Il Senegal si risveglia nell’instabilità alla vigilia delle elezioni

Domenica 31 luglio, i cittadini e le cittadine senegalesi si recheranno alle urne per rinnovare il mandato dei 165 membri dell’Assemblea nazionale. Alle ultime legislative, nel 2017, la coalizione Benno Bokk Yaakaar (‘Uniti per la stessa speranza’, in lingua wolof), guidata dal presidente in carica, Macky Sall, aveva ottenuto 125 seggi. Quest’anno, le due principali coalizioni di opposizione, Yewwi Askan Wi (Libera il nostro popolo) e Wallu Sénégal (Salva il Senegal), sono decise a mettere in discussione l’equilibrio politico venutosi a creare in Parlamento e nel Paese e annunciano battaglia per la conquista della maggioranza all’Assemblea nazionale.

Il clima in cui il Senegal si avvia al voto è teso e risente di una situazione sociale, politica ed economica sempre più complessa, a causa delle tensioni tra gli schieramenti politici e delle ripercussioni economiche della pandemia da Covid-19 e del conflitto russo-ucraino. Il serpeggiante malcontento popolare, sfociato già a marzo dello scorso anno in diverse giornate di protesta, è riemerso negli ultimi due mesi a seguito della decisione della Corte suprema di escludere dal voto una delle liste dell’opposizione.

La crescente instabilità di un Paese “stabile”

Considerato fino a poco tempo fa una delle democrazie più stabili del continente, negli ultimi anni il Senegal sta perdendo questa reputazione. Le elezioni legislative giungono a distanza di tre anni dalle ultime presidenziali, vinte per la seconda volta consecutiva dall’attuale capo dello Stato, Macky Sall, e dalle quali due dei maggiori rappresentanti dell’opposizione, Khalifa Sall e Karim Wade, erano stati esclusi per sospetti “crimini politici”.

Mancano due anni alla prossima elezione presidenziale e già si mormora che Macky Sall – che nel frattempo ha abolito il ruolo di Primo ministro – possa decidere di candidarsi per un terzo mandato, contravvenendo al limite dei due stabilito dalla Costituzione. Macky Sall potrebbe aggiungersi alla già lunga lista di presidenti africani che hanno applicato la pratica del third termism, ovvero modificare la Carta per restare al potere oltre i due mandati originariamente consentiti.

Ma c’è anche chi ritiene che modificare la Costituzione non sia necessario e che Sall potrebbe legittimare la propria candidatura sostenendo che il referendum del 2016 (che aveva ridotto la durata della presidenza da 7 a 5 anni) azzera il conteggio dei mandati svolti fino a quel momento.

Tra i senegalesi si sta diffondendo sempre più la percezione che Sall stia cercando di mettere fuori gioco uno a uno gli sfidanti più pericolosi. Dopo l’esclusione di Khalifa Sall e Karim Wade dalle ultime presidenziali, a inizio 2021 Ousmane Sonko, arrivato terzo nel 2019, è stato arrestato con l’accusa di aver disturbato l’ordine pubblico, avendo preso parte a una manifestazione non autorizzata, e di aver stuprato una ragazza. Da più parti, l’arresto è stato definito una macchinazione finalizzata a escludere dalla scena politica uno dei rivali più temibili in vista delle elezioni del 2024. In risposta al suo arresto, il 3 marzo la popolazione di Dakar è scesa in piazza con lo slogan “Trop c’est trop” (“Troppo è troppo”) e ben presto le proteste hanno assunto una dimensione nazionale. L’accesso ai social network è stato disattivato ed è iniziata la repressione delle forze dell’ordine, che ha causato 14 vittime.

Nell’ultimo anno, a un clima sociale già turbolento si sono aggiunte le difficoltà economiche. La pandemia da Covid-19 ha preparato il terreno, provocando una riduzione degli scambi commerciali e un aumento dei prezzi dei generi alimentari di base, mentre il conflitto russo-ucraino ha portato con sé la penuria di cereali e fertilizzanti.

L’opposizione unita contro Sall

Sperando di trarre vantaggio dal malcontento sociale, le due maggiori coalizioni di opposizione, Yewwi Askan Wi e Wallu Sénégal, hanno deciso di presentarsi unite. Il leader della prima, Ousmane Sonko, dopo essersi classificato terzo alle presidenziali del 2019, è stato eletto lo scorso gennaio sindaco di Ziguinchor, capitale della Casamance, regione indipendentista nel Sud del Paese. Alla guida della seconda coalizione si pone invece Abdoulaye Wade, ex presidente del Senegal per due mandati (2000 e 2007) e padre di Karim Wade, candidato escluso dall’ultima corsa presidenziale per problemi giudiziari.

Novanta dei 165 membri dell’Assemblea nazionale sono eletti in 35 circoscrizioni uninominali o plurinominali con il metodo del first-past-the-post, ovvero il candidato o la candidata che nella circoscrizione ottiene anche solo un voto in più viene eletto. Altri 15 parlamentari sono scelti con lo stesso metodo dai senegalesi residenti all’estero. Presentandosi unite nelle circoscrizioni, le due coalizioni evitano così che i voti vengano dispersi su più candidati e propongono insieme il nome più competitivo per mettere in discussione il predominio di Benno Bokk Yaakaar, soprattutto nelle aree rurali. I restanti 60 seggi vengono allocati con il sistema proporzionale, applicato a una circoscrizione nazionale, sulla base delle liste presentate dai partiti. In questo caso, le due coalizioni d’opposizione, nel tentativo di massimizzare il numero di parlamentari ottenuti, si presentano con liste separate. Quella di Wallu Sénégal è guidata dal 96enne Abdoulaye Wade in persona.

A scatenare una nuova ondata di proteste nel Paese è stata la decisione della Corte suprema, risalente al 3 giugno scorso, di invalidare la lista presentata da Yewwi Askan Wi per la circoscrizione nazionale. Attribuendo l’esclusione a un errore tecnico – la presenza dello stesso nome sia nella lista principale che in quella dei sostituti – la Corte ha messo fuori gioco figure di spicco dell’opposizione, tra cui lo stesso Sonko. In risposta, negli ultimi due mesi, i senegalesi sono scesi più volte in piazza, prendendo parte a manifestazioni autorizzate e proteste considerate illegali dall’autorità pubblica, durante le quali ci sono stati morti e feriti.

Un crocevia per il futuro del Paese

Il risultato di queste legislative sarà cruciale e lo dimostra la decisione delle due maggiori coalizioni di opposizione di unire le forze. Le elezioni locali di gennaio hanno segnato una parziale sconfitta della maggioranza di governo, che ha perso il controllo di alcune città significative – tra cui Dakar, Ziguinchor e Thiès – pur mantenendo il predominio nelle aree rurali.

Se l’opposizione dovesse riuscire a raggiungere l’obiettivo minimo che si è prefissata, cioè la conquista di almeno 100 seggi, toglierebbe a Benno Bokk Yaakaar la maggioranza in Parlamento, imponendo a Sall una coabitazione. A questo punto, per l’attuale presidente diventerebbe difficile portare avanti la propria agenda e soprattutto ricandidarsi per la terza volta consecutiva come capo dello Stato.

Il voto del 31 luglio rappresenterà quindi un bivio fondamentale per il futuro politico del Paese e, in un clima teso, si guarda al risultato di queste elezioni per misurare la stabilità della democrazia senegalese.

Foto di copertina EPA/JOHN THYS / POOL

Articolo a cura di Aurora Guainazzi, caporedattrice Africa de Lo Spiegone.

***Lo Spiegone è una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo si spiegare le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia.

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