Il quadro strategico del conflitto

Dalla guerra russo-ucraina si possono trarre sei indicazioni a livello strategico. In primo luogo, la leadership russa è così solida, propensa al rischio e ossessionata dall’Ucraina da continuare una guerra di attrito su larga scala e ad alta intensità per due anni, nonostante i suoi enormi costi in termini di vite umane e risorse, i limitati guadagni territoriali ottenuti finora e lo stallo militare. Per il Cremlino e parte della società russa, la guerra assume una sorta di carattere esistenziale per ottenere il ripristino dello status di grande potenza della Russia, la fine dell’influenza occidentale nelle repubbliche ex sovietiche e, possibilmente, il disfacimento dell’unità europea e transatlantica.

Come si è arrivati allo stallo militare in Ucraina?

In secondo luogo, la Russia ha commesso una serie di errori di valutazione su diversi fattori chiave, tra cui la resilienza dell’Ucraina come Stato, le capacità delle proprie forze armate e il sostegno militare ed economico che Stati Uniti, Europa e Paesi alleati in tutto il mondo avrebbero fornito a Kyiv. Mosca ha anche commesso diversi errori in termini di pianificazione ed esecuzione della guerra, a livello sia strategico che tattico, che vanno dalla scarsa unità di comando – simboleggiata dalla vicenda della compagnia Wagner – a logistica, addestramento e dottrine rivelatesi carenti. Tuttavia, la Russia si è adattata ai fallimenti iniziali e ha compensato i propri sbagli con la mobilitazione e il sacrificio delle sue risorse umane e materiali ad un livello ben oltre l’invasione dell’Afghanistan durante la Guerra Fredda, contribuendo così allo stallo militare in corso dal 2023.

In terzo luogo, la potenza militare russa, impiegata in una guerra preparata a lungo e condotta senza rispettare principi dello ius in bello, non è riuscita ad occupare un Paese più piccolo e teoricamente più debole. La geografia, lo spirito, la leadership e l’organizzazione delle istituzioni ucraine, e nello specifico la formazione e i sistemi di comando, controllo e comunicazione delle forze armate, hanno compensato lo squilibrio di mezzi a favore della Russia – soprattutto durante i primi mesi dell’invasione, fermata con ben pochi aiuti occidentali. Anche questi elementi strutturali hanno fortemente contribuito allo stallo militare sul terreno. Inoltre, l’ampia integrazione di una grande quantità di droni abbastanza sacrificabili, prima nelle operazioni ucraine e poi in quelle russe, ha reso il campo di battaglia molto più “trasparente”, riducendo l’effetto sorpresa e potenziando ulteriormente le rispettive linee difensive.

Gli aiuti militari internazionali 

Un quarto punto riguarda il livello internazionale. L’Ucraina ha resistito all’invasione russa nella prima metà del 2022 senza un significativo sostegno militare dall’estero. In seguito, ha gradualmente ricevuto una grande quantità e varietà di equipaggiamenti, compresi artiglieria, veicoli corazzati, difese aeree, carri armati e sistemi missilistici, elicotteri e aerei da combattimento di epoca sovietica, nonché relative munizioni, pezzi di ricambio, supporto logistico e formazione – oltre a massicce e crescenti comunicazioni satellitari e capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione. Quantità e tempismo delle forniture sono stati discutibili e molto inferiori alle richieste di Kyiv, mentre l’eterogeneità dei mezzi provenienti dagli arsenali alleati è elevata e problematica. Tuttavia, nel complesso si tratta di uno sforzo a sostegno della difesa dell’Ucraina senza precedenti, del valore di oltre 90 miliardi di euro provenienti da 31 paesi donatori – oltre a 5,6 miliardi di euro stanziati dalle istituzioni dell’Ue – in meno di due anni. Senza un tale supporto militare ed economico, l’Ucraina non avrebbe potuto salvare oltre l’80% del suo territorio dall’invasione russa. Di conseguenza, sebbene non siano belligeranti, i Paesi donatori – in primis gli Stati Uniti, ma non solo – svolgono un ruolo importante nella definizione delle opzioni militari di Kyiv. Ad esempio, Washington ha di fatto posto il veto a significative operazioni ucraine nel territorio russo che impieghino mezzi occidentali, e limitato o evitato alcune forniture di sistemi d’arma, proprio per evitare un’escalation tra Mosca e la Nato. 

In quinto luogo, le forniture militari all’Ucraina hanno drasticamente prosciugato gli arsenali nordamericani ed europei, non adatti ad una guerra di logoramento prolungata e su larga scala. Due anni dopo l’inizio dell’invasione, Europa e Stati Uniti si trovano privati di gran parte delle loro scorte pre-2022 di determinati equipaggiamenti terrestri, non riescono a rimpiazzarle e allo stesso tempo aumentare il ritmo o il volume delle consegne all’Ucraina. In altre parole, una difesa da tempo di pace ed il relativo complesso industriale non si sono ancora adattati alla guerra in corso. Tale adattamento sarà lungo, costoso e difficile.

Ultimo, ma non per importanza, quello in Ucraina è un conflitto convenzionale tra due Paesi di cui uno è una potenza nucleare. Finora la Russia ha utilizzato la sua retorica nucleare principalmente contro gli alleati dell’Ucraina al fine di dissuaderli o quantomeno limitare il loro sostegno militare a Kyiv, con risultati in chiaroscuro. Sebbene il rischio remoto di un’escalation nucleare rimanga sul tavolo, la deterrenza degli Stati Uniti e della Nato ha efficacemente funzionato per limitare le opzioni di Mosca al solo ambito convenzionale e prevedibilmente continuerà a farlo. Ciò, a sua volta, ha permesso all’Ucraina di difendersi contro una forza militare russa più grande ma comunque comparabile. 

Questo articolo anticipa un capitolo dello studio IAI che sarà presentato in una conferenza pubblica a Roma il prossimo 20 febbraio.

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