Il bivio energetico dell’Europa

La storia dell’Unione Europa è una storia di associazione e collaborazione che ha avuto il suo principale motore nell’energia: l’integrazione europea, avviatasi con la fusione di sei stati nella Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e nata nel 1951 al fine di promuovere la crescita economica e prevenire i conflitti, ha visto una crescente collaborazione nel campo energetico che ha portato poi gli stessi paesi a creare nel 1957 la Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA) in seguito alla Crisi del Canale di Suez.

Sembra, però, essere proprio la più recente sfida lanciata dalla Russia di Putin, con l’invasione dell’Ucraina e il susseguirsi di sanzioni, a porre l’Unione Europea definitivamente di fronte a un bivio: continuare a lavorare di concerto tra paesi membri al fine di sormontare e risolvere collegialmente l’ennesima sfida a sfondo energetico o essere testimoni inermi dello sbriciolarsi dell’Unione?

Divide et impera

I primi passi compiuti dall’Unione al fine di fronteggiare la negazione di ulteriori forniture di gas da parte della Russia, suggeriscono uno sforzo corale e di solidarietà europea: l’Unione ha infatti lanciato il piano REPowerEU, con l’obiettivo di eliminare gradualmente le importazioni di gas russo entro il 2027. Il piano mira a ridurre la dipendenza europea dall’energia russa attraverso la diversificazione, in particolare sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL), e promuovere la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili e l’efficienza energetica.

Tuttavia, il piano, per essere effettivo, richiede estrema coordinazione tra gli Stati Membri e l’accettazione della guida unitaria della Commissione Europea. La sfida diventa, quindi, riuscire a promuovere una integrazione e collaborazione tali da non lasciare che gli Stati membri si facciano risucchiare dall’aspra competizione presentata dal mercato internazionale del gas, con il solo scopo di garantire una quantità di gas sufficiente per i propri cittadini e le proprie imprese in vista dell’inverno, dando così priorità agli interessi nazionali e minando inevitabilmente l’unità e la solidarietà dell’UE. 

L’Unione è già riuscita a mettere in campo azioni coesive di successo per affrontare problematiche globali mettendo da parte lo stimolo ad agire singolarmente e per tutelare i propri interessi nazionali: la stessa sfida climatica ha visto un generale accordo europeo tendere verso un’azione univoca e congiunta.

Gli Stati membri, infatti, hanno da tempo deciso di combattere il cambiamento climatico insieme: la sostenibilità è diventata una missione cruciale dell’Europa, perfettamente rappresentata dal Green Deal europeo. L’alternativa – già sperimentata – alla solidarietà europea sono politiche di “beggar-thy-neighbour” viste in occasione di altre crisi, come la crisi dei rifugiati nel 2015, quando gli Stati membri hanno momentaneamente sospeso le regole di Schengen, o subito dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19 nel 2020, quando gli Stati si sono contesi l’accesso ai dispositivi di protezione sospendendo i viaggi.

Rafforzare l’architettura europea 

L’attuale crisi energetica può collateralmente essere interpretata come un’occasione per rafforzare l’architettura europea. L’energia è una materia di competenza comune, secondo quanto prescritto dall’articolo 194 TFUE, e l’attuale crisi del gas dovrebbe fungere da stimolo per i governi europei al fine di migliorare la propria integrazione energetica sulla base di tre concetti: sicurezza energetica, accessibilità economica e sostenibilità

L’organo europeo che più di tutti dovrebbe occuparsi di guidare un processo di definitiva integrazione energetica è la Commissione Europea, la quale sta lavorando al piano “Save gas for a safe winter” al fine di stimolare gli stati membri a ridurre le proprie domande di gas del 15%. La Commissione dovrebbe, però, sicuramente iniziare a lavorare anche a una riforma strutturale del mercato dell’elettricità al fine di incitare gli Stati membri alla massima solidarietà e applicando gli insegnamenti tratti dal Recovery plan europeo approvato in tempo di pandemia. 

L’attuale crisi conferma che i paesi e le istituzioni europee sono chiamati a rinnovare e migliorare l’integrazione politica ed energetica del blocco. Questo è fondamentale per aumentare l’interconnettività,  per spostare l’energia dagli Stati meno vulnerabili a quelli più vulnerabili, oltre che per rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri in caso di interruzioni delle forniture. Tali misure contribuiranno inoltre ad armonizzare le norme e i piani intra-UE per proteggere le famiglie e le imprese, rafforzando così anche le istituzioni e i quadri europei, come il mercato interno dell’energia dell’UE.

Il futuro dell’unione energetica

L’unità europea non dovrebbe essere applicata solo alle priorità energetiche più urgenti di oggi, come il gas. L’Ue dovrebbe iniziare a considerare in modo proattivo misure comuni per proteggersi dai futuri e potenziali rischi per la sicurezza nel lungo cammino verso la transizione energetica come, ad esempio, la creazione di uno stock europeo comune per le materie prime critiche e altri prodotti di base essenziali per le tecnologie di decarbonizzazione.

L’unità e la solidarietà sono risposte fondamentali alla luce della guerra di Putin. È in gioco il progetto europeo. Un coordinamento rafforzato ed efficace tra gli Stati membri dell’UE determinerà non solo il futuro panorama energetico europeo, ma anche il peso politico dell’UE sulla scena internazionale.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ

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