Da consumatori a produttori di sicurezza: i Balcani occidentali e l’Europa della difesa

In un panorama di sicurezza in rapida evoluzione, l’autonomia strategica dell’Unione Europea dovrebbe comprendere anche l’integrazione di partner regionali capaci. I Balcani occidentali, considerati negli ultimi anni da molti periferici in termini geopolitici, stanno emergendo come proattivi produttori di sicurezza piuttosto che come passivi consumatori della stessa. Questa trasformazione è particolarmente evidente nella crescente spesa militare, nel rafforzamento delle industrie della difesa locali che si rivelano economicamente vantaggiose, e nella maggiore ambizione di assumersi più responsabilità per la sicurezza del proprio angolo del continente. Oltre al loro contributo operativo alle missioni dell’UE, questi Paesi rappresentano un’opportunità strategica per l’UE per rafforzare la propria prontezza militare, anche in termini di strutture per l’addestramento, e la resilienza industriale.

Spese nella difesa crescenti e procurement anche europeo

I Balcani occidentali hanno notevolmente aumentato la propria spesa nella difesa: la media della regione supererà il 2% del PIL nel 2025, con alcuni Paesi come Serbia, Macedonia del Nord e Albania che si avvicinano o hanno già raggiunto la soglia del 2,5%. In particolare, oltre il 20% dei bilanci della difesa è destinato al procurement di equipaggiamenti, rispettando un parametro di riferimento chiave della NATO per una capacità militare credibile. La Macedonia del Nord e il Montenegro, ad esempio, hanno effettuato acquisizioni significativi dagli stati membri dell’UE, quali elicotteri italiani e francesi e veicoli blindati tedeschi. Anche la Serbia, nonostante i suoi complessi allineamenti geopolitici, si è rivolta a fornitori europei per sistemi radar, velivoli e sistemi di difesa aerea. Questo crescente approvvigionamento da fornitori UE sostiene direttamente la base tecnologica e industriale di difesa europea, migliorando al contempo l’interoperabilità.

Mezzo milione di proiettili di artiglieria da una sola azienda bosniaca

Da notare come a loro volta i Balcani occidentali abbiano industrie della difesa efficienti e con significativo potenziale. Con oltre 200 aziende, principalmente in Serbia e Bosnia-Erzegovina, la regione produce artiglieria, armi leggere e munizioni, spesso a prezzi più competitivi rispetto alle controparti occidentali. La sola Serbia ha visto 1,2 miliardi di euro di esportazioni militari nel 2021. Con l’inizio della guerra in Ucraina, la regione è riuscita a espandere ulteriormente  produzione ed esportazioni: una sola azienda in Bosnia-Erzegovina può produrre fino a 500.000 proiettili di artiglieria all’anno, un quarto dell’obiettivo che l’intera UE cerca di raggiungere.  Queste industrie, compatibili con gli standard NATO, sono ben posizionate per soddisfare le urgenti esigenze europee di procurement, in particolare a sostegno dell’Ucraina. Con investimenti minimi, l’UE potrebbe ampliare significativamente questa capacità produttiva nei Balcani occidentali, assicurando una catena di approvvigionamento resiliente, vicina ed economicamente vantaggiosa.

Il rapporto costo-efficacia non è solo una questione economica, è una risorsa strategica. Le difficoltà dell’UE nel rispettare gli impegni in materia di fornitura di munizioni nei confronti dell’Ucraina illustrano i limiti della sua attuale capacità industriale quando si tratta di produzioni di massa di determinati mezzi. L’integrazione dei fornitori dei Balcani occidentali nelle catene di approvvigionamento dell’UE allevierebbe questi vincoli. Inoltre, la vicinanza alla linea del fronte in Ucraina e al fianco orientale della NATO, in particolare rispetto ai fornitori extraeuropei, riduce i problemi logistici e accorcia i tempi di consegna. Con investimenti adeguati e un allineamento normativo, la regione potrebbe anche fare un balzo in avanti verso tecnologie di nuova generazione come droni e sistemi anti-drone, un campo in cui alcuni Paesi, come il Kosovo e l’Albania, stanno già valutando partnership con gli alleati della NATO.

