Il Piano della Commissione non risolve la crisi nel Mediterraneo centrale

La Commissione Europea ha risposto alla crisi diplomatica fra Italia e Francia, scoppiata a seguito della vicenda della nave Ocean Viking, con un Piano d’Azione in 20 punti per affrontare la crescita degli arrivi irregolari lungo la rotta del Mediterraneo Centrale.

Le tempistiche del lancio di questo piano suggeriscono che si tratti tutt’al più di un tentativo da parte della Commissione di appianare le divergenze fra gli Stati membri esplose nelle ultime settimane e rassicurarli – in particolare l’Italia – sull’attenzione delle istituzioni europee.

Migrazioni: una risposta europea deludente 

La pubblicazione del piano anticipa infatti di pochi giorni il Consiglio Giustizia e Affari Interni straordinario convocato per venerdì 25 novembre proprio per discutere delle problematiche che hanno portato Roma e Parigi a una rottura particolarmente profonda.

Ancora una volta però, l’azione europea pare una reazione di breve respiro ed emergenziale rispetto alla sfida strutturale posta dalle migrazioni nel Mediterraneo. Il cambio di governo in Italia ha certamente riportato in primo piano il tema degli arrivi irregolari nel paese, ma il trend in crescita degli ingressi irregolari non è una novità di queste settimane: l’incremento continua infatti da ormai tre anni. In più, se è vero che nel 2022 sono arrivate sinora in Italia oltre 94 mila persone, solo una quota residuale è stata salvata e poi trasferita in Italia dalle navi delle ong.

Improvvisamente, per utilizzare le parole adottate dal Piano, questa situazione appare “non sostenibile”. È lecito quindi ipotizzare che, a fronte di problematiche consolidate sulla gestione delle migrazioni nel Mediterraneo, le ragioni della Commissione per intervenire ora siano prettamente politiche e volte ad appianare le tensioni fra due Stati membri chiave.

Cosa prevede il Piano

Il contenuto stesso del Piano non appare particolarmente innovativo in molti suoi punti. Tre sono i pilastri identificati dalla Commissione: l’approfondimento delle relazioni con i Paesi di origine e transito; un migliore coordinamento delle attività di ricerca e salvataggio in mare; l’implementazione dello schema di redistribuzione dei richiedenti asilo concordato da 18 Stati membri lo scorso giugno.

In generale, la Commissione con questo piano rimarca molte delle misure già previste dal Nuovo Patto sulle Migrazioni e l’Asilo, la cui approvazione – quantomeno in alcuni suoi contenuti fondamentali – è attesa prima della conclusione dell’attuale ciclo istituzionale europeo, nel 2024.

Approccio securitario 

Rimane centrale l’esternalizzazione delle politiche migratorie europee a carico dei Paesi terzi, specialmente in Nord Africa. In questo campo, gli elementi di novità non sono particolarmente accentuati e il Piano si limita a ribadire le direttrici lungo le quali si sono mosse le azioni europee negli ultimi anni.

Viene confermata ad esempio la necessità di cooperare con alcuni paesi chiave per rafforzarne le capacità di monitoraggio delle frontiere e gestione dei flussi migratori: non a caso, vengono citati, oltre alla Libia, Tunisia ed Egitto, i principali paesi di origine dei migranti giunti sulle coste italiane nel 2022.

Allo stesso modo, non cambia l’approccio securitario al tema migratorio, con un forte focus sulle partnership bilaterali contro i movimenti irregolari e il traffico di essere umani nel Mediterraneo: in questo caso, emerge comunque un potenziale elemento di novità rispetto al passato, costituito dal progetto di un coordinamento regionale mediterraneo. Viene poi rinnovato, da un lato, l’impegno europeo a collaborare con IOM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e UNHCR (Alto Commissariato Onu per i Rifugiati) su un programma di trasferimenti umanitari dalla Libia; dall’altro, si rilancia il crescente ruolo di Frontex nella gestione dei rimpatri, oltre che nei controlli alla frontiera esterna europea.

SAR: il nodo irrisolto

È sul tema delle operazioni di ricerca e salvataggio però che si è concentrata l’attenzione dell’Italia. Su questo capitolo, la Commissione pare voler recepire le preoccupazioni italiane, ma allo stesso tempo non offre – e non può offrire, in questa fase – delle risposte concrete che soddisfino la principale richiesta di Roma, ossia che i paesi di bandiera delle navi delle ong si facciano carico dell’accoglienza dei migranti salvati in mare.

La Commissione in primo luogo ricorda che il salvataggio in mare è un obbligo che prescinde dalle motivazioni per cui le persone in difficoltà abbiano intrapreso il viaggio: il fatto che siano migranti non incide quindi sugli obblighi di quei paesi – come l’Italia – che si affacciano sul Mediterraneo. Allo stesso tempo, il Piano sembrerebbe accogliere le istanze italiane auspicando migliore coordinamento e scambio di informazioni fra i paesi di bandiera e quelli costieri.

È evidente tuttavia come questo approccio sia ben lontano da quanto richiesto dall’Italia, che vorrebbe essere sgravata dagli obblighi di accoglienza. Uno spiraglio per le aspettative italiane viene lasciato aperto dalla richiesta rivolta all’Organizzazione Marittima Internazionale di elaborare delle linee guida per il trattamento delle navi private con un’esplicita funzione di ricerca e salvataggio.

Anche la Commissaria Ylva Johansson ha rimarcato come la fattispecie di navi private attive in questo tipo di attività non fosse contemplata, al momento della stesura, dalle regole applicabili del diritto del mare attualmente in vigore e andrebbe quindi chiarita. Implicitamente, si riconosce però l’impossibilità dell’Ue di agire sugli obblighi internazionali pendenti sull’Italia.

Nessuna novità sul ‘meccanismo di solidarietà’

Roma attendeva dei passi in avanti concreti sul meccanismo di solidarietà temporaneamente sospeso dalla Francia nelle scorse settimane. Il Piano si limita a richiamare i contraenti a mettere in pratica i ricollocamenti di richiedenti asilo dai paesi di primo arrivo sul Mediterraneo, o a prevedere altre forme di solidarietà, soprattutto finanziaria. Come ha però dimostrato la crisi fra Francia e Italia, questo schema, oltre che avere una durata solamente annuale, è volontario e può essere sospeso unilateralmente in ogni momento.

Inoltre, i numeri di richiedenti asilo ricollocati sarebbero comunque limitati rispetto agli arrivi irregolari in Italia. Allo stesso tempo, altri paesi europei come Francia e Germania denunciano i movimenti secondari dei richiedenti che dovrebbero essere registrati nei paesi di primo arrivo e sottolineano la propria ‘solidarietà di fatto’ con paesi come l’Italia, dato l’elevato numero di richieste d’asilo ricevute sul proprio territorio (più del doppio in Francia rispetto all’Italia nel 2021).

Difficile prevedere dunque che un Piano come quello proposto della Commissione possa superare queste profonde divisioni politiche sul fronte migratorio, che finora hanno compromesso qualsiasi tentativo di accordo strutturale fra gli Stati membri dell’Ue. Ma, d’altro canto, a Bruxelles non pare nemmeno essere questo l’obiettivo in questa fase.

Foto di copertina TWITTER/SOS MEDITERRANEE

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