I primi due mesi della seconda Amministrazione Trump sono già stati sufficienti a erodere ogni precedente certezza sulle fondamenta dell’ordine internazionale. Tra dazi, politiche commerciali sempre più aggressive, riavvicinamento con la Russia e abbandono della causa ucraina, la faglia atlantica tra Stati Uniti ed Europa non è mai parsa tanto ampia. Un contesto così caotico e volatile da impattare inevitabilmente anche sul tanto annunciato ‘reset’ tra Unione Europea (Ue) e Regno Unito, che sembra sempre più avviato a un processo di accelerazione il cui punto di caduta è però difficile da immaginare.
L’Europa prova a cambiare passo
Il crescendo con cui Donald Trump ha prima adulato Vladimir Putin, poi umiliato Volodymyr Zelensky e infine messo nel mirino Bruxelles sembra aver suscitato un primo cambio di passo nelle principali cancellerie europee. La consapevolezza di non poter più contare su un affidabile alleato a Washington e di doversi assumere la responsabilità della propria sicurezza ha portato l’Ue a fare importanti passi in tal senso. Sinora, a guidare questa nuova fase sono stati soprattutto Emmanuel Macron e i Paesi in prima linea dinanzi alla minaccia russa, senza dimenticare l’assertività sin qui mostrata dal nuovo Cancelliere tedesco Friedrich Merz. In questo mosaico in rapida ricomposizione, fuori dalla cornice Ue un ruolo di primo piano lo ha sin qui giocato il Primo Ministro britannico Keir Starmer. Prima ospitando un summit a Londra con alcuni dei principali leader europei, poi ponendosi alla guida assieme alla Francia della ‘coalizione dei volenterosi’ per offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina per mezzo di un contingente da dispiegare sul territorio. Il Regno Unito sembra tornato al centro della scena europea per la prima volta dal 2016, sottolineando come Brexit non abbia in fondo separato gli obiettivi strategici che legano Bruxelles e Londra.
La dimensione economica del reset, e le implicazioni sulla sicurezza
La data cerchiata in rosso per il futuro del reset Ue-Regno Unito è stata a lungo quella del 19 maggio 2025, ovvero il summit ufficiale che dovrebbe fornire l’occasione per affrontare temi delicati quali il miglioramento delle relazioni economiche e commerciali, e il futuro del tanto discusso Security Pact. Gli avvenimenti delle ultime settimane, però, potrebbero aver impresso un’accelerazione imprevista, nonostante permangano importanti nodi da sciogliere.. La formula della ‘coalizione dei volenterosi’, emersa anche a causa delle resistenze interne di alcuni Stati membri, va nella direzione di modelli di cooperazione basati su gruppi di paesi che stringono accordi ad hoc. Questo scenario si discosta dalle discussioni degli ultimi mesi sul Security Pact, finora concepito come un accordo a tutto campo tra Londra e Bruxelles. In teoria, la situazione attuale suggerirebbe la necessità di superare intese informali e dichiarazioni di principio a favore di una cooperazione più strutturata. Tuttavia, resta da vedere se l’urgenza della crisi spingerà effettivamente in questa direzione o se prevarrà la preferenza per formati più agili e flessibili anche al di fuori del quadro istituzionale dell’Ue. Inoltre, c’è anche una dimensione economica del reset che intreccia i destini con quella di sicurezza. Il recente incremento delle spese per la difesa in ambito comunitario sembra destinato a riaprire il dibattito sulle regole Ue riguardanti la partecipazione di paesi terzi ai programmi di procurement militare, tema particolarmente sensibile per Londra. Al tempo stesso, nel Regno Unito ci si aspetta che il nuovo quadro strategico possa portare Bruxelles ad attenuare le proprie posizioni su questioni commerciali, come gli accordi sanitari e fitosanitari o le barriere non tariffarie. Infine, il fattore Trump potrebbe incidere anche su questo scenario: un maggiore allineamento tra Londra e Bruxelles su questi temi potrebbe essere interpretato dalla Casa Bianca come una presa di posizione britannica a favore dell’Ue.
Momento Churchill?
Il forte attivismo di Starmer nell’assumere un ruolo di primo piano in politica estera e nell’architettura di sicurezza europea ha suscitato vivaci reazioni, in patria e all’estero, spingendo importanti osservatori politici a definire il suo come un ‘Momento Churchill’, con riferimento ai grandi successi di politica estera del Primo Ministro che guidò il Regno Unito durante la Seconda Guerra Mondiale. Sulla strada di Starmer restano però alcuni ostacoli non di poco conto. Innanzitutto, il futuro del rapporto transatlantico. Il Regno Unito non vuole rinunciare al proprio ruolo di ponte tra Washington e l’Europa per ragioni storiche, culturali e strategiche, pensando così di poter consolidare la propria centralità post Brexit come collante tra le due sponde dell’Atlantico. Ma se il divario tra le due parti sulla questione ucraina dovesse ampliarsi ancora, questo delicato equilibrismo potrebbe diventare insostenibile e Londra dovrà scegliere con chi schierarsi. In secondo luogo, c’è il fronte interno e l’impellente urgenza di reperire risorse. Per innalzare la spesa militare, Starmer ha recentemente tagliato i fondi allo sviluppo internazionale, scatenando proteste interne al partito e le dimissioni del Ministro Dodds. Per sostenere i suoi ambiziosi piani per la sicurezza europea, però, il governo dovrà ora e in futuro trovare molti più fondi in un contesto di crescita economica stagnante. Ridurre ulteriormente la spesa pubblica, a scapito soprattutto del sistema sanitario, vorrebbe dire contravvenire a ogni promessa elettorale e colpire un’opinione pubblica sin qui solidamente favorevole all’Ucraina. Confermarsi l’architrave della sicurezza europea senza smantellare quel poco che resta del welfare britannico sarà una sfida esiziale per Starmer. Per evitare un altro frammento del destino di Winston Churchill nel 1945, spesso dimenticato: mettere al riparo la sicurezza dell’Europa, per poi perdere le elezioni.
Ricercatore nel programma “Ue, politica e istituzioni” dell’Istituto Affari Internazionali. I suoi interessi di ricerca includono la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, i rapporti tra organizzazioni internazionali nel settore della difesa euro-atlantica, i rapporti tra Ue e Regno Unito in ambito di difesa e sicurezza, il terrorismo internazionale e la sicurezza climatica.