Rassegna stampa africana: un attentato in Tunisia, elezioni in vista in Mauritania e Senegal

Il 9 maggio a Gerba, in Tunisia, un gendarme ha ucciso un suo collega rubandogli armi e munizioni, per poi dirigersi verso la sinagoga locale dove ha aperto il fuoco sulle forze dell’ordine che la presidiavano assassinando altre quattro persone, prima di essere ucciso a sua volta. Jeune Afrique riporta le dichiarazioni del presidente Kais Saied all’indomani della strage, secondo cui la Tunisia resta un paese “sicuro”. Parole che fanno trasparire il timore che questo evento danneggi la stagione turistica tunisina, settore vitale per l’economia del Paese.

Con il procedere delle indagini, intanto, viene ricostruita la dinamica: su Le Monde alcuni sopravvissuti affermano che “sarebbe potuto essere un massacro” se le forze dell’ordine non fossero state presenti. E anche Jeune Afrique sottolinea la prontezza dell’intervento delle forze di sicurezza nel limitare i danni di un attacco “minuziosamente preparato”.

Sempre Jeune Afrique, infine, resta in Tunisia ma per parlare delle mire commerciali della Corea del Sud, in occasione del Tunisia-Korea-Africa Business Forum. Per Seoul, Tunisi sarebbe la porta d’accesso prescelta ai mercati africani, uno spazio d’azione da 1,8 miliardi di abitanti. Una strategia che viene definita “attentamente ponderata, ma ancora balbuziente”.

Tensioni politiche in Mauritania e Senegal

Domenica 1,8 milioni di elettori saranno chiamati alle urne in Mauritania per una tornata di elezioni legislative e locali, che rappresentano un test per il presidente Mohamed Ould Ghazouani ad un anno dalle presidenziali del 2024. Le Monde sottolinea come il partito della maggioranza presidenziale, El Insaf, non corra particolari rischi, essendo l’unico partito a presentare propri candidati in tutte le circoscrizioni, comprese le zone rurali. Un successo potrebbe aumentare le chance di riconferma alle prossime presidenziali per il presidente Ghazouani, che La Libre Afrique definisce “uno dei grandi artigiani dei successi della Mauritania contro il jihadismo dal 2011, nel suo ruolo di capo dell’esercito”.

In Senegal invece, come riporta Le Point Afrique, crescono le tensioni a causa del rischio di ineleggibilità del leader delle opposizioni Ousmane Sonko. Sonko è stato condannato a sei mesi di prigione per diffamazione e ingiuria ai danni del ministro del Turismo, il che potrebbe significare la sua radiazione dalle liste elettorali. L’aspirante candidato ha rivolto un appello alla disobbedienza civile e alla resistenza, dichiarando di essere “più che mai candidato” alle elezioni previste per febbraio 2024. Sempre Le Point Afrique, intanto, fa il punto sulla coalizione che dovrebbe sostenere Sonko: un insieme di più di 100 organizzazioni che vogliono impedire un terzo mandato dell’attuale presidente Macky Sall.

Record di sfollati, l’appello per la fine della guerra in Sudan e RD Congo

L’Internal Displacement Monitoring Centre ha pubblicato il suo report annuale, evidenziando come il 2022 sia stato un anno record per gli sfollati nel mondo – scrive Nigrizia. A livello globale si sono registrati 71 milioni di sfollati, di cui ben 31,7 milioni solo nell’Africa sub-sahariana. Un dato che conferma un trend di crescita che prosegue da diversi anni: lo scorso anno, nel mondo, gli sfollati erano stati 59,1 milioni. Il primo paese africano in graduatoria è la Repubblica Democratica del Congo, quarto al livello globale, con quasi sei milioni di sfollati. Nella top 10 rientrano anche Etiopia, Nigeria e Somalia, mentre poco più in basso si posiziona il Sudan i cui numeri però sono destinati ad aumentare vertiginosamente a causa del conflitto scoppiato ad aprile.

Per chiudere, proprio riguardo al conflitto in Sudan, Africa24tv.com riporta le parole di Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, e di Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana, che hanno rivolto un appello per il cessate il fuoco in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo. Queste dichiarazioni sono state rilasciate all’11° summit del Meccanismo regionale di monitoraggio dell’accordo-quadro di Addis Abeba, firmato nel 2013 da tredici paesi per porre fine ai conflitti nella parte est della RDC: un accordo ora messo a rischio da una pericolosa escalation con il Ruanda.

Foto di copertina EPA/MOHAMED MESSARA

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