Nove mesi di stragi e bombe sull’Ucraina

Il ‘Generale Inverno’ non si è ancora presentato sul terreno – la prima neve è caduta su Kyiv (e su Mosca) soltanto alla fine di novembre, con notevole ritardo rispetto alla media stagionale – ma riempie già da settimane le interviste degli analisti e le relazioni degli esperti militari.

Il maltempo è stato citato come complicazione che ha rallentato di qualche giorno la controffensiva ucraina per la riconquista di Kherson, e come possibile ostacolo agli attacchi missilistici che la Russia scaglia contro l’infrastruttura energetica ucraina.

Mentre Kyiv mette in atto campagne di crowdfunding per i sacchi a pelo termici per i suoi soldati, Mosca preferisce arruolare il Generale Inverno nella sua campagna per terrorizzare i civili: i bombardamenti delle centrali elettriche e di riscaldamento, agli impianti idrici e alle reti di distribuzione hanno come obiettivo quello di lasciare gli ucraini al buio e al freddo, e costringere Kyiv a trattare un compromesso territoriale che l’esercito russo non riesce a conquistare sul terreno.

Kyiv: danni ai civili e black out programmati

La situazione è piuttosto grave: “quasi tutti i grandi impianti di produzione di elettricità termici e idrici sono stati danneggiati” dalle bombe russe, ammette il capo dell’ente nazionale Ukrenergo Volodymyr Kudritsky, che parla di “danni colossali”. Il premier ucraino Denys Schmyhal valuta il danno in 2 miliardi di dollari, e circa 70 squadre con mille tecnici sono al lavoro per riparare le infrastrutture colpite.

Praticamente in tutto il territorio ucraino si applicano black out programmati, necessari per risparmiare energia, ai quali si aggiungono gli spegnimenti d’emergenza, che scattano quando il sistema è sovraccarico. Mentre l’antiaerea ucraina viene rifornita di nuovi sistemi di produzione occidentale, resta l’incubo di un altro raid missilistico massiccio dei russi, che rischierebbe di aumentare il danno e colpire infrastrutture appena rimesse in funzione. Il responsabile europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità Hans Kluge ha parlato del rischio di una catastrofe umanitaria che porterebbe altri 3 milioni di profughi dall’Ucraina, mentre la vicepremier Irina Vereshchuk ha invitato gli ucraini rifugiati in Europa a non rientrare in patria prima della primavera.

Come va il confronto militare

A livello militare, gli aspetti meteorologici colpiscono entrambe le parti in misura più o meno identica. Sia gli ucraini che i russi sono stati addestrati alle “guerre invernali” fin dall’esperienza sovietica, e una gelata renderebbe in realtà il terreno molto più praticabile per i mezzi pesanti rispetto al fango della mezza stagione. È vero che entrambi gli eserciti hanno combattuto ferocemente in autunno per consolidare le linee in previsione dell’inverno, ma è abbastanza improbabile che la neve e il freddo “congelino” le ostilità.

L’Ucraina non ha nessuna intenzione di fermarsi e permettere ai russi di riprendere fiato, insegnando alle reclute appena mobilitate a combattere e rimpinguando i suoi magazzini di missili e droni di produzione iraniana.

Nemmeno Vladimir Putin può fermarsi: la sua posizione è sempre più difficile, lo scontento della popolazione e della classe dirigente aumenta, la crisi economica è sempre più pesante, e l’entrata in vigore a dicembre delle sanzioni sul petrolio dovrebbe chiudere una fonte cruciale di entrate russe, che le esportazioni accresciute verso l’Asia non riescono a colmare. Ma soprattutto, deve ricostruire la sua immagine di leader forte, irrimediabilmente distrutta dalla perdita di Kherson dopo appena un mese dalla sua “annessione” celebrata al Cremlino: una circostanza che i russi hanno praticamente ignorato, troppo presi dai sotterfugi per evitare la mobilitazione, ma che la nomenclatura russa invece ha registrato perfettamente.

“Nove mesi di bombe e stragi”

Il problema resta l’asimmetria di questa guerra, con un invasore che non si sente vincolato da nessuna legge, dalla morale e nemmeno dalla sua immagine nel mondo. I russi sono in ritirata costante ormai da più di tre mesi, e dopo la loro ritirata da Kherson il fatto che stiano perdendo è diventato evidente anche a molti politici e propagandisti del regime putiniano.

Putin non può vincere, ma deve mostrare al suo popolo di non aver perso, e il modo più plateale per farlo è quello di infliggere un danno enorme alla popolazione civile ucraina. Un’arma che Kyiv e i suoi alleati occidentali non vogliono e non possono utilizzare contro la Russia. Il ricatto dei civili al buio e al freddo, invece di spingere Zelensky al compromesso – come vorrebbe Putin – lo incentiva a incalzare la Russia per non lasciarle spazi di manovra. E il disastro militare, diplomatico e organizzativo (oltre che morale) di una guerra persa spinge il Cremlino a nuove ritorsioni contro l’Ucraina.

Difficile credere che i generali russi sperino davvero di costringere gli ucraini alla resa dopo nove mesi di bombe e stragi, e sicuramente anche a livello internazionale gli inviti al negoziato lanciati dai rappresentanti della diplomazia russa vengono immediatamente cancellati dalle piogge di missili che hanno come obiettivo quello di ridurre bambini, anziani e malati ucraini a vivere al buio, al freddo e senza acqua.

Si tratta però di una rappresaglia chiesta a gran voce dai propagandisti televisivi e digitali di un regime che equipara il compromesso alla debolezza e associa l’orgoglio nazionale al dominio sui vicini. Quello che non si riesce a conquistare va distrutto, e l’obiettivo di Putin a questo punto non è tanto vincere la guerra quanto mostrare ai suoi sostenitori più revanscisti di aver fatto pagare cara la sconfitta.

Foto di copertina EPA/STATE EMERGENCY SERVICE OF UKRAINE HANDOUT

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