Diplomazia, genere e diversità nel cyberspazio

Nel maggio scorso si è tenuta la prima International Conference On Cyber Diplomacy, aperta dal Vicesegretario Generale della Nato, Mircea Geoană. La Conferenza ha spaziato dal processo di governance nel dominio digitale, al rischio di disruption nelle catene di approvvigionamento, alle minacce ibride che colpiscono il cyberspazio. Assente invece il tema delle diseguaglianze nella diplomazia cibernetica in generale, e delle politiche di genere in particolare.

Fare diplomazia nel cyberspazio

È possibile considerare la diplomazia cibernetica una nuova forma della diplomazia “tradizionale”, che consiste nell’esercizio della funzione diplomatica nel cyberspazio. Obiettivo della diplomazia cibernetica è stabilire norme che regolino il comportamento di attori statali e non statali in questo dominio, incoraggiare cooperazione tra paesi partner al fine di ridurre tensioni e diminuire le probabilità di conflitto, e risolvere crisi e problemi qualora ne emergano.

Le attività condotte dai diplomatici digitali includono, ad esempio, la costruzione di partnership e alleanze mirate alla formulazione di una risposta comune a minacce cibernetiche, l’elaborazione di misure mirate allo sviluppo di capacità e l’aumento della fiducia (capacity- and confidence-building), e l’adempimento del rispetto dei diritti umani nel cyberspazio.

La diplomazia digitale è la forma di diplomazia maggiormente multi-stakeholder, in quanto prevede la partecipazione attiva di governi, settori industriali e società civile alle sue attività. Privo di barriere e confini, il cyberspazio non può infatti essere gestito da un unico paese, compagnia o organizzazione, ma è necessaria una collaborazione tra le parti. Ne consegue che ciò che avviene in questo dominio, compresa l’attività diplomatica, può avere un impatto significativo su diverse sfere – dai rapporti industriali alla cooperazione tra stati.

Così come altre forme di diplomazia, la diplomazia cibernetica lavora verso il raggiungimento di un terreno comune tra i soggetti coinvolti, che permetta di elaborare soluzioni multilaterali.

L’importanza delle politiche di genere

Per permettere un corretto svolgimento delle funzioni sopracitate, è fondamentale garantire un ambiente vario e inclusivo. Questo comprende appropriate politiche di genere. A tal proposito è importante sottolineare il concetto di genere non è binario, ma include ogni tipo di identità che non si limita al genere maschile o a quello femminile.

Nonostante negli ultimi tempi il dibattito sui diritti di genere sia sempre più diffuso, la diversità di genere nel dominio cibernetico è meno presente. Oggi, la diplomazia cibernetica è ancora alquanto carente in termini di rappresentanza di genere. Più in generale, l’intera sfera digitale presenta lacune da questo punto di vista, considerando che tre quarti dei professionisti del settore sono uomini – un dato che si conferma anche nei paesi dove le politiche di uguaglianza di genere sono più avanzate e progressiste.

All’inizio degli anni 2000, le Nazioni Unite hanno formato sei gruppi di lavoro di esperti governativi che analizzassero gli sviluppi nel campo della sicurezza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Tuttavia, questi gruppi erano per l’80% di genere maschile.

Anche a livello europeo si segnalano carenze da questo punto di vista, con il Cyber Diplomacy Toolbox dell’Ue che si limita a invocare un cyberspazio che sia open, free, stable, secure, ma senza dedicare spazio a riflessioni su misure di gender diversity.

Perché parlare di genere?

Numerosi vantaggi potrebbero tuttavia derivare da una maggiore attenzione alle questioni di genere in questo settore. Ad esempio, la diplomazia cibernetica può rivelarsi un utile strumento per ridurre le tensioni in caso di pericolo di conflitto, e studi hanno provato come la diversità di genere in negoziazioni di pace aumenta non solo la probabilità che si raggiunga un accordo, ma anche che l’accordo stesso perduri nel tempo.

Inoltre, se da un lato la diversità di genere favorisce il raggiungimento di pace e stabilità, dall’altro è più probabile che delegazioni che includono persone diverse tra loro prendano in considerazione la prospettiva di genere nei propri dibattiti – diventando così non solo portatori di interesse, ma anche rappresentati e sostenitori della causa stessa.

Da ultimo, adottare la cosiddetta gender lens nel dominio cibernetico permette di comprendere come dinamiche che avvengono nel “mondo reale” siano esacerbate da divari di genere che persistono in quello digitale.

Un nodo da sciogliere

Il punto fondamentale, nel mondo virtuale come in quello reale, è che la diversità di genere è fondamentale per il corretto funzionamento delle società democratiche. Non è però sufficiente limitarsi ad includere persone che si identificano in generi diversi nella stessa stanza, ma è necessario attuare sia misure di equality che misure di equity: nel primo caso, si tratta di assicurarsi che pari risorse e opportunità siano garantite ad ogni persona; nel secondo, di riconoscere che diverse persone possano necessitare di attenzioni e servizi particolari, proprio in virtù della loro diversità.

In altre parole: è solo una questione di apparenza? O l’ambiente di lavoro è realmente privo di norme implicite e comportamenti discriminatori verso persone che si riconoscono in generi diversi? Prendere in considerazione questi fattori e agire di conseguenza è fondamentale non solo per permettere l’accesso a determinati ambienti di lavoro, ma anche per assicurarsi che persone che appartengono a minoranze, anche di genere, rimangano in tali ambienti.

Opere di sensibilizzazione generale sono senz’altro utili e alla base del cambiamento, ma affinché tale cambiamento possa concretizzarsi è necessaria una volontà politica e una chiara strategia esecutiva, che deve necessariamente manifestarsi a livello istituzionale.

Foto di copertina EPA/CLEMENS BILAN

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