Gli Stati hanno l’obbligo di contrastare i cambiamenti climatici non solo in forza dei trattati internazionali adottati in materia (dal Protocollo di Kyoto all’Accordo di Parigi), ma anche in base al diritto consuetudinario. Lo ha scritto la Corte internazionale di giustizia nel parere depositato il 23 luglio (187-20250723-adv-01-00-en) a seguito della richiesta arrivata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 77/276 del 29 marzo 2023. Un parere storico che, seppure formalmente non vincolante, potrebbe essere la base per azionare procedimenti contro Stati e imprese anche a livello nazionale.
Nel parere, adottato all’unanimità, la Corte, richiamati i trattati internazionali, ha rilevato che il diritto internazionale consuetudinario stabilisce obblighi per gli Stati per assicurare la protezione del clima che è compromesso dall’emissione dei gas ad effetto serra. In particolare, la Corte ha richiamato l’obbligo di prevenire danni significativi all’ambiente agendo con la diligenza dovuta e ad usare tutte le misure necessarie per prevenire le ripercussioni negative sul sistema climatico e in materia di ambiente, in conformità con il principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Gli Stati – scrive la Corte – hanno un obbligo di cooperare in buona fede così come, grazie alle regole in materia di diritti umani, di rispettare e assicurare l’effettivo godimento dei diritti umani adottando le misure necessarie per proteggere il clima e l’ambiente (la Corte ha, sul punto, richiamato le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte interamericana). Nel caso di non adempimento di tali obblighi si verifica un illecito internazionale che impone allo Stato la cessazione dell’atto illecito se continuato, l’assicurazione di non ripetizione dell’azione o dell’omissione che ha determinato la violazione, la riparazione allo Stato leso da determinare tenendo conto delle regole di diritto internazionale consuetudinario. È da sottolineare che la Corte, pur riconoscendo che i cambiamenti climatici sono causati da un’emissione cumulativa di gas ad effetto serra, ritiene che attraverso l’ausilio della scienza sia possibile accertare il contributo dello Stato all’inquinamento. La Corte, inoltre, sottolinea che l’illecito non è costituito dalle emissioni in sé ma dalle azioni degli Stati o dalle loro omissioni che causano un danno significativo al sistema climatico. Pertanto, ogni Stato leso, anche tenendo conto che vi è un interesse comune nella protezione dell’ambiente di beni comuni come l’aria e l’alto mare e che gli obblighi indicati sono obblighi erga omnes, può invocare la responsabilità dello Stato che ha commesso l’illecito.
Professore ordinario di diritto internazionale, giornalista pubblicista e avvocato. Collabora abitualmente con Il Sole 24 ore e il settimanale giuridico Guida al diritto.