Regno Unito: hotel-rifugio e immigrazione, esplode la sindrome NIMBY

Non è stata questa solo climaticamente la più calda estate della storia inglese, come conferma l’ufficio meteo. Il grido di “not in my backyard”, acronimo NIMBY, è tornato a scaldare gli animi e a far temere un bis degli scontri xenofobi del 2024, allora seguiti all’accoltellamento a morte di tre ragazzine in un campo estivo a Southport, falsamente attribuito a un immigrato.

Anche quest’anno la scintilla è stata un episodio di cronaca: molestie sessuali verso una giovane di Epping Forest, località a nord di Londra, appena superato il confine con la contea dell’Essex. Responsabile un rifugiato eritreo in attesa di asilo, ospite di uno dei tanti alberghi utilizzati come centri di accoglienza. Per giorni e giorni sono così scesi in strada migliaia di manifestanti, chiamati a raccolta tramite il tam tam dei social e dei gruppi Whatsapp di residenti, ma anche di movimenti di estrema destra. Cartelli “We want Epping safe”, scontri con la polizia che proteggeva l’albergo in questione e i suoi 140 ospiti.

Alla fine, su istanza dell’autorità locale, un giudice dell’Alta Corte ha dato ragione ai dimostranti, con un’ingiunzione allo sgombero per motivi di ordine pubblico e di licenza inadeguata. Il Ministero degli Interni ha fatto ricorso rivendicando la propria autorità nelle scelte, ma ormai il vaso di Pandora era stato scoperchiato: decine di altri enti locali, guidati dai Conservatori e dal Reform party di Nigel Farage, ma anche alcuni laburisti, si preparano a battaglie legali per chiedere la chiusura degli hotel-centri di accoglienza nella loro zona e lo spostamento altrove dei migranti in attesa di esame della domanda di asilo.

Le proporzioni del fenomeno e la strategia di Farage

L’episodio estivo ha riportato alla luce le proporzioni del fenomeno. Sono oltre 30 mila i rifugiati ospitati in circa 210-220 strutture ricettive in Gran Bretagna. Meno numerosi rispetto al picco raggiunto sotto i governi conservatori — 56 mila con Premier Rishi Sunak –, ma in aumento anche nel primo anno di governo Starmer. Se Epping ha aperto la strada, già altri sono sul piede di guerra: proteste contro l’Hotel Britannia a Canary Wharf, nella nuova City sul Tamigi, e in molte altre località.

Terreno fertile per la propaganda del leader di destra Nigel Farage che delle politiche muscolari anti immigrazione clandestina è stato facile paladino restando all’opposizione, finora mai al governo nemmeno di amministrazioni locali, tranne una decina conquistate nel voto del maggio scorso. Tuona contro gli immigrati arrivati illegalmente attraverso la Manica e “accolti con tutti gli onori, albergo compreso, a spese del contribuente inglese”. Propone soluzioni draconiane: detenzione e deportazione immediata, senza alcun esame della domanda di asilo, diritto garantito dalle convenzioni internazionali.

Lo scontro istituzionale: Starmer vs Farage

Se andrà al governo — annuncia — uscirà subito dalla Convenzione europea dei diritti umani (Roma, 1950), da quella delle Nazioni Unite sui rifugiati (Ginevra, 1951) e persino da quella dell’ONU contro la tortura (New York, 1984). Gli risponde il Premier laburista Starmer: “Così il Regno Unito, che di quelle convenzioni è stato promotore, si metterebbe alla pari di Stati canaglia come Russia e Bielorussia“. In lui parla non solo il capo del governo, ma anche l’ex avvocato per i diritti civili ed ex magistrato, sua precedente carriera prima della politica.

Ma la sindrome NIMBY predispone all’ascolto della voce grossa dei populisti: Farage promette di espellere 600 mila illegali in pochi anni, rimandandoli nei Paesi d’origine, Afghanistan, Eritrea e Iran compresi.

I numeri dell’emergenza e le misure del governo Cooper

Come in tutti i Paesi europei, il problema esiste. Gli arrivi illegali sono aumentati del 38 per cento nell’ultimo anno; oltre 50 mila clandestini hanno attraversato la Manica dall’insediamento del governo laburista. Senza misure efficaci, con i tabloid a soffiare sul fuoco parlando di invasione e Farage a raccoglierne il malcontento, aumenteranno anche le difficoltà politiche dell’esecutivo.

La ministra degli Interni, Yvette Cooper, cerca di riportare l’attenzione dell’opinione pubblica alle strategie di contenimento e gestione del fenomeno. Sono state accelerate le procedure di esame delle domande di asilo, per ridurre tempi medi che superano i 12 mesi. Le domande giacenti sono già state così ridotte di un quarto. Sono state aumentate le espulsioni dei non aventi diritto (+30 per cento). Sono stati siglati accordi con la Francia per aumentare i controlli sulle coste di partenza e con Paesi terzi per i rimpatri. È stata fatta la promessa di svuotare gli alberghi e usare solo altre strutture (caserme, scuole in disuso, ecc.).

La percezione distorta e le prospettive future

La sindrome NIMBY rimane comunque un agente profondo, un potente afrodisiaco che fa percepire la minaccia del clandestino molto più grave di quanto non dicano le statistiche. Se di emergenza immigrazione si deve parlare in Inghilterra è infatti soprattutto per gli arrivi legali post-Brexit da Paesi extracomunitari, a colmare i vuoti dei tanti Europei che se ne sono andati: quasi un milione nel solo 2024. Nei sondaggi, però, la percezione è ribaltata.

Le prossime elezioni generali sono previste nel 2029. Non è detto che Starmer ci arrivi nonostante la schiacciante maggioranza in Parlamento. In ogni caso, il suo governo sarà misurato non tanto sulla politica estera, che ha visto Londra tornare tra i protagonisti, bensì su economia e immigrazione.

Senza misure efficaci che riportino sotto controllo i flussi, esplosi nel caos dei molteplici governi Conservatori recenti, rischia di avverarsi la profezia distopica dell’ultimo libro di J.G Ballard, “Kingdom Come”. Già vent’anni fa immaginava i grandi centri commerciali delle periferie inglesi, luoghi della nuova socialità, trasformarsi in teatro delle marce di militanti con le bandiere di San Giorgio, a rivendicare patriottismo, spirito nazionale e xenofobia. Anche in questa calda estate inglese, il vessillo bianco, crociato di rosso, ha mostrato spesso la sua simbologia più inquietante.

 

Marco Varvello è corrispondente estero da Londra e Consigliere Scientifco IAI

Marco Varvello

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