Un accordo spaziale europeo per affrontare le sfide del mercato

L’accordo raggiunto fra Airbus, Thales e Leonardo per integrare le loro attività nel campo dei satelliti e dei servizi spaziali costituendo una nuova società di fatto partitetica (provvisoriamente denominata Bromo, come un importante vulcano indonesiano) rappresenta un’ottima notizia per lo spazio europeo e per le imprese coinvolte, ma anche, più in generale, per l’Unione Europea.

Lo spazio europeo non ha saputo cogliere per tempo i segnali che sono arrivati nell’ultimo decennio dal mercato americano e dalla crescita di nuovi attori spaziali nel mondo. La comparsa degli investitori privati negli Stati Uniti è stata inizialmente considerata come un’iniziativa “locale” e così le nuove iniziative sul piano tecnologico e industriale, come i lanciatori riutilizzabili e le costellazioni di satelliti di ridotte dimensioni e in orbita bassa. È stata sottostimata e sottovalutata anche la radicale trasformazione dei tempi di realizzazione necessari: oltre oceano si è passati dalla scala dei tempi ultradecennali a quella annuale sia nelle fasi decisionali che in quelle progettuali e di realizzazione operativa. Mentre l’Europa non ha saputo ancora costruire una nuova e più efficace governance dello spazio (dove convivono, spesso con difficoltà, ESA e EUSPA insieme a molte Agenzie nazionali e dove resta irrisolto il nodo della dualità delle tecnologie spaziali e, quindi, della cooperazione civile-militare), gli Stati Uniti hanno cambiato radicalmente il loro assetto spaziale, sicuramente accettando notevoli rischi sul piano della governance, ma rafforzando il loro ruolo di principale potenza spaziale. Adesso l’Unione Europea dovrà confrontarsi anche con la sfida dell’integrazione delle sue capacità industriali e tecnologiche.

I grandi gruppi industriali europei hanno dato un esempio non scontato di consapevolezza e lungimiranza in un momento in cui vi sono frequenti esempi di “rinazionalizzazione” dei programmi nel settore difesa, sicurezza e spazio. La vera sfida da vincere non è sul mercato europeo, ma su quello internazionale e solo un gruppo che raggiungerà un fatturato di 6,5 miliardi di euro con 25.000 dipendenti può farlo. Non servono e non bastano i “campioni nazionali”: serve un “campione europeo“. I vertici di questi gruppi hanno saputo trovare un non facile accordo, vincendo le inevitabili resistenze interne (basti pensare a quella di molti dirigenti che dovranno abbandonare la loro “comfort zone”, a quelle sindacali contro l’indispensabile, seppur progressiva, razionalizzazione produttiva e a quelle di qualche azionista, soprattutto pubblico, che vedrà ridotto il suo peso e conseguente potere). Purtroppo questi stessi gruppi per ora non sembrano comprendere che questa strada dovrebbe essere percorsa concentrando le loro capacità anche nel campo dei sistemi di combattimento terrestri e navali (in particolare in quelli subacquei), dei velivoli a pilotaggio remoto, dei sistemi di difesa anti-missile e anti-droni, della trasformazione digitale, della cyber-sicurezza e dell’uso dell’intelligenza artificiale. Ed è evidente che una parte importante delle responsabilità ricade sui loro “clienti” nazionali (a livello militare e politico).

Anche l’Unione Europea deve festeggiare questo accordo perché dimostra che c’è ancora la volontà di reagire ad un’evoluzione del quadro internazionale che continua a vederla marginalizzata e incapace di dimostrare la necessaria determinatezza e coesione. Ma, purtroppo, la sua governance sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza. Le sue regole e procedure, imposte dalla storia della sua costituzione ed evoluzione, sono diventate una gabbia che ne rallenta, e in alcuni casi impedisce, ogni capacità di reazione alle tempeste che agitano il nuovo scenario internazionale.

Rischi e sfide da vincere sul fronte europeo

È proprio all’interno dell’Unione Europea che dovranno ora essere vinte molte sfide per costruire il nuovo grande gruppo spaziale europeo.

La prima riguarda l’approvazione da parte delle Istituzioni europee. Fino ad ora l’approccio ai processi di concentrazione industriale è stato cauto e molto lento. Alla base hanno continuato a pesare le preoccupazioni anti-monopolistiche, giustificate e giustificabili quando il mercato di riferimento era quello europeo, ma non più oggi. Nel nuovo secolo la competizione avviene sul mercato globale e in ogni settore (ma particolarmente in quelli ad alta tecnologia) le dimensioni industriali devono risultare adeguate e allineate con quelle dei competitori: i nani non possono combattere i giganti e nemmeno fare accordi equilibrati con loro.

Analogamente, i tempi decisionali europei devono diventare più rapidi. I rituali “bizantini” devono essere semplificati e abbreviati perché, mai come oggi, il mondo non ci aspetta e arrivare tardi significa aumentare le probabilità di perdere la partita. Il tempo è in questo caso un fattore determinante anche a livello nazionale considerando la presenza pubblica nella proprietà dei gruppi industriali coinvolti. L’incertezza politica che caratterizza gli Stati coinvolti (a parte l’Italia) è un elemento di preoccupazione, viste le implicazioni sindacali e sociali dell’operazione. Purtroppo la complessità del progetto Bromo richiederà un paio di anni per decollare e questo rischio andrà attentamente monitorato.

