Il Sud Globale ha perso il suo Papa. Il mondo ha perso la sua coscienza

Papa Francesco non era un liberale, ma ha incarnato uno spirito di solidarietà internazionale sempre più raro. La sua morte, avvenuta il giorno dopo l’incontro con il Vice-Presidente statunitense, JD Vance, ha assunto connotazioni ancora più sinistre quando la deputata Repubblicana Marjorie Taylor Greene – sostenitrice di Trump e autoproclamata “nazionalista Cristiana” – sembrava accogliere con favore la sua scomparsa come un “segno della sconfitta del male”.

A dispetto di una serie di tensioni con la Casa Bianca, Francesco non è stato affatto un liberale. Nonostante cercasse di astenersi dal giudicare l’omosessualità, ha espresso chiaramente la sua disapprovazione verso le riforme liberali della Chiesa Cattolica in Germania, che nel 2023 aveva stabilito che i dipendenti ecclesiastici non potessero essere licenziati sulla base del loro orientamento omosessuale o per essersi risposati dopo un divorzio. Su temi come l’aborto, l’eutanasia, i diritti delle donne e quelli LGBTQ+, Francesco ha deluso le grandi aspettative che i liberali e i progressisti avevano riposto in lui.

I liberali hanno anche criticato la sua posizione in merito alla guerra in Ucraina: Francesco sembrava simpatizzare con la narrazione russa del conflitto, suggerendo che fosse stata causata, riportando le sue parole, dall’“abbaiare della NATO alla porta della Russia”. Ciò non significa che fosse insensibile alla sofferenza ucraina: il pontefice, specialmente grazie agli sforzi del Cardinale Matteo Zuppi, ha instancabilmente cercato di mediare sulle questioni umanitarie legate alla guerra, a partire dai rapimenti di bambini ucraini da parte della Russia, per cui la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto per Vladimir Putin.

Il papa argentino è stato inequivocabilmente una delle voci più potenti del Sud globale, se non la più potente: non è stato solo il primo papa proveniente dall’America Latina, ma anche il primo non europeo a guidare la Chiesa da Papa Gregorio III, nato in Siria, nell’ottavo secolo.

Francesco è stato anche un papa guidato da principi saldi. Sulla questione del Medio Oriente, e in particolare a Gaza, ha sostenuto con fermezza l’urgenza di rispettare i diritti umani e il diritto internazionale. Ciò che colpiva non era solo la sua posizione morale, ma la sua irremovibile vicinanza alla sofferenza palestinese: ogni sera, anche quando era ormai fragile e malato, chiamava l’unica parrocchia cattolica nella devastata Striscia di Gaza.

Un pilastro fondamentale del pontificato di Francesco è stato il dialogo interreligioso, attraverso cui ha cercato di ripristinare i rapporti tra cristiani e musulmani dopo le frizioni causate da Benedetto XVI. Il suo impegno si è concretizzato in gesti storici: dalla prima visita di un pontefice nel Golfo alla firma di un documento sulla fraternità umana con i leader sunniti nel 2019. Un impegno che si è esteso anche agli Sciiti, con l’incontro storico a Najaf, in Iraq, con il Gran Ayatollah Ali al-Sistani nel 2021.

Francesco si è fatto papa del Sud globale anche grazie alla sua costante attenzione verso temi come salute, povertà, clima e migrazione. Nella sua enciclica del 2015, Laudato Si’, ha elevato la protezione ambientale allo stesso livello della giustizia sociale nella dottrina vaticana. Essendo figlio di migranti e portavoce degli ultimi, è stato severo nella sua critica all’ “Europa fortezza”. Il suo primo viaggio da pontefice è stato sull’isola di Lampedusa, al largo della quale decine di migliaia di migranti hanno perso la vita. Più recentemente, ha criticato le deportazioni di massa di Trump, contestando l’interpretazione distorta del principio cattolico ordo amoris da parte di Vance, secondo il quale la compassione dovrebbe essere mostrata prima alla propria famiglia e ai propri connazionali, e solo successivamente al resto del mondo.

Francesco ha parlato di questioni vicine a chi è stato lasciato indietro, sostenendo un livello di principi che raramente è stato dimostrato dai leader del Nord o del Sud globale, incarnando quello spirito di solidarietà internazionale che nacque con gli accordi di Bandung del 1955 e che oggi scarseggia dappertutto. Quando i 135 cardinali si riuniranno in conclave per scegliere il prossimo pontefice, ci sono buoni motivi per credere che la direzione apocalittica auspicata dal mondo dell’estrema destra MAGA non prevarrà. La Chiesa cattolica sotto Francesco è molto cambiata, e gran parte dei cardinali considerati “papabili” provengono dall’emisfero Sud o sono vicini alle cause promosse durante il suo papato. Raccogliere l’eredità di Francesco come voce coerente e radicata nei principi del Sud globale non sarà facile. Ma il mondo ne ha bisogno più che mai.

Direttore dell'Istituto Affari Internazionali, part-time professor alla School of Transnational Governance dell'European University Institute, professore onorario all’Università di Tübingen e amministratore non esecutivo e indipendente di Acea.

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