La possibilità che quanto sta accadendo a Gaza possa essere classificato come genocidio è oggetto di acceso dibattito da molti mesi. La questione divide la politica e il mondo intellettuale, oltre a creare fratture tra i Paesi europei: alcuni — come la Spagna e l’Irlanda — sostengono apertamente l’accusa mossa contro Israele, mentre altri — come l’Italia e la Germania — hanno adottato una posizione molto più cauta. In questo contesto, la recente risoluzione dell’International Association of Genocide Scholars(IAGS) — che identifica le azioni compiute da Tel Aviv come genocidio — ha suscitato particolare interesse. Vari media internazionali, descrivendo questa associazione come una delle più prestigiose sulla materia, hanno subito diffuso la notizia, riportando che tale conclusione sarebbe stata sostenuta dall’86% dei membri dell’organizzazione. Diversi commentatori, politici e intellettuali hanno quindi interpretato questa risoluzione come un’autorevole conferma che Israele stia commettendo un genocidio, chiedendo alle istituzioni nazionali e internazionali di adottare decisioni conseguenti.
Il documento adottato dalla IAGS è certamente significativo, data la storica reputazione che l’organizzazione — fondata negli anni ’90 da alcuni fra i più illustri studiosi di genocidio — ha consolidato con il passare degli anni. Tuttavia, riguardo a questa risoluzione, e al modo in cui è stata presentata dai media, rimangono diversi elementi da chiarire.
Innanzitutto, la percentuale di consensi raccolta da tale documento merita una specificazione. Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di informazione (come Al Jazeera), non è stato l’86% dei membri dell’organizzazione a votare in favore della risoluzione, bensì l’86% di coloro che hanno votato; e questo dettaglio non è irrilevante, dato che solo il 28% degli iscritti alla IAGS ha partecipato al voto. In secondo luogo, alcuni membri di lunga data dell’associazione — come Sara E. Brown, direttrice regionale dell’American Jewish Committee di San Diego— hanno affermato che la procedura seguita in questa circostanza è stata diversa da quella abituale e che sarebbe stata limitata la possibilità di avere approfondite discussioni sull’argomento. A prova di ciò, Brown cita per esempio il fatto che non sia stato organizzato un town hall meeting, occasione in cui i membri dell’organizzazione avrebbero avuto la possibilità di confrontarsi apertamente sul tema.
Vi è inoltre una questione legata ai curricula dei membri dell’associazione. Secondo alcuni osservatori, negli ultimi anni la IAGS avrebbe infatti reso notevolmente meno rigidi i criteri di ammissione, includendo persone (ad esempio, attivisti e artisti) senza un solido background accademico. Inoltre — e questo appare essere l’aspetto più controverso — non vi sarebbero stati controlli adeguati nel valutare le domande di adesione. A tal proposito, è significativo che, nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione della risoluzione, alcuni attivisti israeliani, pagando soltanto una quota associativa di 30 dollari, siano riusciti a entrare a far parte dell’associazione pur senza avere alcuna competenza in materia di genocidio; ancora più indicativa della presunta mancanza di valutazione delle domande è stata l’accettazione di profili fake come l’Imperatore Palpatine di Star Wars o Adolf Hitler. Infine, Salo Aizenberg — ricercatore dell’associazione filo-israeliana HonestReporting, iscrittosi alla IAGS dopo la pubblicazione della risoluzione — ha affermato che, fra i membri dell’organizzazione, vi era un elevato numero di persone provenienti da Paesi non noti per la qualità e l’indipendenza del proprio settore accademico; si pensi che, >secondo quanto sostenuto da Aizenberg, ben 80 dei circa 500 membri sarebbero iracheni.
In risposta a queste accuse, l’International Association of Genocide Scholars ha pubblicato il 5 settembre una dichiarazione sul proprio sito web. In questo documento, l’executive board della IAGS ha affermato come la procedura seguita nell’adozione di questa risoluzione è stata quella standard e che la partecipazione al voto è risultata in linea con quella di altre votazioni. Riguardo all’identità dei membri, l’associazione ha annunciato che la lista degli iscritti era stata resa confidenziale per proteggere gli individui da possibili attacchi personali e ha ribadito la propria natura aperta e l’intenzione di includere al suo interno anche profili non accademici (per non rimanere chiusi in una “torre d’avorio”). Infine, in merito all’origine geografica dei membri, la IAGS non ha negato l’elevato numero di iscritti provenienti da Paesi economicamente meno avanzati, definendo le critiche su questo tema attacchi razzisti volti a screditare persone provenienti da Africa e Medio Oriente.
La replica dell’associazione appare solo parzialmente convincente.
Anche accettando che un voto espresso da meno di un terzo dei membri possa essere considerato valido e significativo, restano inevitabilmente dubbi sui criteri di adesione all’organizzazione, poiché l’ampliamento dell’accesso verso chi non ha una solida formazione accademica indebolisce inevitabilmente il rigore scientifico e l’autorevolezza delle decisioni adottate. Dato che il termine genocidio ha una sua definizione giuridica, è infatti fondamentale che le persone che si pronunciano sulla sua esistenza abbiano piena contezza delle sue caratteristiche e dei precedenti casi storici in cui esso è stato rilevato. Allo stesso modo, se i dati riportati da Aizenberg sul numero di membri provenienti da Paesi come l’Iraq fossero corretti — e, purtroppo, un osservatore esterno ora non ha modo di verificarlo —, sarebbe legittimo chiedersi se la IAGS sia davvero l’associazione prestigiosa che credevamo di conoscere; non si tratta di razzismo, bensì della legittima aspettativa che un’organizzazione di tale fama sia composta da studiosi afferenti a centri di ricerca e università fra i più importanti al mondo.
Alla luce di ciò, al fine di preservare il proprio prestigio e dare credibilità alla risoluzione adottata, l’International Association of Genocide Scholars non dovrebbe chiudersi in sé stessa — alle diverse richieste di chiarimento di chi scrive non è stata fornita risposta — ma, piuttosto, garantire la massima trasparenza su questa votazione, specificando i nomi di chi vi ha partecipato e di chi faceva (e fa) parte dell’organizzazione. E se alcune di queste informazioni non fossero disponibili, sarebbe opportuno indire un nuovo voto, così da eliminare qualsiasi sospetto di faziosità nel processo decisionale. In caso contrario, anche questa risoluzione finirà per esacerbare le differenze di opinione sulla questione, rafforzando convinzioni preesistenti e creando ulteriore confusione sul significato del delicato termine “genocidio” — confusione di cui, in questo complicato contesto, non abbiamo bisogno.
IAGS ha reso in questi giorni di nuovo disponibile la lista dei suoi attuali membri. Fra essi, rimangono ancora presenti diversi profili fake e quelli di non esperti della materia.
Ricercatore nel programma “Multilateralismo e governance globale” dell’Istituto Affari Internazionali. La sua attività di ricerca ha primariamente riguardato il quadro di governance economica dell’Unione Europea, il tema delle criptovalute e quello delle monete digitali delle banche centrali.