L’ansia europea si trasformerà in azione comune?

Gli europei riflettono sulle implicazioni di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca da oltre un anno. Ora che ciò è divenuto realtà, cosa può accadere?

In teoria, un secondo mandato di Trump dovrebbe mobilitare gli europei verso un’azione comune. Questo fu l’effetto che Trump ebbe sull’Europa la prima volta, con la Cancelliera tedesca Angela Merkel che si ergeva come leader indiscussa dell’Europa, del multilateralismo e del “mondo libero”.

Una possibile azione comune europea su commercio e difesa

Anche oggi possiamo immaginare alcune aree in cui l’ansia europea potrebbe trasformarsi in azione comune. Sul commercio internazionale, ad esempio, i piani sono abbastanza avanzati, non da ultimo considerando che la competenza in materia di commercio risiede a Bruxelles. Sono state sviluppate tattiche e strategie che vanno dal corteggiare Trump con generose offerte commerciali fino, in caso di fallimento, a optare per la ritorsione. Non sarà facile mantenere un fronte comune, sia perché l’Ue è ora più dipendente dagli Usa, sia per quanto riguarda la difesa e l’energia (che possono essere militarizzate contro l’Europa), sia perché alcuni Paesi, in particolare Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi, sono più esposti di altri al commercio estero e quindi più propensi a cedere. Inoltre, l’Europa è già in una semi-guerra commerciale con la Cina, rendendo ancora più difficile sostenere un conflitto economico su due fronti contemporaneamente. Ma almeno esistono dei piani per gestire questo scenario e un solo attore – la Commissione – per attuarli.

La seconda area in cui la vittoria di Trump potrebbe mobilitare un’azione europea è la difesa. Da mesi si parla di difesa europea, possibilmente attraverso un consistente fondo europeo per la difesa finanziato con l’emissione di debito comune. Esiste già una costellazione di Stati disposti a muoversi in questa direzione, che va dai membri nord orientali, che si sentono particolarmente minacciati dalla Russia, a quelli occidentali e meridionali, tra cui Francia, Italia e Spagna, generalmente favorevoli a una maggiore spesa a livello europeo. La vittoria di Trump potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore di questi Paesi, spingendo membri riluttanti come Germania e Paesi Bassi verso questa direzione. È anche possibile che le idee finora vaghe e deludenti riguardo a un patto di sicurezza tra Ue e Regno Unito possano ora acquisire maggiore consistenza e ambizione.

Trump 2.0 e le sfide per l’Europa

Qui finiscono gli aspetti positivi. In effetti, potrebbero non realizzarsi mai, perché Trump 2.0 rappresenta una sfida molto più grande per l’Europa rispetto alla sua prima incarnazione. Non è “solo” Donald Trump e il partito repubblicano ad aver vinto le elezioni Usa, compresa la Casa Bianca, il Senato e la Camera dei Rappresentanti. È il movimento MAGA che ha vinto: la sua coesione ideologica e politica, il controllo dell’esecutivo, legislativo e giudiziario, e la sua presenza nel big tech e nel campo della (dis)informazione non hanno nulla a che vedere con il 2016. Se Trump è determinato a condurre una guerra economica, abbandonare l’Ucraina, disimpegnarsi dalla sicurezza del continente e giocare al divide et impera in Europa, oggi è molto più attrezzato per farlo rispetto al suo primo mandato.

L’area in cui questo si manifesterà più platealmente è l’Ucraina. Al di là di ciò che potrebbe accadere sul campo di battaglia in caso di un brusco disimpegno militare statunitense dall’Ucraina (che gli europei potrebbero compensare solo in parte), la vera questione riguarda le ripercussioni politiche. È probabile che i Paesi del nord e dell’est Europa, la cui sicurezza è in gioco, cerchino di resistere alla spinta di Trump per la resa dell’Ucraina. E forse lo farebbero anche la Francia e il Regno Unito. Ma che dire della Germania, e ancora di più dell’Italia? Faccio fatica a immaginare che Berlino o Roma non cedano alle sirene della resa (mascherata sotto il linguaggio della “pace”). Viktor Orban potrebbe non essere più un caso così isolato in Europa in futuro. In breve, la vera minaccia per l’Europa è di natura politica: un’Europa divisa da Trump è una manna dal cielo per Vladimir Putin.

Questo mi porta all’ultimo e più importante punto, relativo alla democrazia. Le elezioni sono un pilastro fondamentale della democrazia liberale. A questo proposito, le elezioni Usa, come quelle in Europa, hanno dimostrato che questo principio chiave rimane saldo. Ma sappiamo bene che le elezioni da sole non sono sufficienti per proteggere la democrazia, se non sono accompagnate dalla separazione dei poteri, dall’indipendenza della magistratura, dai diritti civili e dalle libertà individuali, a partire dalla libertà dei media, che sono altrettanto importanti. Queste caratteristiche della democrazia sono in pericolo non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. Il ritorno di Trump potrebbe inaugurare l’orbanizzazione di diversi paesi europei, non “solo” in politica estera, ma anche a livello interno. 

Se l’elezione di Trump dovesse rivelarsi catastrofica per l’Europa, la colpa sarebbe solo nostra. Se le nostre democrazie fossero forti e i nostri leader coraggiosi e lungimiranti, il ritorno di Trump potrebbe persino essere una benedizione mascherata per l’Europa. Ma oggi, in Italia e in Europa, di visione e coraggio ce ne sono davvero pochi.

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