Le scelte di Putin e la dottrina nucleare USA

Il 19 novembre scorso Vladimir Putin ha firmato il decreto esecutivo che approva i principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare. Il presidente russo li aveva in parte anticipati il 25 settembre scorso durante la sessione aperta del Consiglio di sicurezza russo. Quattro giorni prima (15 novembre), il Segretario alla Difesa americano aveva presentato al Congresso la parte non classificata del Rapporto 491 che descrive la strategia d’impiego nucleare degli Stati Uniti definita dal presidente Joe Biden all’inizio di quest’anno. In entrambi i casi, le informazioni rese pubbliche sono completate dalle norme segrete per l’attuazione operativa delle linee guida da parte delle forze armate dei rispettivi paesi. 

 

La dottrina nucleare russa

 

La dottrina russa per l’uso delle armi nucleari ha subito diverse evoluzioni negli ultimi quindici anni. Le modifiche apportate nel 2010 e nel 2020 apparivano essenzialmente coerenti con la definizione classica di impiego deterrente. Il documento del 2010 stabiliva il diritto di utilizzare le armi nucleari in due circostanze: “L’utilizzo di armi nucleari o di altri tipi di armi di distruzione di massa contro [la Russia] e (o) i suoi alleati” e “in caso di aggressione contro la Federazione Russa che comporti l’uso di armi convenzionali, quando l’esistenza stessa dello Stato è minacciata”. Le modifiche del 2020 introdussero nuove motivazioni: la ricezione di “dati affidabili su un lancio di missili balistici che attaccano il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati”, e un attacco (presumibilmente con armi convenzionali) contro “siti governativi o militari critici, la cui interruzione comprometterebbe le azioni di risposta della forza nucleare”. Mentre la seconda motivazione non sorprende, data la cruciale importanza della capacità di reazione nucleare, la prima indica una strategia di lancio su allarme (launch on warning, LOW): si reagisce con i missili di ritorsione appena i sistemi di allarme precoce individuano un attacco e mentre le testate dell’aggressore sono in volo e non hanno ancora raggiunto i loro obiettivi. Il LOW comporta un rischio significativo di innescare inavvertitamente una guerra nucleare a causa di guasti dei satelliti di allerta e dei radar a terra, di un lancio non autorizzato, di un’interpretazione errata delle azioni o delle intenzioni della controparte.

 

Il decreto dello scorso 19 novembre, che rimpiazza le disposizioni del 2020, “identifica i rischi militari e le minacce militari da neutralizzare con la deterrenza nucleare, delinea i principi della deterrenza nucleare e specifica le condizioni che possono portare la Federazione Russa all’uso di armi nucleari”. Il documento rimane, però, vago sui contenuti; per conoscere le novità rispetto alla dottrina corrente si deve quindi ricorrere alla dichiarazione del 25 settembre, nella quale emergono tre punti significativi.

 

Il primo punto appare legato alla presente fase della guerra in Ucraina: “L’aggressione alla Russia da parte di qualsiasi stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno stato nucleare” sarebbe considerato come un “attacco congiunto” alla Russia. Putin mira così a sancire il diretto coinvolgimento dei tre stati della NATO con armi nucleari nelle operazioni convenzionali dell’Ucraina, con il probabile obiettivo di dividere gli alleati europei. In secondo luogo, la Russia prenderebbe in considerazione l’uso di armi nucleari in caso di “ricezione di informazioni affidabili su un lancio massiccio di armi di attacco aereo e spaziale e sul loro attraversamento del nostro confine di stato” incluso un attacco da parte di “aerei strategici e tattici, missili da crociera, droni, aerei ipersonici e di altro tipo”. Con l’inclusione di un attacco massiccio di qualsiasi tipo di velivolo armato viene enormemente ampliata la strategia LOW. Infine la Russia si riserva “il diritto di usare le armi nucleari in caso di aggressione contro la Russia e la Bielorussia in quanto membro dello Stato dell’Unione [Russia – Bielorussia]”, compreso un attacco in cui l’avversario “usando armi convenzionali, crea una minaccia critica alla nostra sovranità”. Cambia il criterio per stabilire quando la Russia potrebbe usare le armi nucleari: da un attacco convenzionale che mette “in pericolo l’esistenza della Russia” si passa a uno che “pone una minaccia critica alla sovranità russa” (o bielorussa). Questa formulazione è volutamente ambigua (cosa costituirebbe una minaccia critica alla “sovranità” russa?) e suggerisce un abbassamento della soglia nucleare della Russia.

 

La dottrina nucleare americana

 

Il Rapporto 491 (Guida) descrive i cambiamenti rispetto alle precedenti linee guida sull’utilizzo delle armi nucleari contenute nella Nuclear Posture Review (NPR) del 2022. Oltre alle sfide nucleari di Russia, Cina, Corea del Nord e i programmi dell’Iran, già considerate nella NPR, si sottolinea la crescente collaborazione e collusione tra questi paesi e la possibilità di un’aggressione coordinata o opportunistica da parte di una combinazione di avversari. Si ribadisce che il solo ruolo delle armi nucleari nella strategia degli Stati Uniti è quello di dissuadere attacchi strategici, assicurare gli alleati e i partner e consentire il raggiungimento degli obiettivi nazionali in circostanze estreme qualora la deterrenza fallisca. 

 

Gli Stati Uniti prenderebbero quindi in considerazione l’uso di armi nucleari solo in “circostanze estreme” per difendere gli interessi vitali degli Stati Uniti o dei loro alleati e partner. La Guida non definisce quali siano le ‘circostanze estreme’, lasciando un ampio grado di ambiguità. Gli Stati Uniti non useranno o minacceranno di utilizzare armi nucleari contro stati non dotati di armi nucleari che sono parte del Trattato di non proliferazione nucleare e ne “rispettino gli obblighi” (ovviamente a insindacabile giudizio americano). 

 

Chiaramente, non bisogna confondere questi documenti politici con la rivelazione di piani o con la divulgazione delle sfumature della strategia nucleare russa o americana. Le politiche dichiarative vanno prese per gli artificiosi avvertimenti che sono. In ogni caso, la gravissima e consequenziale decisione di usare le armi nucleari dipenderebbe molto di più dal leader e dalle circostanze specifiche del momento piuttosto che da una politica dichiarata. Di fatto dai documenti emerge un’ampia discrezionalità d’impiego garantita ai due presidenti. Mentre gran parte dei paesi non nucleari e della società civile da anni chiede alle potenze nucleari di ridurre il peso di tali armi nella loro politica, qui tale ruolo appare addirittura aumentato in modo determinante in una proiezione temporale illimitata. Nel documento russo vi è solo un riferimento indiretto al controllo degli armamenti e quello americano pone ‘limiti’ a possibili negoziati; lo stesso termine ‘disarmo’ è assolutamente assente. Dobbiamo chiaramente prepararci per una nuova spirale della corsa agli armamenti nucleari, sia qualitativa sia quantitativa, in assenza di qualsiasi prospettiva di ogni forma di controllo degli armamenti.

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