Tajani: “Rafforzeremo il G7”

AffarInternazionali ha partecipato lo scorso 17 gennaio 2024 alla conferenza stampa del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani, tenutasi alla Farnesina e organizzata per presentare le priorità relative ai filoni di attività del G7 di competenza del Ministero. Vi proponiamo alcuni passaggi tratti dai suoi interventi.

Il G7 a presidenza italiana

“Come sapete, dal primo gennaio l’Italia ha la guida del G7, per la settima volta. Noi vogliamo rafforzare il ruolo di questa organizzazione che è il meccanismo di coordinamento delle grandi democrazie liberali ad economia avanzata, vogliamo che il G7 sia uno strumento di stabilità per fornire risposte coese alla crisi che stiamo vivendo. Abbiamo due guerre e una crisi nel Mar Rosso. L’obiettivo della nostra presidenza sarà quello di rafforzare questa coesione e questa collaborazione”.

Il Medio Oriente

“Priorità della nostra presidenza in politica estera sarà ovviamente la situazione in Medio Oriente e, come sapete, lavoreremo per una de-escalation. Lavoriamo perché la situazione non peggiori assolutamente, siamo contro l’escalation, quindi tutte le nostre iniziative politico-diplomatiche vanno in questa direzione. Ci stiamo muovendo con grande equilibrio. Noi siamo contro il terrorismo. Abbiamo condannato con grande fermezza il disumano attacco di Hamas contro la popolazione civile israeliana, chiediamo con forza la liberazione degli ostaggi, vediamo con favore tutte le iniziative di mediazione, compresa l’ultima che servirà a portare anche medicinali agli ostaggi. Noi, insieme agli altri del G7, abbiamo dato un messaggio chiaro ad Israele di avere reazioni militari proporzionate e di risparmiare la popolazione civile: ci sono troppi morti innocenti. D’altro lato, Hamas ha la grande responsabilità di usare la popolazione civile come scudo umano: molto spesso vengono inviati messaggi di evacuare alcune parti dove ci saranno attacchi militari israeliani e Hamas impedisce alla popolazione civile di abbandonarli.

Quindi Israele deve proporzionare e ridurre assolutamente l’attacco contro la popolazione civile che non ha nessuna colpa. È vero che i terroristi di Hamas sono palestinesi, ma i palestinesi non sono tutti terroristi di Hamas. Questo deve essere molto chiaro. Dal punto di vista del sostegno alla popolazione civile, ribadisco quali sono i nostri impegni e la nostra azione. Sono arrivati due aerei militari carichi di beni da portare alla striscia di Gaza. C’è la nave ospedale militare Vulcano dove si stanno curando bambini palestinesi. Stiamo lavorando con il governo egiziano per installare un ospedale da campo a Rafah, non sappiamo se al di là o al di qua della porta, comunque siamo pronti a farlo, stiamo aspettando le autorizzazioni, siamo in trattativa e siamo pronti a realizzarlo. Cureremo in Italia oltre cento bambini palestinesi con l’azione di coordinamento della nostra unità di crisi. L’Italia sta facendo di tutto per aiutare la popolazione civile palestinese che, ripeto, non ha nulla a che vedere con i criminali terroristi di Hamas. Noi siamo per due popoli due Stati, quindi lo stato di Israele che riconosca lo Stato palestinese e lo Stato palestinese che riconosca Israele.

Per quanto riguarda Israele, fin dal primo giorno mi sono raccomandato sulla reazione a quanto accaduto il 7 ottobre. Sono stato il primo ministro degli Esteri ad arrivare in Israele dopo l’attacco di Hamas. Voglio però ribadire – perché non se ne parla abbastanza, dato che non tutti hanno visto i filmati di ciò che è accaduto – che non è stato un bombardamento, non è stato un attacco ad una caserma, è stata una vera e propria caccia all’uomo, alla donna, al bambino, con una violenza mai vista. Le profanazioni dei cadaveri, la violenza fisica da tutti i punti di vista: non si era mai vista una cosa del genere dall’antichità ai giorni nostri. Chi ha avuto l’opportunità di vedere alcuni video sa cosa è accaduto: la caccia al neonato, la violenza sulle donne vive e morte. È inaccettabile e inaudito anche nel corso di una guerra. Anche questi sono crimini di guerra. Ripeto, siamo contrari a bombardamenti a tappeto che colpiscono la popolazione civile e provocano tanti morti, però bisogna anche denunciare ciò che è accaduto e ciò di cui si parla, secondo me, troppo poco. Lì è stata fatta la caccia all’ebreo casa per casa, prendendosela con un neonato di tre mesi e con i cadaveri: atti di vigliaccheria”.

Il Mar Rosso

“Per quanto riguarda invece la situazione nel Mar Rosso, stiamo lavorando ad una nuova missione europea accanto all’Operazione Atalanta che è nello Stretto di Hormuz, per proteggere i traffici commerciali. L’idea, quella di più facile soluzione, è di allargare questa missione e farla arrivare con competenza fino al Mar Rosso per difendere il traffico marittimo in tutta l’area, visto che oggi con Atlanta difendiamo il traffico marittimo soprattutto nel sud del Mar Rosso. Vorremmo arrivare fino a Suez per garantire il traffico, assicurando la possibilità di difendere, con una presenza militare europea, le navi europee che transitano per quella parte di mondo. Abbiamo condannato fin dall’inizio le aggressioni dei ribelli Houthi ai mercantili.

