L’Albania ha deciso di confermare la fiducia al Partito Socialista di Edi Rama domenica 11 maggio, nel giorno in cui il Giro d’Italia concludeva la terza tappa, l’ultima in territorio “shqipetaro”.
Un passaggio di borraccia simbolico tra i leader dei due Paesi? Certamente si è trattato di un’altra tappa del tandem Rama-Meloni che a Tirana, qualche giorno dopo, ha tagliato il traguardo suggellato dall’inchino con cui il premier albanese ha accolto la presidente del consiglio italiana.
Il sistema elettorale albanese
Il sistema elettorale albanese è basato su un meccanismo proporzionale plurinominale e i candidati sono distribuiti in collegi elettorali corrispondenti alle prefetture locali.
Il Parlamento albanese è composto da 140 deputati che, a seguito delle ultime elezioni, risultano così distribuiti:
- 83 seggi al Partito Socialista
- 50 seggi al Partito Democratico
- 3 seggi al Partito Socialista Democratico
- 2 seggi al Partito ‘Opportunità’ (Mundësia)
- 1 seggio al partito Iniziativa albanese (NISA SH)
- 1 seggio al partito Coalizione Insieme (Levizha Bashkë)
Il Partito Socialista, erede del PPSH (il Partito del Lavoro di Albania), negli anni ha avuto due leader che potremmo definire dei re laici: lo storico Fatos Nano e l’attuale (ma ormai storico pure lui) Edi Rama.
Il Partito Democratico, nato come primo movimento che nel 1991 sfidò nelle prime elezioni libere il partito unico del regime comunista, ha poi conteso in alternanza con i socialisti la guida del Paese, rappresentata sostanzialmente sempre da Sali Berisha.
Gli altri partiti presenti in parlamento sono numericamente irrilevanti e presentano sfumature per differenziarsi tanto a destra (Iniziativa albanese) quanto a sinistra (Coalizione Insieme; Partito Socialista Democratico albanese).
Negli ultimi trent’anni in Albania c’è chi sostiene che ci sia stata un’alternanza e chi ritiene che in realtà si sia trattata di una diarchia. I numeri dimostrano che gli altri partiti rimangono ai margini ed è molto difficile uscire dalla “coppia” PS-PD.
Tra acclamazioni e critiche
Nell’analizzare le elezioni, importanti analisti albanesi hanno concentrato l’attenzione su fattori esterni e interni.
Il fattore esterno riguarda la credibilità che Rama ha presso la comunità internazionale. Le congratulazioni ricevute “valgono più di un rapporto dell’OSCE perché il suo operato è perfettamente in linea con i loro standard”.
Tuttavia non bisogna dare esclusiva importanza ai fattori esterni, altrimenti si perde di vista la portata generale del problema: il Partito Democratico dai primi conteggi ha perso circa 180mila voti.
C’è chi non ne fa soltanto una questione di numeri, ma analizza come questi si traducano nel 52% dei voti che si è tramutato in 83 su 140 seggi. Ciò significa, secondo gli osservatori pro-PD, che “chi minaccia la democrazia, la rappresentanza e il normale funzionamento di un’opposizione è questo sistema elettorale”, che anche il PD ha accettato negli ultimi anni con l’incapacità politica di vedere il gioco che l’altra squadra stava facendo per assicurarsi una facile vittoria.
Dal 2005 a oggi, il Partito Democratico ha ottenuto all’incirca lo stesso numero di voti, ma nel 2005 i seggi erano più degli attuali 50. Questo sistema è stato ovviamente al centro della contestazione degli sconfitti.
Le elezioni albanesi viste dal Kosovo
In Kosovo hanno fatto notare che questa volta il premier Albin Kurti non è intervenuto nelle elezioni in Albania, “perché ha ricevuto pressioni internazionali”.
Molti in Kosovo pensano che il Primo Ministro Kurti, ma in generale tutti i partiti, dovrebbe essere cauto sul ruolo del suo partito Vetëvendosje in Albania, e non solo da una prospettiva elettorale.
Se i partiti albanesi aprono sedi distaccate in Kosovo e viceversa, il risultato può essere l’unità o l’assorbimento di un partito nell’altro, ma entrambe le ipotesi non sono facilmente gestibili.
In ogni caso, sostengono da Pristina, c’è un ulteriore motivo per cui questa volta non è intervenuto: non c’è un forte sostegno per nessuno dei partiti politici albanesi.
L’atteggiamento effettivamente tenuto si è rivelato saggio, in un momento in cui il clima generale nei Balcani è teso, risultando prudente non rischiare “invasioni di campo”.
Le elezioni albanesi viste dalla Grecia
In Grecia c’è chi ha sottolineato come la vittoria sia soprattutto di Edi Rama (ormai un tutt’uno con il PS) che si avvia a diventare un po’ l’Orban dei Balcani. La sua vittoria rende l’Albania, almeno sulla carta, un paese politicamente stabile, ma a quale prezzo?
Su questa linea, e non proprio come complimento, si è espresso l’europarlamentare greco Fredi Beleri, cittadino albanese appartenente alla minoranza greca e già candidato sindaco al comune di Hymara. Beleri è stato in prigione con l’accusa di voto di scambio secondo gli albanesi, per motivi politici secondo le autorità greche. “In queste elezioni ci siamo resi conto che ci sono ancora molti passi da compiere, affinché la democrazia in Albania possa crescere”, ha affermato l’eurodeputato dopo i risultati.
Va detto però che, al di là di quanto accaduto due anni fa, i rapporti tra Tirana e Atene sono ispirati a un sano pragmatismo di buon vicinato.
L’Albania al Summit della Comunità Politica Europea
Il Summit della Comunità Politica Europea del 16 maggio ospitato dall’Albania ha visto Rama protagonista come padrone di casa e trionfatore. Nel suo discorso ha sottolineato che l’Unione Europea gli ha insegnato che anche ex nemici possono unirsi “anche con ferite aperte dalla guerra e creare un legame”. I riferimenti interni (l’eterna rivalità con Sali Berisha) ed esterni (erano presenti BiH, Kosovo, Serbia) non mancavano.
Secondo Rama l’Europa è un luogo tanto spiritualmente condiviso quanto un mosaico di diverse lingue e religioni, per questo rappresenta il presupposto ideale per una pace duratura.
L’arte della politica consiste spesso nello spostare l’attenzione sulla scena internazionale per distrarla dai temi interni, e i Balcani non fanno eccezione. Da tempo non si parla delle proteste in Grecia, Serbia, Macedonia del Nord, nella stessa Albania o della crisi istituzionale che attraversa la Bosnia ed Erzegovina.
L’accordo bilaterale Italia-Albania sul riconoscimento delle pensioni
Il 16 maggio stesso, a Tirana, il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha consegnato il documento finale sull’attuazione dell’accordo bilaterale sul riconoscimento delle pensioni tra Italia e Albania, che entrerà in vigore il 1° giugno 2025.
Edi Rama, da politico navigato, ne ha fatto una bandiera da sventolare insieme alla sua “sorella”, come chiama da tempo la sua omologa italiana.
Da più di cento anni il contesto geopolitico avvicina i destini di Albania e Italia: nel 1915 con la campagna di Albania, dal 1939 al 1945 con la Corona di Albania offerta all’Italia, e poi negli anni Novanta quando l’Italia era diventata “Lamerica” raccontata nel film di Gianni Amelio. Chissà quali saranno i prossimi episodi che la sceneggiatura politica scriverà.