donald Trump lo fa “da Trump”, minacciando e provocando con toni che non aiutano la discussione e di certo non facilitano la costruzione del consenso politico. Ma se l’intelligence tedesca ha recapitato sulla scrivania del Cancelliere Scholz un corposo dossier sulle conseguenze di un’uscita repentina degli Usa dalla Nato, vuol dire che dobbiamo abituarci a ponderare l’impensabile ma, soprattutto, ad agire rapidamente ed efficacemente. 

Il ruolo della difesa nel processo di integrazione europea

D’altronde sappiamo bene come la costruzione di una casa europea manchi di un pezzo fondamentale. La moneta e la difesa sono i due elementi su cui si fonda la sovranità e la creazione di uno spazio politico integrato. I successi europei in tema di mercati finanziari e unione monetaria sono indubbi. Il pilastro della difesa rimane forse il nostro principale vulnus. È senz’altro un tema di finanziamenti, per cui sarà necessario un impegno crescente in tecnologie e piattaforme civili e militari. Ma è soprattutto un tema di efficienza della spesa e, ancor di più, di volontà politica. 

Sul primo aspetto, quello dell’efficienza, basta osservare i dati. Oggi i Paesi europei hanno in sviluppo almeno tre diverse piattaforme per velivoli militari del futuro, cui si aggiungono programmi multilaterali come il GCAP, cui partecipa anche l’Italia, assieme al Regno Unito e al Giappone. Le capacità nel settore navale sono indiscusse, ma di nuovo frammentate tra programmi nazionali o al massimo di collaborazione tra pochi Stati che non aiutano le economie di scala. Per non parlare delle tecnologie emergenti, legate ad esempio allo spazio cibernetico. Già dal 2008 la Nato ha stabilito a Tallinn il suo comando cibernetico congiunto, dopo il primo attacco su larga scala portato ai sistemi critici in Estonia. Da allora sono passati sedici anni, quasi un’era geologica per la rapidità di cambiamento ed evoluzione del cyberspazio, nel quale i Paesi dell’Unione europea hanno indubbiamente accresciuto le rispettive capacità – difensive e offensive – ma, di nuovo, in maniera frammentata. 

Due elezioni, quelle europee e quelle americane, fortemente intrecciate dunque. Ed è meglio, guardando a cosa accadrà negli Stati Uniti, stare lontani dalla tentazione di pensare che alle minacce non seguiranno mai e poi mai i fatti. Semplicemente, non possiamo permetterci questa illusione. 

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