2025 Pechino e l’anno che verrà

Il 2025 si presenta come un anno pieno di sfide complesse sia a livello interno sia nell’arena internazionale per la Cina. L’anemica crescita economica rappresenta la sfida cruciale per Pechino: quella prevista per il 2025 è infatti inferiore al 4,8-4,9%, e la pressione deflazionistica rimane alta. Pechino non sembra propensa a stimolare la crescita con riforme favorevoli al mercato, concentrandosi invece sulla gestione di crisi interne dalle radici profonde, quali il debito dei governi locali e la bolla immobiliare, e di minacce esterne quali le restrizioni imposte dall’amministrazione Biden sull’accesso a tecnologie critiche e ai mercati internazionali. Le restrizioni americane limiteranno l’accesso della Cina a prodotti contenenti qualsiasi tecnologia statunitense, dando a Washington un notevole controllo sulle catene di approvvigionamento globali. Per mantenere le proprie ambizioni di sviluppo tecnologico, Pechino dovrà quindi fare affidamento su tecnologie meno avanzate e più dispendiose in termini di energia – almeno nel breve termine. In questo contesto, “campioni nazionali” quali Huawei, centrali negli sforzi cinesi per sviluppare semiconduttori avanzati e software IA efficienti (i settori-bersaglio dell’amministrazione Biden), riceveranno un significativo sostegno con ingenti aiuti di stato. 

La Cina si prepara a un’eventuale competizione con Washington 

Le scelte di politica economica avranno ovviamente un impatto sul benessere e la coesione sociale della società cinese, come già testimoniato dalla crescita di episodi di violenza di massa nel 2024. È lecito quindi aspettarsi delle riforme fiscali e un ampliamento dei servizi sociali e del supporto ai numerosi lavoratori migranti interni. Tali misure verranno tuttavia certamente adottate in tandem con un ulteriore potenziamento del già gigantesco apparato di sicurezza interna e un’ulteriore intensificazione del controllo delle istituzioni statali e del Partito Comunista Cinese (PCC) sulla società e la vita quotidiana dei cittadini. La direzione che prenderà la Cina nel 2025 passerà comunque dal crocevia della nuova, seconda amministrazione Trump. La leadership cinese si prepara alla possibilità di una competizione ancora più intensa ed estesa a tutti i domini con Washington. In particolare, Pechino prevede alti dazi sulle importazioni cinesi e ulteriori restrizioni  sull’accesso a tecnologie e mercati finanziari. La risposta di Pechino dipenderà dalle intenzioni percepite di Trump: se l’obiettivo è negoziare, la Cina potrebbe essere cauta, ma se riterrà che gli Usa vogliano contenerla, risponderà in modo aggressivo. È tuttavia necessario sottolineare come, durante i mesi della transizione Biden-Trump, siano arrivati numerosi segnali dell’intenzione da parte del quarantacinquesimo e quarantasettesimo presidente Usa di cercare un possibile compromesso con Pechino. Tra questi l’opposizione al ban di TikTok in America da parte dello stesso Trump, il voto contrario al Congresso per una legge che avrebbe regolato gli investimenti americani in Cina – apparentemente su pressione di Elon Musk, al momento la figura dominante del mondo trumpiano – e  l’assenza di qualsiasi riferimento nei confronti di Taiwan dalla piattaforma elettorale repubblicana e dalle dichiarazioni della squadra di transizione.

Le ripercussioni sull’UE della partita tra Cina e USA

Volgendo lo sguardo al nostro continente, il ritorno di Trump e la possibilità di nuove sanzioni spingeranno probabilmente Pechino a cercare di sfruttare le inevitabili tensioni transatlantiche, corteggiando l’Unione Europea (e in particolare i suoi Stati membri e le industrie più a rischio vis-à-vis i dazi trumpiani) per posizionarsi come partner affidabile e campione del libero commercio. Un successo cinese rischierebbe tuttavia di compromettere i passi in avanti fatti in questi anni dall’agenda di derisking, volta a evitare dipendenze da attori terzi, siano essi Russia per l’energia, Cina nel commercio dei beni, ma anche – sebbene sottovoce – Stati Uniti nel settore difesaLo stato delle relazioni sino-americane nel 2025 avrà anche un impatto sull’Italia. Le relazioni con Pechino rimangono fragili. Da un lato il Piano d’azione per il rafforzamento del Partenariato Strategico Globale Italia-Cina siglato lo scorso luglio ha tracciato una via d’uscita a seguito dell’abbandono della Nuova Via della Seta da parte del nostro paese. Dall’altro, la distanza con Pechino sul tema delle auto elettriche – certificata dal voto a favore dei dazi compensativi nei confronti di produttori cinesi in sede europea – è un campione dei rischi che la politica industriale cinese pone al tessuto industriale italiano. Il governo Meloni sarà quindi chiamato a navigare la relazione bilaterale con Pechino principalmente in risposta delle scelte dell’amministrazione Trump. 

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