Gorizia e Nova Gorica, storia di città divise ma unite nella cooperazione

La parola confine è articolata. Essa racchiude, dentro di sé, tante sfaccettature dell’essere umani, da quelle puramente geografiche a quelle umane e personali. Tuttavia, ai nostri giorni, essa è spesso manipolata usata indiscriminatamente da tutte le forze politiche.

Spesso si tende a considerare il confine una vestigia del passato, oppure se ne predica il ritorno. Ma il confine non è solo una parola: il confine esiste, e ci sono persone che lo abitano. Attraverso il caso di uno di essi, il confine italo-sloveno a Gorizia, si può capire se il confine in sé ha effettivamente perso valore, nel mondo di oggi, oppure conserva ancora tracce del suo significato.

Due città e il loro muro

La storia di Gorizia come città divisa inizia nel 1947. In questa sede, si stabilì che il confine tra l’Italia e la neonata di Jugoslavia doveva correre proprio lungo la città, separando il centro storico, che rimaneva all’Italia, dalla stazione ferroviaria Transalpina e alle zone di periferia, che passavano invece sotto il controllo della Jugoslavia.

Per dividere i due paesi, venne eretto quello che poi divenne celebre come “il muro di Gorizia“, una sorta di predecessore di quello ben più famoso di Berlino. Per volere di Tito, poi, è stata costruita una città in Jugoslavia, che doveva fungere da contraltare di Gorizia: Nova Gorica.

Le frontiere resteranno completamente chiuse con una sola, significativa eccezione: domenica 13 agosto 1951, “la domenica delle scope”. In occasione dell’anno santo, infatti, Tito aveva deciso di concedere agli abitanti di Nova Gorica di incontrare i loro cari a Gorizia. Una fiumana di gente si ritrovò così a Casa Rossa, storico valico di confine, per rivedere i parenti. Centinaia di persone si riversarono in Italia per fare acquisti, per depositare risparmi in banca, o anche per assistere alla messa, impossibile in Jugoslavia.

La sera fecero tutti ritorno oltre al muro, ma questa giornata è rimasta per anni nella memoria di tutti, a testimonianza della vicinanza tra i due popoli, nonostante per la geopolitica fossero in due blocchi separati. L’apertura territoriale avviene gradualmente, a partire dal 1962, con la stipula degli Accordi di Udine. Con i trattati di Osimo del 1975, si stabilisce poi l’inizio ufficiale di una collaborazione tra Italia e Jugoslavia.

Il primo esempio di integrazione amministrativa tra le due città risale al 1964, che portò nel 1998 alla firma di un “Protocollo di collaborazione” a cui, nel 1999, si è aggiunta anche l’amministrazione del comune di Sempeter-Vortojba, scissosi da Nova Gorica. Nel 2002 il rapporto tra i tre comuni si è rafforzato ancora di più con la creazione delle “Tre giunte”, che periodicamente si riuniscono per discutere sui progressi che hanno interessato i tre comuni. Il punto di contatto è l’Ufficio Transfrontaliero, istituito per facilitare i lavori di cooperazione soprattutto per quanto riguarda la discrasia linguistica e legislativa.

Il rapporto tra i due paesi ha però subito una vera svolta nel 2004, quando la Slovenia entrò nell’Unione Europea, e poi ancora nel 2007, quando aderì all’area Schengen. Per la prima volta, il valico di Casa Rossa rimane senza controlli, e la recinzione che separava a metà la piazza transalpina viene abbattuto.

I progetti di cooperazione 

Da questo momento in poi si moltiplicano i progetti finanziati dalla comunità. Un esempio è il progetto Interreg V-A Italia Slovenia, finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo delle Regioni con 90 mln di euro. Questo progetto coinvolge cinque regioni italiane e cinque slovene, con lo scopo finale di “Promuovere l’innovazione, la sostenibilità e la governance transfrontaliera per creare un’area più competitiva, coesa e vivibile”. Nel 2011 è nato il GECT GO, Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale; tra tutti, questo è un unicum, poiché formato da un comune italiano, Gorizia appunto, e i comuni sloveni di Nova Gorica e Sempeter. Questo ente con personalità giuridica, inoltre, ha ottenuto la delega da parte dei tre comuni per decidere quale normativa applicare per la realizzazione di appalti, superando così discrasia burocratica.

E se il confine tornasse oggi? Per rispondere non è necessario inventare: nel febbraio 2020 il confine è stato chiuso a causa della pandemia. In Piazza Transalpina è tornata la recinzione. Questa divisione ha rimarcato ancora quanto il confine fisico sia ormai completamente anacronistico, soprattutto per le nuove generazioni che abitano queste zone, che hanno sempre vissuto senza barriere. D’altra parte però, ha fatto riflettere sulle differenze culturali che ancora separano queste due nazioni. È possibile convenire che i cittadini italiani e sloveni intorno all’Isonzo hanno imparato a convivere, ma il vivere insieme ha ancora molta strada da fare. Per fare questo ulteriore passo, Gorizia e Nova Gorica hanno oggi un’altra importante possibilità: sono infatti state nominate insieme Capitale Europea della Cultura 2025, e riceveranno fondi per dare vita a nuovi progetti di integrazione europea, come la pista ciclabile transfrontaliera.

La riunificazione di questi due territori sotto l’egida dell’Unione Europea non ha cancellato le differenze culturali fra queste due nazioni, ma le ha senz’altro messe in contatto, creando una collaborazione positiva. In questo contesto, il motto dell’Unione Europea, “Uniti nella diversità” rappresenta una perfetta esemplificazione di cosa sia il confine oggi; esso ormai non è più una barriera fisica, ma persiste come concetto nella mente dei cittadini per indicare differenti abitudini di vita.

La sopravvivenza del confine non avviene però in un ambito di conflitto, ma seguendo una logica di integrazione, sperando un giorno di abbattere anche la frontiera culturale. L’idea di confine è destinata a diventare sempre più labile, ma se ancora persiste, esso non si può definire ancora sorpassato. L’estinzione dei confini avverrà solamente quando una spinta dal basso deciderà che ormai saranno inconsistenti.

 width=Il Premio IAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967

 

Le posizioni contenute nel presente articolo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

L’autrice è una dei finalisti del Premio IAI “Giovani talenti per l’Italia, l’Europa e il mondo”. I loro saggi,sul tema “I confini in un mondo interconnesso” saranno pubblicati nelle collane editoriali dello IAI. I primi tre classificati avranno l’opportunità di discutere le proprie idee in un evento con personalità del mondo politico, culturale, scientifico, che si svolgerà a novembre.

Foto di copertina ANSA/UFFICIO STAMPA COMUNE GORIZIA

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