L’Italia come possibile hub energetico europeo

A febbraio del 2022, quasi la metà dell’elettricità in Italia era prodotta principalmente dal gas naturale: una parte considerevole di questa – il 38% – era generata dai volumi di gas provenienti da Mosca.

Tuttavia, l’Italia è riuscita fin dai primi mesi del conflitto a diversificare la provenienza dei flussi di approvvigionamento energetico, grazie alla presenza su gran parte del territorio di importanti infrastrutture di importazione gas.

Infatti, nel nord Italia troviamo, oltre al Trans Austria Gas (TAG)- gasdotto utile a trasportare il gas russo – il Transitgas, infrastruttura di collegamento con il nord Europa, e l’interconnessione con la Slovenia tramite Gorizia. Nel centro-nord, invece, sono collocati a Panigaglia, Porto Viro e Livorno tre impianti specializzati nella rigassificazione del gnl (gas naturale liquefatto). Nel sud Italia, infine, troviamo altri tre gasdotti – Transmed, Greenstream e Trans Adriatic Pipeline (TAP) – che trasportano il gas rispettivamente dall’Algeria, dalla Libia e dall’Azerbaijan.

L’ottenimento di nuove fonti di approvvigionamento è stato possibile anche grazie alla firma di diversi accordi commerciali e di un’intensa azione diplomatica che hanno portato il governo italiano, con Mario Draghi e poi Giorgia Meloni, a proiettare gli interessi commerciali verso la sponda sud del Mediterraneo – Algeria, Egitto, Israele – e più in generale verso Africa e Asia – Angola, Congo, Qatar, Azerbaijan.

A fine del 2022 il livello delle importazioni russe era già stato ridotto drasticamente: ora il gas arriva in Italia per il 34.3% dall’Algeria; il 16% dalla Russia; il 14.8% dall’Azerbaijan; il 10.3% dal Nord Europa e il 3.8% dalla Libia per il 20.6% da gnl, proveniente principalmente da Qatar, Stati Uniti, Nigeria ed Egitto.

Gli accordi con Algeria e Libia

A gennaio, la presidente del Consiglio Meloni e Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI, si sono recati in Algeria e Libia per firmare una serie accordi strategici in ambito energetico, utili a diversificare le fonti di approvvigionamento italiano.

In Algeria, l’azienda italiana ENI e quella algerina Sonatrach – entrambe specializzate nel settore idrocarburi – hanno firmato un accordo che mira entro il 2024/25 ad aumentare fino a 35 miliardi di metri cubi (bcm) le esportazioni di gas algerino verso l’Italia.

In Libia, invece, la presidente Meloni ha presenziato alla firma di un accordo tra ENI e la Lybian National Oil Corporation – che prevede di investire circa 8 miliardi di euro per aumentare la produzione di gas sia per soddisfare la domanda interna libica, sia garantire le esportazioni verso l’Italia e l’Europa.

Durante queste visite, la presidente del Consiglio Meloni ha anche presentato l’idea di un “Piano Mattei” per l’Africa, al fine di restituire centralità al Mediterraneo nelle politiche italiane ed europee. Tuttavia, ad oggi il “Piano Mattei” è ancora in via di strutturazione in quanto vi sono numerose criticità, come l’instabilità dei Paesi africani coinvolti, che ne rendono difficile la formulazione.

La geografia delle infrastrutture del gas

Il governo italiano si è impegnato per implementare la capacità di ricezione gas nel centro-sud, attraverso la firma dei già citati accordi commerciali e all’avvio di una serie di lavori infrastrutturali. Al fine di aumentare le importazioni tramite gnl, è stata prevista l’implementazione dei rigassificatori di Livorno e di Porto Viro e l’installazione di due Floating Storage and Regasification Unit (FSRU), a Ravenna e a Piombino: quest’ultima, la Golar Tundra, è arrivata nel porto toscano il 20 marzo e dovrebbe entrare in funziona a maggio.