Anche prescindendo da qualche inevitabile, seppur ridotta, ricaduta occupazionale dovuta alla necessaria razionalizzazione delle attività, si dovrà realizzare ed accettare una riorganizzazione basata sulla specializzazione e sulla condivisione di modelli organizzativi e metodologie produttive. Anche sul piano della cultura industriale si dovrà affrontare un radicale cambiamento: quelli che ora sono concorrenti dovranno essere considerati colleghi, le logiche nazionali o bi-trilaterali dovranno diventare logiche europee. Per fortuna in campo spaziale la strada è stata preparata da molti anni di collaborazione (in Airbus su base franco-tedesca-spagnola e in Thales-Leonardo su base franco-italiana). Comunque i nuovi manager avranno molto lavoro da fare, anche su se stessi.

Per garantire il successo dell’operazione servirà anche un adeguato sostegno economico attraverso nuovi programmi europei (nella sostanza e nella forma). Molti nel commentare il progetto Bromo hanno citato come esempio positivo il gruppo MBDA, campione europeo nei sistemi missilistici. Bisogna sottolineare che il successo di questa integrazione industriale (che ha raggiunto i venticinque anni) è stato supportato dal contemporaneo avvio del programma Meteor fra Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito per un missile aria-aria a lunga gittata destinato ad essere utilizzato sui tre velivoli europei da combattimento Eurofighter, Rafale e Gripen. Senza carburante anche le migliori automobili non vanno da nessuna parte e questo vale anche per i migliori progetti imprenditoriali. Da adesso in poi si dovranno lanciare nuovi programmi spaziali europei pensati nell’ottica del nuovo grande gruppo industriale europeo e adattarvi analogamente anche alcuni dei programmi nazionali o intergovernativi già decisi.

Infine, dovranno essere utilizzati meglio i margini presenti nelle normative europee per consentire che il nuovo gruppo spaziale possa agire e muoversi come se operasse su un mercato unico, mentre, purtroppo, vi sono ancora troppe barriere, legate soprattutto alla parte duale e militare. Nello spazio la natura duale dei programmi è maggioritaria e questo non deve impedire o danneggiare l’indispensabile razionalizzazione delle capacità tecnologiche e industriali.

Non sarà facile gestire questa fase di transizione, ma è una sfida che l’Europa può e deve vincere.

Le sfide per l’Italia

Il vertice di Leonardo è riuscito ad ottenere un risultato importante per il gruppo e per il sistema-paese.

Innanzi tutto, negli ultimi due anni ha evidenziato la determinazione a considerare lo spazio un suo settore strategico, centralizzandone la gestione e dedicandovi le necessarie risorse ed attenzioni. Parallelamente ha saputo favorire pro-attivamente l’accordo con due partner complessi, evitando il rischio che un accordo tra loro finisse col lasciare isolato il nostro Paese (come già avvenne venti anni orsono con l’accordo italo-francese che portò alla nascita di Space Alliance fra Thales e Leonardo, allora Finmeccanica).

Adesso dovrà continuare a gestire la costruzione della nuova società come ha fatto fino ad ora nella fase preparatoria. Sarà importante che possa contare sul supporto governativo sia sul piano finanziario sia su quello istituzionale e politico nei rapporti bilaterali con gli altri Paesi coinvolti e in quelli con le Istituzioni europee e le Agenzie spaziali e in quella della difesa. L’aver strutturato la nostra politica spaziale con l’istituzione di un apposito Comitato interministeriale presso la Presidenza del Consiglio e averne garantito il relativo supporto anche attraverso l’efficiente struttura dell’Ufficio del Consigliere Militare, è di buon auspicio perché il processo venga attentamente seguito e, quando necessario, tempestivamente sostenuto da parte del Governo. Gli importanti risultati in campo spaziale conseguiti dal nostro Paese negli ultimi anni hanno dimostrato la validità del modello di governance costruito.

La prevista continuità governativa e industriale nel prossimo biennio rappresenta un valore aggiunto della strategia nazionale. Se sapremo utilizzarla, valorizzando insieme le nostre competenze manageriali e tecniche, assicureremo la tutela degli interessi nazionali ed europei in un settore strategico per il nostro futuro.

Vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali. Dal 1984 svolge attività di studio e consulenza nel settore aerospaziale sicurezza e difesa per conto di organismi pubblici, di centri e istituti di ricerca, di società, di associazioni industriali. Dal 1992 al maggio 2018 è stato consulente della Presidenza del Consiglio presso l’Ufficio del Consigliere militare per le attività nel campo della difesa. Dal 2001 al 2017 è stato consulente del Ministero della Difesa – Segretariato generale della Difesa/Direzione nazionale degli armamenti – per gli accordi internazionali riguardanti il mercato della difesa. Dal 2014 al maggio 2018 è stato consigliere per gli affari europei del Ministro della Difesa e da giugno 2020 a novembre 2022 ha riassunto lo stesso incarico.

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