Il contributo dei Balcani occidentali alle missioni UE e NATO…

Oltre alle spese nella difesa e alla relativa industria, i Balcani occidentali contribuiscono operativamente alla sicurezza europea. Paesi come Albania, Macedonia del Nord e Montenegro hanno fornito aiuti militari all’Ucraina, inclusi elicotteri, carri armati e veicoli blindati. Sebbene i contributi della Serbia siano stati più discreti, aiuti significativi sono comunque giunti da Belgrado a Kyiv, tramite forniture di armi per oltre 800 milioni di euro passate per stati terzi fino alla metà del 2024.

I paesi dei Balcani occidentali partecipano anche a numerose missioni della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) dell’UE, comprese le operazioni in Africa e nella regione del Mediterraneo. I loro contingenti, sebbene di dimensioni modeste, sono altamente specializzati e dimostrano una crescente interoperabilità con le forze dell’UE e della NATO. La Balkan Medical Task Force, un’unità medica militare multinazionale, è un buon esempio al riguardo. I contributi regionali a EUFOR Althea e a missioni NATO come KFOR e Enhanced Forward Presence mostrano il potenziale per una più profonda integrazione.

…e i loro vantaggi geografici per il fianco est

La posizione geografica della regione costituisce un altro valore aggiunto nell’attuale quadro strategico europeo. Posizionati tra il Mediterraneo e l’Ucraina, i Balcani occidentali sono fondamentali per la logistica militare. Progetti infrastrutturali come il Corridoio 8, che collega l’Adriatico e il Mar Nero, estendendosi dall’Italia alla Bulgaria, e strutture come la base aerea NATO di Kuçovë, sono fattori essenziali per la mobilità militare europea. Nonostante ciò, gli investimenti dell’UE nella mobilità militare nella regione rimangono minimi: colmare questa lacuna è diventata una necessità strategica.

Le capacità di addestramento rafforzano anche le credenziali della regione come fornitore di sicurezza. Il poligono di Krivolak ospita regolarmente esercitazioni NATO su larga scala, come quella del 2022 che ha coinvolto 4.600 militari provenienti da otto Paesi, mentre il centro di addestramento per la sicurezza informatica del Kosovo sottolinea l’evoluzione delle capacità della regione nel contesto contemporaneo.

In conclusione, per beneficiare appieno del potenziale della regione, l’UE deve considerare i Balcani occidentali come partner nella difesa, non solo come candidati all’allargamento. Includerli in iniziative di procurement congiunto, facilitare la loro partecipazione ai meccanismi di finanziamento della difesa europea come lo European Defence Indusry Programme (EDIP) e sostenere le industrie locali con investimenti mirati produrrebbe risultati tangibili. Inoltre, tale integrazione fungerebbe da acceleratore politico per l’allargamento dell’UE, allineando gli imperativi strategici e istituzionali.

La trasformazione dei Balcani occidentali da consumatori a produttori di sicurezza è già in corso. Tuttavia, senza un approccio consapevole e strutturato dell’UE all’integrazione della difesa, gran parte di questo potenziale rimarrà inutilizzato. Riconoscere e investire nelle capacità industriali e operative della regione non è più un’opzione facoltativa, è diventato funzionale alla più ampia sicurezza e autonomia strategica dell’Europa. L’UE si trova ad affrontare crescenti sfide alla sua prontezza militare, dai vincoli delle catene di approvvigionamento alle incertezze geopolitiche. I Balcani occidentali offrono non solo un rinforzo, ma anche resilienza. Mentre l’Europa ridefinisce la sua postura complessiva nella difesa, queste nazioni devono essere viste come attori partecipi alla costruzione di un’architettura di sicurezza europea più forte, più autonoma e più preparata per il contesto attuale e futuro.

L’articolo è tratto dal report Europe’s Overlooked Allies: Why the Western Balkans Matter for EU Defence Readiness

Responsabile del Programma "Difesa, sicurezza e spazio" dell’Istituto Affari Internazionali. Dal 2018 è anche docente presso l’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI) del Ministero della Difesa italiano. E' stato mentor presso il NATO Defense College, e dal 2016 è membro del comitato scientifico del Armament Industry European Research Group (Ares Group).

Ana Krstinovska

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