Donald Trump prepara la sua difesa

Forze dell’ordine in stato d’allerta a Miami, dove, domani 13 giugno, Donald Trump comparirà in tribunale per ascoltare la lettura dei 37 capi d’imputazione contestatigli nell’inchiesta sui documenti sottratti alla Casa Bianca e portati nella sua residenza di Mar-a-lago in Florida, dove l’Fbi li sequestrò l’estate scorsa. L’ex presidente si dichiarerà innocente e dovrebbe essere rinviato a giudizio.

In queste ore, i sostenitori del magnate si stanno dando appuntamento nella città della Florida, come accadde a New York, a Manhattan, l’aprile scorso, quando Trump si presentò in tribunale e, dopo l’arresto rituale, venne rinviato a giudizio per la vicenda dei pagamenti in nero a una pornostar, Stephanie Clifford, alias Stormy Daniels, per comprarne il silenzio sui loro rapporti.

Fra i ‘tifosi’ dell’ex presidente che convergono su Miami, vi sono, secondo i media locali, esponenti dei Proud Boys, un gruppo suprematista alcuni dei cui leader sono già stati condannati per l’assalto al Campidoglio di Washington il 6 gennaio 2021. Lo stesso vale per una ‘gang’ analoga, quella degli Oath Keepers.

Le autorità dello Stato di cui è governatore Ron DeSantis, il principale rivale di Trump nella corsa alla nomination repubblicana, si stanno preparando all’arrivo dei sostenitori del magnate: si temono incidenti. La polizia di Miami assicura di essere pronta a “lavorare con le forze di sicurezza statali e federali, per garantire la sicurezza e tutelare il primo emendamento”, cioè la libertà di manifestare pro e contro.

Tra comizi, partite a golf e calcoli politici

Trump, dal canto suo, non intende modificare i suoi programmi per questa formalità procedurale e tantomeno rinunciare a candidarsi per l’ennesima grana giudiziaria. Dopo l’annuncio dell’incriminazione, la settimana scorsa, l’ex presidente ha parlato a eventi elettorali in Georgia e North Carolina, sostenendo di essere innocente e accusando di persecuzione nei suoi confronti l’Amministrazione Biden. Nel fine settimana, partita a golf col deputato repubblicano della Florida Carlos Gimenez nel suo club di Bedminster, in New Jersey. E proprio in New Jersey il magnate progetta di fare un comizio domani, dopo il passaggio in tribunale.

Due i paradossi politici di questa vicenda. Trump accusa il presidente Joe Biden di volerlo mettere per via giudiziaria fuori dalla corsa alla Casa Bianca, quando Biden ha in realtà interesse ad averlo come antagonista nelle elezioni del novembre 2024 – sarebbe indebolito dai processi e non avrebbe dalla sua il fattore età. Nel contempo, le accuse federali contro l’ex presidente hanno innescato, nei suoi confronti, la solidarietà seppur variegata di tutti gli aspiranti alla nomination repubblicana, contro l’Amministrazione democratica e la ‘giustizia politica’ – nessuno vuole rischiare di passare per un maramaldo.

La vicenda giudiziaria dei documenti sottratti alla Casa Bianca

Per diversi media Usa, l’incriminazione di Trump per 37 reati federali relativi alla cattiva gestione di documenti classificati, portati dalla Casa Bianca nella tenuta di Mar-a-lago a mandato concluso, rappresenta, per il momento, il rischio legale più serio per l’ex presidente, che deve pure fare fronte alla causa di New York e che attende, inoltre, gli sviluppi delle indagini in corso, a livello federale, sulle sue responsabilità nella sommossa del 6 gennaio 2021 e, a livello statale, sulle pressioni fatte sulle autorità della Georgia perché alterassero i risultati elettorali del novembre 2020.

Il magnate è il primo ex presidente nella storia degli Stati Uniti incriminato per reati federali.

La scorsa settimana, gli inquirenti federali hanno diffuso il dettaglio delle accuse mosse a Trump. Un documento di 49 pagine elenca i reati attribuiti all’ex presidente, dalla sottrazione di materiale destinato agli Archivi Nazionali alla sua impropria custodia in vari locali della sua dimora, persino in un garage, nella sala fitness e in un bagno; dalla cospirazione all’ostruzione alla giustizia, perché il magnate e i suoi legali negarono a più riprese di esserne in possesso e si rifiutarono di restituirli. Anche un suo assistente di lunga data, Walt Nauta, che materialmente maneggiò e trasportò le casse con i documenti, è stato incriminato.

Ad alleggerire la posizione di Trump c’è, invece, il fatto che, messe in allerta, le autorità federali hanno poi recuperato documenti classificati negli uffici o nelle residenze di altri presidenti o vice, fra cui lo stesso Biden e il vice di Trump Mike Pence, ora uno dei suoi rivali per la nomination; e hanno addirittura rivolto un invito a tutti gli ex presidenti e vice tuttora in vita, perché controllino se, fra le loro carte, non vi siano documenti da restituire. Ma la gravità dei casi non è confrontabile: Biden e Pence hanno volontariamente reso i dossier, della cui presenza non erano forse consapevoli; Trump ne aveva scientemente portati via dalla Casa Bianca centinaia, negava di averli e non voleva restituirli.

La sua asserzione di essere innocente si basa sul suo diritto, quand’era presidente, di declassificare quei documenti. Cosa che però non fece. Nel presentare le conclusioni cui è giunto, Jack Smith, il procuratore speciale che ha condotto l’indagine, ha detto: “Le nostre leggi sono la nostra salvezza e valgono per tutti… Violando segreti, Trump ha messo in pericolo gli Stati Uniti…”.

Il caso, però, è lungi dall’essere chiuso e l’ex presidente ha ancora frecce al suo arco. La prima è Aileen Cannon, la giudice di fronte a cui comparirà domani: Cannon è una nomina di Trump, che, nei quattro anni alla Casa Bianca, ha scelto centinaia di giudici. L’estate scorsa vietò all’Fbi l’accesso a parte del materiale sequestrato a Mar-a-lago e ne affidò l’esame a uno ‘special master’, imponendo una battuta d’arresto all’indagine.

Foto di copertina EPA/ERIK S. LESSER

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