Rassegna stampa africana: revival algerino e il futuro dell’Isis

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare

Con questa rassegna stampa proponiamo alcune riflessioni sulla presenza e diffusione dello Stato Islamico nel continente africano e sulla rinnovata centralità dell’Algeria nello scenario internazionale, con particolare riguardo allo stato delle relazioni tra Algeri, Italia e Spagna.

La rinnovata centralità algerina

Come conseguenza del conflitto in Ucraina, l’Algeria è ritornata al centro della politica internazionale. L’analisi del 22 luglio, a firma di Aldo Liga, spiega che “la guerra in corso e la necessità europea di diversificare le fonti di approvvigionamento per ridurre la dipendenza dalla Russia hanno spinto i Paesi europei a rivolgersi alla vicina Algeria, già terzo fornitore di gas e partner privilegiato”. Fino all’anno scorso diffuso era il timore sulla capacità del governo algerino di affrontare una situazione critica, collegata al crollo del prezzo degli idrocarburi, scatenato dalla pandemia di Covid-19, e agli strascichi delle proteste dell’Hirak. Aldo Liga segnala che “queste nubi sono state diradate dall’impennata dei prezzi del petrolio registrata a partire dallo scorso anno e ancor più sostenuta dall’inizio del conflitto in Ucraina”, situazione che porta “il governo a guardare al prossimo futuro con maggiore ottimismo.”

Come detto, “con lo scoppio della guerra in Ucraina, la riduzione della dipendenza dal gas russo è diventata una priorità per la politica estera italiana.” Questo ha portato il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio ad Algeri già a fine febbraio, seguito dal Presidente del Consiglio Mario Draghi a inizio aprile al fine di negoziare e firmare un accordo per incrementare le importazioni di gas algerino.

L’articolo continua sottolineando che “nel primo semestre 2022 Algeri è diventata il primo fornitore di gas naturale dell’Italia e le relazioni con Roma, “solide, antiche e strategiche”, risultano ulteriormente rafforzate nell’attuale congiuntura. A riprova di ciò, il 18 luglio scorso si è svolto il quarto vertice intergovernativo italo-algerino, co-presieduto da Mario Draghi e nella stessa occasione si è tenuto il Business Forum Italia – Algeria.”

Mentre le relazioni tra Roma e Algeri godono di buona salute, quelle con Madrid appaiono più difficili. “L’Algeria fino al 2021 era il primo fornitore di gas naturale in Spagna. Tuttavia, nel quadro delle tensioni con il Marocco sul dossier Sahara Occidentale e della conseguente rottura delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi, l’Algeria ha deciso di non rinnovare il contratto di sfruttamento del gasdotto Maghreb-Europe, scaduto lo scorso 31 ottobre, interrompendone quindi il flusso”. Oltre a ciò, Aldo Liga scrive che “a giugno l’Algeria ha annunciato la sospensione del trattato di amicizia e cooperazione firmato con la Spagna nel 2002, ma soprattutto l’intenzione di interrompere le transazioni bancarie e gli scambi commerciali (eccetto quelli relativi al gas).”

L’analisi conclude raccomandando di “bilanciare fragilità strutturali e benefici estemporanei del conflitto in Ucraina”, e di affrontare la complessa realtà algerina, “caratterizzata da fragilità strutturali e un difficile processo di diversificazione e riforma.”

Sempre sulla centralità algerina nello scenario internazionale attuale si segnala l’articolo di Le Monde del 19 luglio, in cui si riporta che il presidente algerino “Tebboune ha annunciato la firma di un importante accordo, del valore di 4 miliardi di dollari [3,9 miliardi di euro], tra i gruppi statunitensi, italiani e francesi Occidental Petroleum, Eni e Total, che consentirà di rifornire l’Italia di significative quantità di gas”.

Il flagello jihadista in Africa

Con un articolo della redazione Afrique di France Télévisions riprendiamo un tema già affrontato nelle precedenti rassegne stampa delle Afriche: la presenza e diffusione dello Stato Islamico nel continente. Nell’articolo del 20 luglio si legge che “il futuro del gruppo Stato Islamico (IS) sembra essere in Africa. Oggi, la potenza jihadista sopravvive nel Levante ma si espande in Africa, dove i suoi affiliati promuovono un “marchio” letale e fiorente.” Come riporta France Télévisions “gli esperti sono però tutti d’accordo sul fatto che il movimento jihadista africano non è uguale a quello nel Levante. Le istanze dello Stato Islamico africano sono profondamente diverse in quanto radicate in dinamiche locali e strettamente connesse a esclusione, povertà e abusi militari”.

“Secondo la rivista Combating Terrorism Center (CTC) dell’accademia militare statunitense West Point – continua l’articolo – le Forze Democratiche Alleate (ADF) in Repubblica Democratica del Congo, ufficialmente legate all’IS dal 2017, ne hanno poi imitato i metodi. Le ADF hanno iniziato nell’estate del 2021 a trasmettere video di decapitazioni, dimostrando la volontà di allinearsi al marchio globale dell’IS. L’ADF ha registrato anche un afflusso di combattenti provenienti da Tanzania, Burundi, Kenya e Sudafrica e sono stati inoltre stabiliti legami con i membri arabi dell’IS”.

L’analisi conclude sottolineando che, “per quanto incerta, la crescita dell’IS trae vantaggio dalla debolezza della lotta al terrorismo. Le azioni congiunte tra Stati, come quelle degli eserciti congolese e ugandese contro l’ADF o l’intervento ruandese contro l’IS in Mozambico, sono rare. Nel Sahel, la Francia lascia il Mali dopo nove anni di lotta al terrorismo e la missione Onu Minusma è sospesa. “Il coordinamento sta andando male”, afferma Hans-Jakob Schindler, direttore dell’Ong Counter-Extremism Project, che si rammarica della partenza dei francesi, poiché gli Stati africani sembrano impotenti contro il flagello jihadista.”

Rassegna stampa a cura di Jean-Léonard Touadi, funzionario FAO, docente di Geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Foto di copertina EPA/FILIPPO ATTILI/CHIGI PALACE PRESS OFFIC

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