Un darwinismo anche per le idee?

Derek Thompson, in un recente articolo per The Atlantic, pone una questione che merita attenzione. La nostra cultura, soprattutto oggi nell’epoca della comunicazione di massa, onora gli inventori.

A scuola e nella vita sentiamo tutti parlare di Edward Jenner, di Marie Curie, di Alexander Fleming, di Enrico Fermi, di Louis Pasteur e di tanti altri a cui sono legate scoperte e invenzioni che hanno contribuito a grandi progressi (non sempre positivi) nella storia dell’umanità. Focalizzare l’attenzione su un solo momento dell’evoluzione della scienza, rischia però di renderci pigri e disattenti rispetto al fatto che il processo del progresso scientifico è più complesso e che il successo di un’invenzione dipende da molti altri fattori.

La scienza e le sue applicazioni

Così, per esempio, l’idea dell’inoculazione per combattere il virus del vaiolo è di circa un secolo più antica rispetto all’intuizione di Jenner di usare virus estratti da vacche infette. Inoltre, ci vollero quasi due secoli prima che l’uso massiccio del vaccino contribuisse a debellare il vaiolo su scala globale. La tesi di Thompson è che una società troppo focalizzata sul momento dell’invenzione (a suo avviso quella americana attuale), perde di vista tutto ciò che bisogna fare perché un’invenzione trovi rapidamente applicazioni pratiche tali da cambiare veramente la nostra vita. Per esempio, dice Thompson, i vaccini contro il Covid sono stati in prevalenza sviluppati negli Stati Uniti, ma le politiche pubbliche diverse fra i due continenti hanno fatto sì che il tasso di vaccinazione sia oggi molto più elevato in Europa che in America.

Un elemento cruciale riguarda le tempistiche necessarie perché un’invenzione si diffonda in modo significativo. Non sappiamo quanto tempo è passato perché la ruota, forse la più grande invenzione della storia dell’umanità, trovasse applicazione universale. Sappiamo però che, se ci vollero decenni per il vaccino contro il vaiolo, quelli contro il Covid hanno invece trovato diffusione in poche settimane ma in pratica solo nei paesi più avanzati.

A volte sono situazioni eccezionali a spingere per accelerare il processo. Così è stato per il Covid-19. Le due guerre mondiali del secolo scorso hanno sicuramente impresso una grande accelerazione ai progressi dell’aviazione e dell’uso (pacifico e militare) dell’energia nucleare.

Il caso della fusione nucleare controllata

I giornali, in questi giorni, ci parlano di un fondamentale progresso della scienza americana sulla strada della fusione nucleare controllata. Ci dicono però che ci vorranno decenni perché l’invenzione trovi attuazione pratica e ci liberi definitivamente e a basso costo dalla tirannia dei combustibili fossili. Cosa ci impedisce di fare in modo che la pressione del cambiamento climatico ci permetta di accelerare i tempi?

Il processo che conduce dall’invenzione alla sua applicazione pratica e alla sua diffusione è però estremamente complesso e coinvolge molte componenti di una società. In primo luogo le politiche pubbliche. Non basta aver finanziato la ricerca. Bisogna anche preoccuparsi delle condizioni per la sua diffusione. Tutto ciò è musica per gli orecchi degli europei sempre propensi a invocare più “politica industriale”. Tuttavia, nemmeno questo è sufficiente. La migliore scienza e le migliori politiche pubbliche, non possono sopperire alla eventuale carenza degli “spiriti animali” dell’imprenditoria privata che fanno la forza del capitalismo; “spiriti animali” che hanno bisogno di condizioni favorevoli per prosperare. Qui l’Europa è invece notoriamente più debole.

Vittime di Prometeo

Il principale mito fondante dell’Occidente è quello di Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per donarlo all’umanità; salvo ora scoprire che provoca riscaldamento climatico. Ci sono sicuramente miriadi di invenzioni di cui ignoriamo gli effetti benefici e malefici perché non hanno trovato applicazione pratica. Ce ne sono altre che nel momento della diffusione scappano di mano all’inventore e diventano, nel bene e nel male, una cosa diversa: internet è un ovvio esempio. È la ragione per cui gli europei sono così attenti al principio di precauzione che ci invita, prima di diffonderne una novità, di esplorarne gli effetti a lungo termine. A costo però di ritardare il progresso.

Si tratta di una delle scelte più difficili del mondo attuale. Ci possiamo anche domandare se la complessità della diffusione non determini anche un darwinismo della scienza che spiega la ragione per cui un’invenzione ha successo e un’altra no. L’invenzione dei videoregistratori è oggi obsoleta, ma qualche decennio fa ebbe un impatto notevole sulle nostre abitudini di consumo dei contenuti multimediali. Chi ha memoria ricorderà che c’erano diverse tecnologie concorrenti. Vinse il sistema vhs, che a giudizio unanime non era tecnicamente il migliore ma quello sostenuto dagli interessi industriali e dall’organizzazione di mercato più efficienti.

Le applicazioni delle idee politiche

E se ciò che ci diciamo sulla scienza e la tecnica fosse valido anche per le idee, darwinismo compreso? In fondo, concetti come marxismo, liberalismo, democrazia sono come delle idee platoniche che esistono solo nell’iperuranio. Noi mortali che viviamo nella caverna ne vediamo solo le ombre, cioè la loro attuazione pratica. Il marxismo è oggi screditato. Può darsi che un giorno emerga un nuovo consenso per riprenderne in tutto o in parte la dottrina. Oggi non è tanto vittima di una sconfitta intellettuale, dal momento che è ancora studiato nelle università, ma dei disastri creati da chi ha voluto trasformarlo nel cosiddetto “socialismo reale“.

La democrazia liberale non trionfa perché i suoi teorici avevano incontestabilmente ragione, ma perché la sua (sappiamo quanto imperfetta) applicazione pratica ha condotto i suoi paladini a vincere una guerra mondiale, poi una guerra fredda e infine a fornire ai propri cittadini più prosperità, più libertà, meno infelicità e meno ingiustizia dei concorrenti. Discutiamo di von Hayek, Friedman e Keynes, ma nel mondo reale ne conosciamo solo le ombre. In pratica le nostre economie sono state gestite con ispirazioni parziali e non prive di contaminazioni provenienti da tutte le teorie disponibili e in condizioni di contesto fra loro molto diverse.

Checché pretendano i nostri politici, la loro azione è determinata dagli avvenimenti molto più che dai programmi. Spesso le colorature ideologiche attribuite a ciò che succede non sono altro che razionalizzazioni ex post. Aveva dunque ragione Teng Xiao Ping che non si preoccupava del colore del gatto, ma della sua capacità di acchiappare topi. Il suo attuale successore sembra averlo dimenticato e la cosa, per gli effetti negativi che potrebbe avere sullo sviluppo della Cina, dovrebbe confortarci.

A ben vedere, tornando alla metafora platonica, forse onoriamo troppo i filosofi rispetto ai guerrieri. Nell’immaginario collettivo, onoriamo certamente più gli architetti che gli ingegneri; eppure sono questi che costruiscono le macchine di cui abbiamo bisogno. Forse dovremmo anche onorare maggiormente i meccanici, perché senza di essi le nostre automobili durerebbero pochissimo. Quanto alle idee, dovrebbero essere obbligatoriamente accompagnate da un manuale in varie lingue con le modalità d’uso; come le medicine o gli aspirapolvere. Con la complicazione che probabilmente le istruzioni dovrebbero essere diverse da una lingua all’altra.

Foto di copertina EPA/MICHAEL REYNOLDS

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