Come affrontare lo scenario nucleare

Qualche giorno fa il filosofo Umberto Galimberti, interloquendo con Nathalie Tocci, direttrice dello IAI, in un talk show televisivo, si è detto convinto che Vladimir Putin userà la bomba atomica nella guerra che ha scatenato. Prima dell’estate lo scrittore e fisico nucleare Paolo Giordano, in un editoriale del Corriere della sera, aveva scritto che “l’invasione dell’Ucraina rappresenta il fallimento della pace basata sulla deterrenza nucleare”.

Una eventualità e due scenari alternativi

La maggioranza degli esperti e degli osservatori internazionali ha finora ritenuto che, sì, quanto più quello che tutti chiamano il “nuovo zar russo” si sentisse messo in angolo dall’insuccesso della sua “operazione speciale” tanto più aumenterebbe il rischio di un suo ricorso all’arma nucleare, anche se in versione “tattica”; ma che l’eventualità resta molto improbabile. Ora il trucco mediante il quale le quattro province del Donbas occupate (non definitivamente) dai russi, sono diventate territorio integrante della Federazione Russa attraverso referendum fasulli, per cui azioni ostili in esse colpiscono la “madre patria”, sembra rendere l’eventualità un po’ meno improbabile.

Diciamo che rappresenta uno scenario da considerare accanto agli altri due più diffusi. Quello del prolungamento della guerra di logoramento in corso fra aggressori e resistenti, con gli alti e bassi a cui la cronaca ci ha abituato da oltre sette mesi a questa parte. E quello della guerra ibrida che, parallelamente agli scontri sul campo di battaglia, si sta svolgendo con le sanzioni economiche, i ricatti energetici e i sabotaggi alle linee di comunicazione e di commercio (compresi i gasdotti?); per non dire delle attività proprie del cosiddetto cyberspacea noi quasi del tutto ignote.

Volendo, lo scenario nucleare sarebbe da dividere a sua volta in due, se dobbiamo includervi quello dell’attacco strategico all’Occidente, cosa che facciamo principalmente per tener conto delle ipotesi apocalittiche care a un Medvedev, al quale è pur bene ricordare che è valutazione degli esperti – e magrissima consolazione per noi altri – che il massacro avrebbe grandi probabilità di essere più esteso per la sua gente che per quella che lui vuole “punire”.

Il ritorno della bomba atomica sullo scacchiere internazionale

Resta l’altra ipotesi, che non chiameremo più ragionevole essendo anch’essa folle. Solo un po’ meno. L’uso dell’arma nucleare tattica ha due variabili: la sua potenza, con conseguente raggio d’azione dell’ordine del centinaio di metri o poco più, e il suo punto di caduta, su obbiettivi militari o civili o simbolici. Tali variabili, non note in anticipo, possono incidere sulla risposta. Comunque, in linea di principio, questa non dovrà essere in kind, cioè nucleare, così da lasciare a Putin non solo la paternidel first use ma anche la responsabilità dinanzi ai suoi e al mondo di esser solo ad aver riportato “la bomba” nella geostrategia e nella narrazione globale – temporaneamente, si spera.

Ma deve essere proporzionata, la risposta, cioè infliggere ai perpetratori un danno non inferiore – meglio se molto superiore – a quello subito dall’Ucraina. Il che comporterà il trasferimento alle sue forze armate di armi ancora più efficaci e, a questo punto, atte a colpire gangli militari e logistici anche in territorio russo (non più diverso dalle province orientali, ce lo dicono dal Cremlino). Inoltre non sarà da escludere una maggiore esposizione di attori occidentali nelle operazioni. Infine le contromisure belliche rientranti nella categoria ibrida andranno significativamente potenziate.

Lunga vita alla deterrenza 

Da non filosofo sono portato a ritenere che neanche lo scenario meno folle sia probabile. Ma da curioso delle vicende internazionali credo che a questo punto esso vada contemplato come worst case e che le diplomazie occidentali, nordamericane ed europee, vi siano preparate.

Quanto alla deterrenza nucleare, non diamola per fallita. Essa ha finora impedito che l’attacco all’Ucraina diventasse una guerra fra la Russia e la Nato, o addirittura fra Oriente e Occidente, come qualcuno vorrebbe. E anche nello scenario dell’impiego dell’atomica tattica, potrebbe svolgere il ruolo di moderatore dell’escalation, grazie al nostro non ricorrere alla risposta nucleare e al contestuale, grave costo che si andrebbe a imporre all’aggressore. Chissà che non possa pervenire così anche al suo disinnesco. Long live deterrence. 

Foto di copertina EPA/ALEXEI DRUZHININ

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