Siamo di fronte ad un problema economico non secondario: siamo un Paese esportatore –  sapete bene che quasi il 40% del nostro PIL è export – e quindi la riduzione del traffico marittimo attraverso il Canale di Suez ci preoccupa: siamo passati da 400 navi al giorno a 250. Sono aumentati e non di poco i costi assicurativi e si allungano i tempi di percorrenza. Fare il periplo dell’’Africa significa perdere 15 giorni, ne va della competitività dei nostri prodotti, ne va anche della competitività dei nostri porti, penso a quelli di Gioia Tauro, di Taranto, di Brindisi, di Trieste e di Genova. A gennaio abbiamo aderito alla dichiarazione politica con gli Stati Uniti, poi c’è stata una dichiarazione da parte della Presidenza del Consiglio sul sostegno alla difesa dei traffici nel Mar Rosso. Non stiamo operando solo militarmente, ma anche diplomaticamente per salvaguardare la nostra attività di esportazione”.

Esercito europeo

“Noi vogliamo un’Europa più politica. Non si può fare politica estera se non c’è un sistema di difesa europea. Non vogliamo che l’Europa sia un gigante economico e un nano politico.  L’Italia deve essere protagonista in un’Europa che conta, che abbia un rapporto paritario con gli Stati Uniti anche all’interno della Nato. Dobbiamo per questo avere un sistema di difesa europeo che sia competitivo. È partito un percorso, bisogna accelerare, non è sufficiente quello che si è fatto e si sta facendo, ma bisogna avere veramente, come obiettivo finale, un esercito europeo. Ci stiamo lavorando, servono i tempi necessari, ma se vogliamo avere missioni di pace efficaci, se vogliamo intervenire in tempi rapidi e non essere sempre costretti a seguire iniziative di altri, dobbiamo avere uno strumento anche di peacekeeping europeo, quindi che sia operativo in tempi molto rapidi. Questo è ciò in cui credo, penso che sia giusto procedere in questa direzione. Sono stati abbattuti negli ultimi anni molti tabù, ora bisogna andare avanti”.

L’Ucraina

“Siamo convinti che se l’Ucraina dovesse perdere da un punto di vista militare, non ci sarebbe più la possibilità di raggiungere la pace, sarebbe una sconfitta e non una pace. Noi vogliamo che si raggiunga la pace, ma la pace si può raggiungere soltanto quando ci sono due contendenti che si confrontano, non c’è un vincitore e un vinto. Chi ha violato il diritto internazionale? La Russia, e quindi va rispettato il diritto internazionale, va messa l’Ucraina nelle condizioni di poter fare – quando sarà il momento e mi auguro che arrivi il prima possibile – un accordo di pace che sia una pace giusta, come abbiamo sempre detto, con la Russia.

Noi vogliamo che si raggiungano obiettivi di pace ma, ripeto, la pace non può significare lo stravolgimento del diritto internazionale, non può valere la regola, “io sono più forte, decido e invado un paese”. Questo è inaccettabile anche dal punto di vista del diritto internazionale. L’Ucraina sta difendendo la libertà, la sua libertà, quella dell’Europa, quindi noi abbiamo il dovere di sostenerla, non soltanto, attraverso aiuti di tipo militare, ma anche con aiuti alla popolazione civile, soprattutto durante l’inverno”.

Le migrazioni

“Il tema migrazioni, l’ho sempre detto anche quando avevo altre responsabilità, come quella di vicepresidente della Commissione europea o presidente del Parlamento europeo, la questione migratoria deve essere risolta a monte. Non può essere solo un problema di ordine pubblico. Lo è anche, ma soprattutto è un problema che deve essere affrontato in maniera strategica. Nel 2050 avremo due miliardi e mezzo di africani. Se noi vogliamo, come diceva Benedetto XVI, “difendere il diritto a non migrare”, dobbiamo contribuire alla soluzione dei problemi che provocano la migrazione. E questi problemi sono: le guerre, la carestia, il cambiamento climatico, le malattie e la povertà.

Cosa possiamo e dobbiamo fare? Intanto, porre l’attenzione del mondo sul problema, quindi il G7 sarà una delle occasioni, lo abbiamo posto anche nelle occasioni dei vertici Nato. Il Piano Mattei è uno strumento per cercare di dare un contributo determinante, da parte italiana, per risolvere questi problemi con un’ottica non neo-colonizzatrice, ma che guardi all’Africa con lenti africane e non con lenti italiane o europee. E il piano Mattei, che dovrebbe essere a mio giudizio parte di quel piano che ho sempre invocato, un grande piano Marshall europeo per il continente africano, deve essere scritto insieme agli africani, perché sennò non avrebbe senso. Non dobbiamo fare elemosina, dobbiamo avere una strategia politico-economica che deve permettere al continente africano di poter utilizzare tutte le risorse che ha per una sua crescita economica. Possiamo esportare il nostro saper fare, stiamo già lavorando con molti paesi, penso all’Egitto, alla Tunisia, all’Algeria, alla stessa Libia, con tanti paesi africani per cercare di risolvere il problema.

Poi ci sono tutti i problemi politici e militari che riguardano la sicurezza dell’Africa sub-Sahariana. C’è poi il Medio Oriente con i tanti profughi dalla Siria, con la situazione in Libano che rischia di peggiorare ogni giorno, con i tanti profughi che attraverso la rotta balcanica potrebbero presto raggiungere l’Europa. Serve insomma una strategia, investimenti, ma soprattutto una politica di pace”.

Ha collaborato alla redazione dell’articolo Marta Fornacini

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