La successione di Hibatullah Akhundzada agita il governo dei talebani

Il 15 agosto 2021, due anni fa, i talebani hanno conquistato rapidamente l’intero Afghanistan, inclusa Kabul, ponendo fine allo stato afghano sostenuto dalla Comunità internazionale, e alla guerra più lunga guidata dagli Stati Uniti e dalla Nato.

Dopo la caduta della Repubblica dell’Afghanistan, l’economia è crollata, aprendo a una grave crisi alimentare e agricola, accentuata dal costo crescente dei cereali in conseguenza del conflitto russo in Ucraina.

L’Afghanistan tra crisi economica e terrorismo

Il governo talebano, la cui collaborazione con il Pakistan è sempre più stretta, ha dimostrato fin da subito una grave inefficienza nel rispondere alle esigenze della popolazione; un’incapacità aggravata dall’ideologia fondamentalista improntata alla restrizione dei diritti individuali, soprattutto quelli delle donne le quali, nonostante le condanne internazionali, continuano a pagare il prezzo più elevato. A ciò si somma il crescente attivismo dei gruppi jihadisti, incluso l’IS-K (il franchise afghano del gruppo terrorista Stato islamico), impegnato in una lotta ideologica senza fine, a cui si contrappone una mai cessata relazione simbiotica tra i talebani, oggi al potere, e al-Qa’ida.

Quello che possiamo osservare è un quadro che definisce una situazione di persistente insicurezza regionale dai sempre più preoccupanti riflessi a livello globale, come l’espansione dello jihadismo in Asia e in Africa, in particolare nel Sahel, stanno confermando.

Guardando alla disastrata situazione economica afghana, una recente analisi dell’Afghanistan Analysts Network (AAN) ha evidenziato una drastica contrazione del PIL, la presenza di un sistema bancario fragile e metà della popolazione in una condizione di grave povertà. Un quadro in cui, i talebani nel loro agire e non agire peggiorano la situazione, mentre il sistema bancario crolla e il disagio sociale si estende.

Anche la produzione di oppio è calata – con buona probabilità una scelta talebana per far aumentare il prezzo sul mercato, come già avvenuto in passato – ma ciò danneggia le fragili comunità rurali, che nell’economia dell’oppio hanno l’unica fonte di sostentamento; al contempo emergono conflitti sull’acqua, sia interni che esterni con l’Iran.

La competizione interna al governo talebano

L’iconica data dell’11 settembre 2021 segna l’inizio dell’attività del governo talebano, guidato dal mullah Mohammad Hassan Akhund, nominato dal leader supremo dei talebani, il mallawì Hibatullah Akhundzada, su precisa indicazione dei servizi pachistani e in contrasto al mullah Ghani Baradar, favorito dagli USA che lo avevano voluto come interlocutore negli accordi negoziali in Qatar conclusi nel 2020. Del governo fanno parte, dal primo momento, membri di alcune fazioni pashtun del movimento, prevalentemente del sud e dell’est del paese; una scelta che ha suscitato crescenti malumori da parte dei gruppi esclusi, in particolare quelli dell’Afghanistan settentrionale e occidentale.

Hibatullah si avvale di due figure chiave: Sirajuddin Haqqani, capo della fazione dei pashtun dell’est, legato ad al-Qa’ida e oggi ministro degli Interni, e il mullah Mohammad Yaqoub, ministro della Difesa e figlio del fondatore dei talebani, il mullah Omar. Tuttavia, l’equilibrio tra le fazioni si è dimostrato precario fin da subito e caratterizzato da lotte per il potere e violenti scontri tra le parti.

L’uccisione del vecchio leader di al-Qa’ida Ayman al-Zawahiri, avvenuta per mano statunitense a Kabul nel luglio 2022, ha svelato la stretta connessione tra i talebani e il terrorismo internazionale. La presenza di al-Zawahiri a Kabul, ospite di Sirajuddin Haqqani, ha confermato il ruolo di quest’ultimo nel facilitare la proficua collaborazione tra i talebani e al-Qa’ida, consolidata dai legami matrimoniali tra qaedisti arabi e la famiglia degli Haqqani, che ha portato il gruppo ad acquisire un crescente ruolo e prestigio nell’ambito del jihadismo globale. Una collaborazione che, in particolare negli ultimi due anni, non ha fatto che accrescere le occasioni e la volontà di scontro armato tra l’IS-K, al-Qa’ida, gruppi jihadisti minori e la resistenza afghana nel Panjshir guidata da Ahmad Massoud.

Gli Stati Uniti, pur nel tentativo di debellare al-Qa’ida in Afghanistan dal 2001, non solo non sono mai riusciti ad eliminare la minaccia ma, con la vittoria dei talebani, hanno assistito a un suo progressivo rafforzamento, sebbene con una crescente subordinazione di al-Qa’ida al gruppo afghano. E proprio la vittoria dei talebani è stata sfruttata da al-Qa’ida – così come dall’IS-K – per accelerare il trasferimento dei propri accoliti nell’Afghanistan “liberato” dai talebani, confermandone la resilienza e i legami tra qaedisti, talebani e gli Haqqani.

La successione contesa tra Sirajuddin e Yaqoub

Sirajuddin e Yaqoub sono i due fidati “bracci destri” del leader talebano Hibatullah Akhundzada, ma la prolungata assenza dalla scena pubblica del capo supremo solleva sempre più dubbi sulla sua presunta morte, così come già accaduto con il fondatore del movimento, il mullah Omar, che, morto nel 2013, fu dichiarato tale solamente due anni dopo.

Già nel giugno 2020, Hibatullah era stato costretto temporaneamente a cedere il potere ai due giovani vice, a causa delle gravi conseguenze da Covid-19; e così Sirajuddin Haqqani e Yaqoub, per quanto in lotta tra di loro per il potere assoluto, si sono imposti come leader pro tempore del movimento, ognuno sostenuto dai gruppi di potere di riferimento.

A sostegno dell’ipotesi di passaggio di consegne alla giovane generazione di capi talebani, nell’agosto del 2022, un’assemblea talebana a Kandahar avrebbe avviato una discussione intesa a portare alla destituzione di Hibatullah, proprio in favore di Yaqoub e Haqqani (opzione favorevolmente sostenuta dagli Stati Uniti e dal Pakistan), aprendo però a una conflittualità con il mullah Baradar (in passato vicino a Washington ma oggi in buoni rapporti con la Cina e la Russia).

La rimozione di Hibatullah e la nomina di Yaqoub a possibile successore di Hibatullah e di Sirajuddin, possibile capo del governo talebano, sembrano legate all’uccisione di al-Zawahiri a Kabul. Un fatto che potrebbe essere il tentativo statunitense di evitare divisioni tra i talebani per contenere l’influenza di Cina e Russia tramite un improbabile, ma pur sempre opportuno, “controllo” dei vertici talebani.

Foto di copertina EPA/STRINGER

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