Una situazione estremamente complessa si presenta al primo ministro giapponese, da poche settimane confermato dal Parlamento, Shigeru Ishiba, e alla nuova leadership del suo partito a urne chiuse e spoglio elettorale ultimato. Il Partito liberaldemocratico (PLD) ha infatti perso la maggioranza assoluta nella Camera bassa della Dieta nazionale. Non succedeva dal 2009, anno in cui la formazione politica, al governo del Giappone quasi ininterrottamente dal 1955, finì all’opposizione aprendo la strada alla prima amministrazione monocolore di un partito concorrente, l’ormai defunto Partito democratico del Giappone.
Pur restando il primo partito a livello nazionale, il PLD di Ishiba ottiene “appena” 191 seggi, 42 al di sotto della soglia della maggioranza assoluta di 233 su 465 totali nella Camera dei Rappresentanti. Non bastano i 24 seggi ottenuti dal partito alleato Kōmeitō a garantire al primo ministro uscente la riconferma. Entro i prossimi trenta giorni la Dieta dovrà riunirsi in seduta speciale per confermare l’attuale primo ministro o incaricarne uno nuovo, in una situazione in cui nemmeno il primo partito dell’opposizione il Partito democratico costituzionale (PDC) di Yoshihiko Noda sembra avere i numeri per governare.
Ishiba e un nuovo assetto di maggioranza
Al momento, nonostante la relativa debacle elettorale, il PLD resta il favorito per guidare il processo di formazione di un nuovo governo: lo stesso Ishiba si è infatti dichiarato disponibile a proseguire il suo incarico a capo del governo.
Sempre lui, ricevuto l’incarico dal parlamento a inizio ottobre, aveva voluto sciogliere la Camera bassa e indire nuove elezioni, per, a suo dire, sottoporre la sua leadership emersa da processi interni al suo partito al giudizio popolare. Aveva così scommesso sulla sua credibilità di politico “pulito” e underdog della scena nazionale.
Ora però la strada è tutta in salita. Da un lato, Ishiba deve trovare un nuovo assetto di maggioranza e, dall’altro, rinsaldare i ranghi interni al PLD ricostituendo la propria legittimità come leader in un contesto caratterizzato dalla competizione tra correnti e fazioni interne.
Se sul primo punto il PLD potrebbe contare su appoggi esterni, in particolare dal Partito democratico per il popolo (Kokumin minshutō), su politiche specifiche, sul fronte interno al partito le richieste di rimpasto delle cariche di vertice sono destinate a farsi più pressanti. Eletto presidente lo scorso 27 settembre alle primarie del partito per una manciata di voti contro la sfidante ultraconservatrice Sanae Takaichi, Ishiba ha nominato nelle cariche principali interne al partito esponenti a lui vicini o che lo avevano sostenuto nel corso delle primarie, mettendo ai margini i suoi avversari – tra gli altri, l’influente ex Primo ministro e ministro delle Finanze Tarō Asō. Ora è probabile che la scarsa performance elettorale del PLD darà nuovo impulso agli ultraconservatori ostili alla nuova dirigenza del partito.
Lo scandalo economico e la possibile alleanza tra opposizioni
Per l’opinione pubblica, invece, è soprattutto l’onda lunga dello scandalo della mancata rendicontazione di contributi politici per un totale di circa 600 milioni di yen (pari a 3,6 milioni di euro) a incidere pesantemente sull’immagine del partito. Il caso, emerso a fine 2023, ha coinvolto decine di esponenti del PLD, anche ad alto livello, e spinto la leadership del partito ad adottare misure sanzionatorie contro figure legate, in particolare, all’ex primo ministro Shinzō Abe, ucciso in un attentato nel 2022. Negli ultimi giorni, inoltre, il segretario generale del PLD Hiroshi Moriyama ha ammesso che nel corso della campagna elettorale, durata appena venti giorni, il partito aveva sostenuto economicamente alcuni candidati presentatisi da indipendenti perché oggetto di sanzioni.
Queste ultime rivelazioni avrebbero contribuito a far convergere voti di protesta verso il PDC, che con 148 seggi è la prima forza di opposizione. Il partito di orientamento conservatore moderato incassa sullo scontento di parte dell’elettorato dell’PDL, accusato di essersi sottratto alle proprie responsabilità sullo scandalo di corruzione e aver sviato l’attenzione pubblica. Il leader del PDC Noda ha annunciato, a stretto giro dalla fine dello spoglio, di voler avviare colloqui con le altre forze d’opposizione per formare un nuovo governo.
Nei giorni scorsi, Ishiba aveva dato l’impressione di aspettarsi l’esito di questa tornata elettorale. “Ci troviamo in una situazione sinceramente complessa”, aveva spiegato durante un comizio. “Non sappiamo se la nostra coalizione con il Kōmeitō riuscirà ad ottenere la maggioranza dei seggi. Sarà una lotta testa a testa”, aveva aggiunto, sottolineando, però, di essere risoluto a proseguire con il proprio programma di governo. Ma la sua insistenza sul concetto di “difendere” (mamoru, in giapponese) – un sistema di norme affidabili e valide per tutti, le pari opportunità per giovani e donne e il territorio nazionale – sembra non essere bastata a convincere un elettorato disilluso – l’affluenza è tra le più basse del dopoguerra, al 53,1% – e preoccupato dall’aumento del carovita e delle tasse per finanziare una crescente spesa pubblica.
Ripercussioni per l’Europa e l’Italia
Al di là delle scelte in materia economica a fronte di un rapido invecchiamento della popolazione e di un conseguente aumento del peso del welfare sulla finanza pubblica, sarà opportuno osservare come il Giappone si collocherà negli assetti strategici regionali e globali. Le conseguenze delle scelte di Tokyo ricadranno, tra l’altro, anche sull’UE e sull’Italia. Nel corso del 2022, con l’amministrazione guidata da Fumio Kishida, oltre a dimostrare il proprio allineamento con Stati Uniti e Unione europea sul conflitto russo-ucraino, Tokyo ha rivisto la propria postura di difesa, espandendo le proprie capacità di deterrenza, interoperabilità e di contrattacco strategico. Alla fine dello stesso anno, Tokyo ha annunciato lo sviluppo congiunto con Gran Bretagna e Italia di un caccia di sesta generazione (Global Combat Air Programme, GCAP).
In questo scenario, nascono anche le proposte avanzate da Ishiba sulla revisione dell’accordo sulle basi militari statunitensi in Giappone (Status of Force Agreement, SOFA) tra Tokyo e Washington, e sulla creazione di una “NATO asiatica” come strumenti di deterrenza alle minacce esterne (Cina, Russia e Corea del Nord) e di riequilibrio degli assetti nell’alleanza tra i due paesi. L’attuale fase di incertezza sia a livello politico interno, sia sul piano internazionale con le presidenziali USA alle porte, porterà probabilmente a un rinvio delle due iniziative a data da destinarsi.