Il doppio standard e lo sport

Recentemente, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha accusato il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e la Federazione Internazionale del Calcio (FIFA) di applicare un doppio standard nei confronti di Russia e Israele – una preoccupazione condivisa da molti. Nel febbraio 2022, la Russia è stata immediatamente esclusa dallo sport internazionale per aver violato la Tregua Olimpica; a ciò si è aggiunta la condanna per l’annessione delle organizzazioni sportive nei territori ucraini occupati nell’autunno 2023.

Israele, invece, non ha finora dovuto affrontare provvedimenti simili, nonostante le ripetute accuse per le uccisioni di civili e la distruzione delle infrastrutture sportive a Gaza. La domanda sorge quindi spontanea: se il CIO applicasse a Israele lo stesso ragionamento utilizzato per escludere la Russia, quali sarebbero le implicazioni? Per rispondere, sulla base delle evidenze disponibili per il periodo febbraio 2022-settembre 2025, ricostruiamo punto per punto le motivazioni alla base delle misure sanzionatorie introdotte contro la Russia, verificandone poi la sussistenza o meno nel caso della condotta israeliana a Gaza e nei confronti dello sport palestinese in generale.

Violazione della Tregua Olimpica

La giustificazione principale per la tempestiva azione del CIO contro la Russia è stata l’aver violato la tregua olimpica invadendo l’Ucraina. Già il 24 febbraio 2022, il Comitato Olimpico ha condannato ufficialmente l’attacco russo come una grave violazione della Tregua Olimpica indetta per i Giochi Invernali di Pechino. Dal 1993, la Tregua viene infatti adottata per consenso dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con l’obiettivo di sospendere le ostilità e promuovere la pace durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici. Inoltre, sempre facendo riferimento alla “palese violazione della Tregua Olimpica”, il CIO ha revocato immediatamente anche le Onorificenze Olimpiche conferite ai massimi dirigenti politici russi. La FIFA si è accodata a stretto giro, ribadendo solidarietà all’Ucraina, sottolineando che la sospensione della Russia fosse coerente con i principi fondamentali del rispetto dei popoli e riaffermando che guerra e violenza non hanno posto nello sport.

In maniera analoga, la campagna militare israeliana a Gaza ha attirato accuse di violazione della Tregua Olimpica. In quanto membro a pieno titolo dell’ONU, Israele aveva partecipato all’adozione della Tregua per i Giochi di Parigi 2024, approvata a novembre 2023 senza voti contrari dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tuttavia, nel luglio 2024, durante i Giochi Olimpici di Parigi, Israele ha effettuato ripetuti bombardamenti su Gaza, compreso un attacco aereo su una scuola vicino a Deir al-Balah, che avrebbe causato almeno 30 morti e oltre 100 feriti (tra cui bambini).

In quella circostanza, il CIO non ha dichiarato formalmente alcuna violazione della Tregua Olimpica da parte israeliana, nonostante funzionari ONU avessero all’epoca già raccolto numerose prove che gli attacchi israeliani potevano essere considerati incompatibili con il diritto umanitario internazionale e dunque contrari allo spirito di pace della Tregua. A settembre 2025, la Commissione d’inchiesta indipendente del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU ha concluso che Israele ha commesso a Gaza violazioni che rientrano nei termini della definizione legale di genocidio.

In breve, le azioni israeliane minano direttamente l’appello simbolico alla sospensione delle ostilità rappresentato dalla Tregua Olimpica e mettono quindi in discussione lo stesso principio in base al quale la Russia è stata a suo tempo sanzionata.

Minaccia ai principi fondamentali della Carta Olimpica

Un’altra motivazione per l’esclusione della Russia è stata che l’invasione ha violato i principi fondamentali enunciati nella Carta Olimpica. L’Olimpismo, recita la Carta, mira a porre lo sport al servizio dello sviluppo armonioso dell’umanità, con l’obiettivo di promuovere una società pacifica attenta alla dignità umana. Le azioni della Russia sono state considerate in contraddizione diretta con questo mandato etico.

Allo stesso modo, la campagna militare israeliana a Gaza contrasta con i principi fondamentali della Carta. Indagini indipendenti hanno documentato un altissimo numero di vittime civili: oltre 60.000 palestinesi uccisi, tra cui almeno 662 atleti, secondo alcune fonti. La Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di arresto contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e contro l’umanità nel conflitto a Gaza. Israele respinge tali conclusioni come faziose e sostiene che le sue azioni siano autodifesa legittima. Tuttavia, l’entità delle perdite civili solleva la stessa domanda posta dal CIO nel 2022 di fronte all’invasione russa dell’Ucraina: la condotta israeliana è compatibile con i valori fondamentali dell’Olimpismo?

Violazione della giurisdizione di altri organismi sportivi

Un’ulteriore giustificazione legale per l’esclusione della Russia è stata il fatto che il Comitato Olimpico Russo ha incorporato nel 2023 le organizzazioni sportive regionali dei territori ucraini annessi. Il CIO ha sostenuto – e il Tribunale Arbitrale dello Sport ha confermato – che ciò rappresenta una violazione della giurisdizione del Comitato Olimpico Ucraino, poiché quelle regioni non sono riconosciute internazionalmente come parte della Russia.

