La dottrina strategica francese adottata a novembre 2022, la Revue nationale stratégique (RNS), porta sotto i riflettori lo scenario di un confitto ad alta intensità tra Stati con capacità militari avanzate e comparabili tra loro.
Contrariamente ai documenti adottati in precedenza, nella RNS questa nozione non viene evocata in riferimento a interventi in teatri operativi all’estero, ossia una situazione tattica circoscritta e lontana dal territorio francese, ma in relazione a un potenziale confronto militare interstatale sul Vecchio Continente: una minaccia largamente secondaria per le dottrine strategiche dell’Europa occidentale nell’assetto post-bipolare fino al 24 febbraio 2022.
I conflitti asimmetrici
Con la dissoluzione del blocco sovietico, la Francia – come fatto dall’Italia – ha avviato un processo di revisione della propria postura strategica. Venendo meno il bisogno di proteggere i propri confini nazionali da una minaccia convenzionale, nel quadro della difesa collettiva Nato dell’intera Europa occidentale, si è diffusa la possibilità sfide di tipo asimmetrico, quali la lotta al terrorismo, l’instabilità di regioni considerate importanti per i propri interessi nazionali e la proliferazione di armi non convenzionali.
Di conseguenza, soprattutto a seguito della pubblicazione del Libro bianco sulla difesa e la sicurezza del 1994, lo strumento militare francese è stato progressivamente proiettato in teatri distanti dal suolo nazionale, ritenuti i bacini da cui provengono tali minacce. Si è avviata una fase di de-territorializzazione della difesa: con la professionalizzazione delle forze armate conseguente alla fine della coscrizione obbligatoria – annunciata dall’allora Presidente Jacques Chirac nel 1996 e concretizzatasi nel 2001 – il dispositivo militare francese diviene più agile, leggero e rivolto a missioni internazionali di risoluzione di crisi d’intensità variabile, le cosiddette opérations exterieures (OPEX). In ultima istanza, in risposta alla fine della Guerra fredda, la difesa francese si orienta verso scenari asimmetrici piuttosto che di guerra inter-statale.
Il ritorno alla ‘difesa del Paese’
Tuttavia, con la guerra di aggressione lanciata dalla Russia all’Ucraina, la difesa del territorio nazionale da un avversario alla pari (territorial defence) è tornata a essere un bisogno operativo prioritario. Prendendo atto di questa cesura, la RNS ha portato alla ribalta la prospettiva di uno scontro militare interstatale ad alta intensità. Ciò solleva due quesiti: da un lato, occorre domandarsi se rappresenti per la Francia un cambiamento nella percezione delle minacce alla propria sicurezza nazionale tale da comportare una revisione delle proprie priorità strategiche e, dall’altro, se quest’ultima implichi un riorientamento del dispositivo militare francese.
Per quanto attiene alla prima questione, la RNS ridefinisce la gerarchia delle priorità strategiche della Francia in ragione della rinnovata salienza posta sull’alta intensità. In un «quadro sempre più marcato dall’alta intensità del confronto potenziale tra forze convenzionali», si legge nella RNS, il terrorismo islamista cessa di essere una sfida totalizzante.
Sebbene nella RNS si constati la persistenza della minaccia terrorista, è chiaro che il focus strategico non sia più incentrato esclusivamente su di essa e sulla stabilizzazione di aree di crisi. Se la lotta al terrorismo – negli ultimi anni perno dell’impegno militare francese, all’interno e al di fuori del territorio nazionale – è concepita come «una guerra intensa sul piano politico, ma poco intensa sul piano militare», il 24 febbraio 2022 dimostra drammaticamente il cambio di scala, ritmo e intensità delle operazioni di combattimento.
La RNS ne prende atto e pone l’accento sulla crucialità di aspetti che negli ultimi decenni sono stati parzialmente accantonati dalle forze armate francesi, al pari di altri Paesi dell’Europa occidentale, quali la logistica, la massa (centrale nella strategia della Russia) e il disporre di grandi quantità di approvvigionamenti e pezzi di ricambio.
Il rimando alla necessità di coinvolgere il settore industriale e civile della società per assicurare la resilienza della nazione rappresenta probabilmente il punto più dirompente della RNS rispetto all’equilibrio instauratosi con la fine del bipolarismo, grazie a cui l’Europa è divenuta essenzialmente una potenza civile. Il richiamo a concetti quali la forza morale, la coesione nazionale e l’economia di guerra, congiuntamente al ricorso a un linguaggio più militarizzato e conflittuale, simboleggia l’adozione di una postura maggiormente securitaria e segna – quantomeno a livello vocale – un cambio di paradigma per una democrazia liberale come la Francia.
Le forze armate e lo scenario di una guerra di attrito
Per quanto concerne la seconda questione, l’enfasi riposta su un conflitto ad alta intensità esigerebbe, sul piano teorico, una riconfigurazione dello strumento militare francese poiché dinanzi a tale possibilità il modello costruito negli anni Novanta improntato sull’agilità e sulla proiezione in teatri esterni (deployability) si troverebbe in forte difficoltà, anche sotto il profilo logistico e di approvvigionamento industriale. L’acquis strategico derivante dalle esperienze passate, dal Sahel all’Afghanistan, è stato difatti maturato e ponderato su uno scenario di conflitto asimmetrico e non alla pari (peer-to-peer).
Al contrario, la guerra in Ucraina – accostando tecniche moderne e multidominio a modalità di combattimento convenzionale – non solo conferma l’importanza di mantenere una superiorità tecnologica per avere un vantaggio strategico sul campo, ma soprattutto segna il ritorno delle logiche di scontro proprie a una guerra di logoramento su larga scala perdurante nel tempo contro un avversario alla pari. Un’ipotesi di cui non si aveva esperienza in Europa dalla prima metà del Novecento e che il modello expéditionnaire francese non è adatto ad affrontare, sia in termini di massa che di tipo di preparazione, come emerge nei rapporti della Corte dei Conti e della Commissione parlamentare di difesa e delle forze armate redatti antecedentemente al 24 febbraio 2022.
Un ruolo cruciale nella definizione e attuazione della strategia francese è inoltre giocato dalla Legge di programmazione militare (Loi de programmation militaire), la quale fissa la cornice del bilancio pluriennale delle forze armate in un orizzonte temporale compreso tra i quattro e i sette anni.
Oltre a venire accusata di essere il risultato di un lavoro condotto prettamente dall’esecutivo francese, senza il coinvolgimento del Parlamento né del mondo accademico e dei think tank, la RNS è stata criticata perché non identifica precisi assi prioritari attorno a cui sostanziare l’ambiziosa visione strategica della Francia. Tale compito viene dunque demandato alla futura LPM per il settennato 2024-2030 attualmente in discussione in Parlamento. Qualora l’effettiva allocazione delle risorse per la difesa che verrà votata dall’Assemblée nationale sia coerente con la rinnovata enfasi dottrinale sull’alta intensità, è verosimile aspettarsi un concreto cambiamento dell’assetto militare francese verso la difesa territoriale a discapito dei conflitti asimmetrici.
In conclusione, occorre seguire con attenzione l’evoluzione della postura francese, essendo la Francia un partner chiave dell’Italia in diversi dossier di sicurezza internazionale e difesa, sia a livello operativo che industriale.
Foto di copertina EPA/Bob Edme / POOL