Per quanto riguarda i gasdotti, invece, è stato definito il raddoppio solo del TAP, in quanto le altre due connessioni esistenti – Transmed e Greenstream – sono attualmente sottoutilizzate. È stata approvata altresì la costruzione di un nuovo gasdotto – il Melita Transgas Pipeline – utile a interconnettere le reti di trasporto di gas di Malta con l’Italia.

Altri progetti sono, al momento, in sospeso, poiché la loro realizzazione presenta condizioni economiche e tecniche complesse, come nel caso dell’Eastmed-Poseidon Pipeline, il gasdotto di collegamento tra giacimenti nel Mediterraneo orientale e il mercato italiano.

Inoltre, si sta discutendo se procedere con l’installazione a Porto Empedocle e a Gioia Tauro di due rigassificatori a terra e con la costruzione del Gasdotto Algeria Sardegna Italia (GALSI) che dovrebbe essere utile per aumentare le esportazioni di gas algerino verso l’Italia e probabilmente verrà adibito anche al trasporto dell’idrogeno.

I progetti che attualmente sono stati approvati riguardano la costruzione a Oristano di un rigassificatore nell’area portuale, con l’installazione a Portovesme e a Porto Torres di due FSRU. Il governo italiano si è impegnato anche ad approvare due progetti di sviluppo infrastrutturale per incrementare la capacità di trasporto gas da sud verso nord, dato che è presente un “collo di bottiglia” tra Campania, Abruzzo e Molise, che limita il commercio a 126 milioni di metri cubi al giorno. La costruzione di un nuovo gasdotto interno in Puglia e il progetto della “Linea Adriatica”, che prevede lo sviluppo di cinque tratti di metanodotto distinti, vanno in questo senso.

Per ciò che concerne le infrastrutture di esportazione, grazie a dei lavori terminati un paio di anni fa, l’Italia può contare sul flusso bidirezionale del Transitgas e del TAG.

Una volta implementati tutti questi progetti, l’Italia dovrebbe riuscire a non dipendere più dal gas russo, presumibilmente già nell’inverno 2024/2025. Tuttavia, visti i livelli di consumi energetici attuali – anche se vi è la necessità di ridurli per motivi ambientali e securitari – difficilmente riuscirà a indirizzare un quantitativo di volumi tale da poter anche soddisfare il mercato europeo.

Gli obiettivi energetici di medio e lungo periodo

Il governo Meloni ha anche rilasciato cinque permessi esplorativi e due concessioni esplorative per il gas, al fine di aumentare l’autonomia energetica a livello nazionale e quindi poter dedicare più volumi di gas all’esportazione.

Entro il 2030, altresì, si dovrà cercare di contrarre i consumi energetici derivanti da combustibili fossili – tramite efficientamento energetico ed investimento nelle rinnovabili – al fine di raggiungere gli obiettivi di Zero Emissioni Nette nel 2050.

Nello specifico, la “Strategia di lungo termine per il 2050” dell’Ue prevede che i mercati ad alto consumo energetico di gas – come quello italiano – potranno contare sul sostegno del gas per raggiungere la neutralità carbonica (il gas è il combustibile fossile con la minore impronta carbonica) e poi come fonte di sostegno, per far fronte ai momenti in cui le rinnovabili saranno meno disponibili.

L’Italia potrebbe essere un centro di distribuzione energetico verso l’Europa non solo per il gas ma anche per altre risorse – idrogeno, ammoniaca, elettricità e rinnovabili – per poter contare su un tornaconto economico tale da giustificare i costi di realizzazione. Fondamentale, sarà capire il reale interesse degli altri Stati Membri dell’Ue nella realizzazione di questo progetto, in quanto ad oggi alcuni Paesi, come la Germania, sembrano privilegiare altre soluzioni per non dipendere più dalle importazioni di gas russo.

Foto di copertina ANSA/UFFICIO STAMPA

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