Sulla base dello stesso principio, anche Israele può essere ritenuto in violazione delle regole delle organizzazioni sportive internazionali. Alcuni club calcistici israeliani hanno sede o giocano in insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata, territorio non riconosciuto come parte di Israele. Le organizzazioni sportive palestinesi denunciano da anni che l’inclusione di tali club viola la loro giurisdizione territoriale, questione sottolineata anche in una recente lettera di esperti alla FIFA. Poiché il Comitato Olimpico Palestinese e la Federazione calcistica palestinese sono pienamente riconosciuti a livello internazionale dagli anni ’90, l’incorporazione di squadre con sede nei loro territori all’interno delle organizzazioni sportive israeliane contraddice le regole di governance internazionale esattamente come nel caso Russia-Ucraina.

Tutela del benessere degli atleti

Nell’escludere Russia e Bielorussia, il CIO ha sostenuto che ciò fosse necessario per tutelare l’integrità delle competizioni e la sicurezza degli atleti. Altrimenti, gli atleti russi avrebbero potuto continuare a gareggiare mentre molti ucraini non potevano nemmeno allenarsi o partecipare alle gare a causa dell’invasione. Fonti ucraine riportano che quasi 600 sportivi ucraini sono stati uccisi dalla Russia nel periodo che va dall’inizio della guerra sino a marzo 2025 – è dunque impensabile che gli atleti ucraini possano affrontare rivali russi senza ulteriori sofferenze emotive.

Nel frattempo, la guerra israeliana a Gaza ha distrutto le fondamenta dello sport palestinese, creando condizioni di disuguaglianza ancora peggiori di quelle citate dal CIO per l’Ucraina. I bombardamenti hanno raso al suolo stadi e impianti, lasciando gli atleti senza strutture. Centinaia di sportivi palestinesi sono morti, tra cui Suleiman Al-Obeid, il “Pelé palestinese”. Molti sopravvissuti hanno perso compagni di squadra, case e la possibilità di allenarsi. Numerosi atleti sfollati vivono in campi profughi senza attrezzature né spazi sicuri.

In breve, la logica usata per bandire la Russia si applica anche – e ancor più – a Israele: gli atleti palestinesi hanno subito traumi, perdite e la distruzione totale delle loro infrastrutture sportive, mentre gli atleti israeliani hanno continuato a gareggiare a livello internazionale senza interruzioni significative.

Rischio di boicottaggi

Il CIO e altre organizzazioni (FIFA, UEFA, World Athletics) hanno giustificato l’esclusione della Russia anche sulla base del rischio di boicottaggi, che avrebbero potuto minare l’integrità delle competizioni. Immediatamente dopo l’invasione del febbraio 2022, Polonia, Svezia e Repubblica Ceca si erano rifiutate di affrontare la Russia nei playoff per i Mondiali di calcio, costringendo FIFA e UEFA ad agire. Anche World Athletics ha escluso gli atleti russi e bielorussi, affermando che la loro presenza avrebbe compromesso la regolarità delle gare.

Nel caso di Israele, finora non vi è stato un movimento di boicottaggio ampio e organizzato. Tuttavia, le proteste contro la squadra ciclistica Israel-Premier Tech alla Vuelta a España 2025 hanno influito sull’evento, e potrebbero preludere a future iniziative analoghe. La federazione calcistica norvegese ha discusso di un possibile boicottaggio contro Israele, ma alla fine ha scelto di disputare le partite delle qualificazioni ai Mondiali di calcio donando i ricavi agli aiuti umanitari per Gaza. Analogamente, la federazione italiana di calcio ha dovuto promettere di sostenere iniziative umanitarie a favore della popolazione palestinese a margine della partita Italia-Israele che si disputerà a Udine (14 ottobre 2025), dopo ripetute richieste di rinvio o annullamento del match da parte di esponenti della cittadinanza e della società civile.

Quindi, nonostante non si sia ancora verificata una mobilitazione unitaria come contro la Russia, un’onda crescente di proteste e boicottaggi potrebbero costringere le organizzazioni sportive internazionali a rivedere la propria posizione.

Guardando avanti

In definitiva, le decisioni delle principali organizzazioni sportive sui casi Russia e Israele appaiono incoerenti. I criteri usati per escludere la Russia sussistono allo stesso modo – se non in misura ancor maggiore – nel caso di Israele: la guerra a Gaza ha violato la Tregua Olimpica, distrutto le strutture sportive palestinesi, creato disuguaglianza nell’accesso alle competizioni e innescato i primi segnali di boicottaggi.

Eppure, la prospettiva di un’esclusione da parte del CIO o di un isolamento sportivo generalizzato nei confronti di Israele resta remota. Il CIO, con la nuova presidente Kirsty Coventry, sostiene che Israele non debba essere sanzionato poiché il suo Comitato Olimpico, formalmente separato dal governo, non ha violato le regole dello sport e rispetta la Carta Olimpica.

Questo ragionamento non regge a un’analisi approfondita. Il rifiuto del CIO appare motivato non da principi e norme, ma dal timore che ulteriori esclusioni possano infrangere il velo di presunta neutralità e unità dello sport internazionale. Le decisioni degli organismi sportivi continuano a essere dettate da calcoli politici e opportunismo. Gli standard di governance non sembrano venire applicati in maniera coerente. In un mondo diviso da guerre e frammentazione geopolitica, questi doppi standard rischiano di compromettere definitivamente ciò che resta della credibilità delle organizzazioni internazionali – dentro e fuori i campi da gioco.

Responsabile del programma di ricerca Politica estera dell'Italia dell’Istituto Affari Internazionali e direttore di The International Spectator. Direttore editoriale della collana in inglese IAI Commentaries e delle collane Quaderni IAI e IAI Research Studies.

Jörg Krieger

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