Il Generale inverno e la guerra all’Ucraina

Bombe sempre più numerose, anche su obiettivi civili. Nel mirino dei missili russi, oltre a infrastrutture essenziali, reti elettriche, ferrovie, ogni giorno ci sono case, scuole, martellate dall’artiglieria di Mosca. La battaglia infuria intorno a Pokrovsk, cittadina del Donestk, una volta con sessantamila abitanti, ora del tutto abbandonata. Negli ultimi giorni le truppe russe sono riuscite ad avanzare, approfittando della nebbia, fino alle porte della città, assediata da tre lati, nonostante la tenace resistenza degli ucraini.

Il valore strategico e simbolico di Pokrovsk

Della conquista di Pokrovsk si parla da tempo. L’offensiva dei russi, in atto da mesi, si concentra su quel centro perché lo considera uno snodo cruciale per dilagare a ovest, completare l’occupazione del Donetsk e spingersi sulla direttrice verso Kyiv. Ha anche un valore simbolico, dopo i tanti annunci della propaganda russa e i ripetuti rinvii di mese in mese della scadenza per la sua conquista da parte di Mosca. Si ripete che la caduta di Pokrovsk, imminente se non già avvenuta, costituirà una svolta strategica nella guerra. Per la verità anche nel 2023-2024, durante il lunghissimo assedio a Bakhmut, era opinione comune che, perso quell’avamposto, le conseguenze sarebbero state deleterie per l’Ucraina. Poi la cittadina cadde nelle mani dei russi, ma senza modificare l’equilibrio delle forze. Accadrà lo stesso a Pokrovsk?

La lentezza dell’avanzata russa nel Donbass

La battaglia di Pokrovsk dimostra comunque qualcosa, innanzitutto la lentezza dell’avanzata russa. Si continua a combattere con una tecnica da trincea e a sacrificare una quantità enorme di uomini, per spostare la bandiera solo poche decine di metri più avanti. Si calcola che se il ritmo della conquista russa di territorio restasse questo, ai russi servirebbero altri quattro anni per occupare l’intero Donbass.   

La resistenza dell’Ucraina e il calo del sostegno statunitense

Poi, c’è la resistenza ucraina. Spossate, a corto di uomini e di mezzi, le forze di Kyiv sono spesso considerate al limite del tracollo. Eppure per lunghi mesi hanno retto il fronte, certo, grazie al supporto militare occidentale, ma anche per una profonda motivazione nel difendere il proprio Paese. A quasi quattro anni dall’inizio dell’aggressione, la tesi di chi la dipingeva come una guerra per procura – con gli ucraini delegati a battersi per conto degli “imperialisti occidentali” – suona ancor più astrusa. Da dieci mesi il sostegno degli Usa all’Ucraina vacilla, su una linea di altalenante ma sostanziale disimpegno degli Stati Uniti. Per Donald Trump, più che difendere l’Ucraina, la priorità è compiacere la Russia.

Mosca non arretra: arruolamenti in calo e obiettivi strategici immutati

A Mosca però non si intravedono segni di ripensamento. I costi della guerra sembrano irrilevanti, ma le conseguenze sono pesanti. In Russia, a fronte dei 420.000 militari arruolati nel 2024, quest’anno se ne sono mobilitati solo 300.000, mentre quest’autunno il reclutamento è in caduta libera. Mandare le reclute a morire ha un costo proibitivo, le risorse non sono infinite. Anche i bilanci militari risentono delle sanzioni, specie delle limitazioni all’esportazione di petrolio russo. L’obiettivo resta la “denazificazione” e la smilitarizzazione dell’Ucraina, nulla di nuovo. Il disegno continua a essere la conquista di altra terra, per annettere anche fisicamente, non solo sulla carta, l’intero Donbass. Poi si tratterà di chiudere l’accesso dell’Ucraina al Mar Nero, con l’occupazione di Kharkiv, Mykolaiv e Odessa, e di piegarla al pieno controllo da parte di Mosca.

Un inverno durissimo per l’Ucraina e il ruolo cruciale dell’Europa

L’inverno si preannuncia molto duro per gli ucraini, alle prese con le difficoltà di forniture e uomini. Mosca è convinta che il tempo sia dalla sua parte e molti temono che abbia ragione. Per questo saranno determinanti la volontà e la capacità dell’Europa di mantenere un sostegno adeguato alla difesa dell’Ucraina. Le leve di pressione sulla Russia sono note, dalle sanzioni al finanziamento del Purl (Prioritized Ukraine requirements list), ora il principale oggetto del contendere tra alleati. Ma si riuscirà ad azionare quelle leve per contenere l’offensiva russa e favorire una tregua e un vero negoziato tra le parti?

I rischi del mancato sostegno europeo all’Ucraina

I dubbi e i distinguo dei Paesi europei non aiutano. Il supporto all’Ucraina ha un costo e i governi non possono prescinderne. Tuttavia, a questo stadio, sarebbe utile anche una valutazione obiettiva del “costo” – politico, economico, di sicurezza – del mancato sostegno. Tra giravolte americane e esitazioni europee davanti alle necessità di difesa ucraine, il rischio non è solo di venir meno ai nostri valori ma di compromettere gravemente e a lungo i nostri interessi.

Valensise

Presidente dell'Istituto Affari Internazionali e presidente del Centro italo-tedesco per il dialogo europeo Villa Vigoni su proposta congiunta dei governi italiano e tedesco. Diplomatico di carriera, ha lavorato alla Direzione degli Affari Economici (1975), all’Ambasciata d’Italia a Brasilia (1978) e all’Ambasciata d’Italia a Bonn (1981). Dal 1984 al 1987 è stato consigliere a Beirut. Nel 1991 è nominato Primo consigliere a Bruxelles, presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione Europea. Nel 1997 diventa ambasciatore a Sarajevo. Nel 1999 assume la direzione dei Rapporti con il Parlamento e poi del Servizio Stampa alla Farnesina. È Ambasciatore a Brasilia dal 2004, a Berlino dal 2009 e Segretario Generale della Farnesina dal 2012 al 2016.

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