L’aggressione russa all’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha inevitabilmente concentrato gli sforzi dell’Ue e degli Stati membri sugli aspetti militari della gestione della crisi. Gli sviluppi cui si è assistito sono di portata epocale: l’Ue ha deciso di utilizzare finanziamenti comuni per dotare il governo ucraino di armi e munizioni attraverso il Fondo europeo per la pace per un totale di 3,6 miliardi di euro, la Germania ha stanziato altri 100 miliardi di euro per il suo bilancio della difesa, la Danimarca ha aderito alla Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), la Finlandia è entrata nella NATO e la Svezia è intenzionata a seguirla presto.
La gestione civile della sicurezza
Allo stesso tempo, la guerra in Ucraina ha innescato una serie di dinamiche parallele, sia nel continente europeo che all’estero, che coinvolgono gli aspetti civili e civili-militari della sicurezza e che devono essere affrontate mobilitando le capacità civili e civili-militari. Infatti, il campo di battaglia russo non è limitato alle trincee sul territorio ucraino, ma si è esteso nei Paesi europei e non solo, dalla propaganda veicolata attraverso i media controllati da Mosca, agli attacchi informatici alle agenzie statali e alle infrastrutture critiche, fino all’utilizzo dell’insicurezza alimentare e dei flussi migratori come vere e proprie armi.
Oggi più che mai, l’Ue è quindi costretta a far leva non solo sulle sue capacità di difesa militare, ma anche sulla sua dotazione di strumenti civili per dimostrare di essere un attore di sicurezza credibile sia per i suoi cittadini che per i Paesi vicini e i partner in tutto il mondo. Dal 2000, l’Ue si è dotata di capacità civili di gestione delle crisi e ha dispiegato missioni civili principalmente nel campo della promozione dello Stato di diritto, della lotta alla criminalità organizzata e della riforma del settore della sicurezza. Nel 2018 è stato adottato un Civilian CSDP Compact che ha ampliato la portata delle azioni civili per affrontare nuove sfide come la migrazione irregolare, le minacce ibride, la sicurezza informatica, il terrorismo e la radicalizzazione, la criminalità organizzata e la gestione delle frontiere, nonché la sicurezza marittima.
Un nuovo patto civile per la sicurezza
L’Ue sta ora lavorando a una versione aggiornata del documento – che dovrebbe essere adottata nel maggio 2023 – con l’obiettivo di adattare la dimensione civile della gestione delle crisi alle nuove sfide geopolitiche e allinearla alla revisione strategica attuata in ambito militare con la Bussola strategica lo scorso anno.
Una delle priorità dovrebbe essere quella di lavorare con le società dei Paesi limitrofi e partner per costruire la loro resilienza contro la disinformazione. Ciò comporta l’uso di strumenti digitali e di intelligenza artificiale per individuare la disinformazione, ma anche l’investimento nell’alfabetizzazione mediatica e nell’attivismo civico dei cittadini delle società interessate. Le carenze nell’attuazione dello Stato di diritto possono anche favorire la corruzione e rendere i Paesi più vulnerabili alle interferenze straniere. Per questo è necessario collaborare con i governi locali per rafforzare il funzionamento delle istituzioni democratiche preposte all’applicazione della legge.
Parallelamente, gli operatori del settore della sicurezza dovrebbero essere formati ed equipaggiati per combattere la criminalità organizzata, ma anche per scoraggiare e rispondere agli attacchi informatici. Un esempio interessante in questa direzione è la nuova missione di sostegno al governo che sarà avviata dall’Ue in Moldova (EUPM Moldova) per contrastare le attività destabilizzanti della Russia. Un team di esperti civili dell’Ue sarà presente sul terreno per almeno due anni al fine di rafforzare il settore della sicurezza moldavo nell’ambito della gestione delle crisi, nonché di migliorare la resilienza alle minacce ibride, compresa la sicurezza informatica, e di contrastare la manipolazione e l’interferenza delle informazioni da parte di attori esterni.
Un approccio integrato alla sicurezza
Inoltre, è necessario dedicare maggiori sforzi alla cooperazione tra il settore della PSDC e quello di Giustizia e Affari interni. Ciò è particolarmente rilevante nel campo della migrazione, che è sempre più legata alla sicurezza e richiede un’azione efficace nel controllo delle frontiere e nella lotta al traffico di esseri umani, ma anche il miglioramento delle capacità istituzionali di gestire i flussi migratori nei Paesi di origine e di transito. Nel complesso, un nuovo approccio integrato alla sicurezza dovrebbe diventare il dna della prossima generazione di attività per la gestione civile delle crisi, integrando meglio altre aree come il clima e il suo nesso con i conflitti, la prospettiva di genere nella sicurezza, la mediazione. Questo dovrebbe essere realizzato attraverso interventi modulari e scalabili, il cui mandato può essere adattato nel tempo e richiede competenze specifiche tra gli esperti civili, con un impatto sulle procedure di formazione e reclutamento dell’Ue.
Mandati flessibili, squadre specializzate di personale civile e un approccio multidimensionale dovrebbero diventare gli elementi costitutivi di un paradigma per i futuri impegni di gestione civile delle crisi dell’Ue nel vicinato, dal fronte Est ai Balcani e al Mediterraneo. È innegabile che, in uno scenario post-bellico, la stabilizzazione del vicinato dell’Ue richieda una strategia rinnovata, incentrata su solide garanzie di sicurezza e su un maggiore investimento in capacità militari e in cooperazione in materia di difesa. Tuttavia, la dimensione civile potrebbe rappresentare un reale valore aggiunto per rafforzare i governi e le società nell’affrontare le minacce che la guerra in Ucraina ha amplificato ed essere pronti a riconoscerle e a rispondervi in futuro.
Foto di copertina EPA/OLIVIER HOSLET