Tanzania, i giorni più bui

Le elezioni generali per eleggere il Presidente e i membri dell’Assemblea nazionale in Tanzania del 29 ottobre scorso hanno dato vita ai giorni più traumatici del paese dai tempi dell’Indipendenza. Durante il giorno delle elezioni e in quelli successivi, si sono verificate proteste spontanee contro la presidente Samia Suluhu Hassan in varie aree del paese, dalla capitale a zone di confine con il Kenya. Le proteste sono nate dalla stretta autoritaria che ha fatto incarcerare leader dell’opposizione e ha messo fuori legge praticamente tutta l’opposizione. Hassan ha vinto le elezioni con un poco credibile 97,6% dei voti dichiarati, con un’affluenza ufficiale alle urne dell’87%. Questa cifra è stata accolta con scetticismo, poiché rappresenta un aumento significativo rispetto al 50% delle elezioni del 2020 e si avvicina al numero totale di cittadini in età di voto registrati nel censimento del 2022. Samia Suluhu Hassan era entrata inizialmente in carica nel 2021 come prima presidente donna della Tanzania dopo la morte del presidente John Magufuli. Inizialmente, sembrava voler allentare la repressione politica nei primi mesi, ma da allora lo spazio politico si è ristretto e la stretta su opposizione e voci critiche nel paese è aumentata col passare del tempo.

Il trauma per il paese, però, non deriva dal risultato elettorale, che si era già delineato nei mesi scorsi, ma dalla violenza senza freni usata per sopprimere le proteste. Le forze di sicurezza non hanno infatti esitato a sparare ai manifestanti nelle strade. Diverse testimonianze parlano di feriti e morti tra semplici passanti o persone sulla porta di casa. Alcuni video mostrano cadaveri accatastati e lasciati sui bordi delle strade, esecuzioni e spari di cecchini. Soltanto in questi giorni, però, stanno emergendo con più chiarezza notizie, testimonianze e materiali. Dalle prime ore elettorali, infatti, il governo tanzaniano ha chiuso completamente internet e imposto sei giorni di coprifuoco e non è facile avere un quadro e numeri accurati. L’opposizione ha parlato già nel giorno delle elezioni di centinaia di morti. Confrontando ora le testimonianze dagli ospedali e di attivisti, i morti potrebbero superare il migliaio. Diverse testate hanno parlato di cadaveri portati via dagli obitori senza comunicazioni ai familiari. Inoltre, diverse famiglie in Kenya hanno espresso preoccupazione per la sicurezza dei loro parenti in Tanzania, in seguito alle segnalazioni secondo cui alcuni keniani sarebbero stati uccisi, feriti o arrestati.

Le reazioni internazionali

Pochi leader internazionali si sono congratulati con la presidente rieletta e il 3 novembre l’Unione europea ha fatto uscire un duro comunicato su come si sono svolte le elezioni e sulla repressione che ne è seguita. Dalla regione, invece, sono arrivati messaggi contradditori. La missione elettorale dell’Unione Africana con 72 osservatori impiegati nel paese ha dichiarato nel primo comunicato del 5 novembre che “le elezioni generali in Tanzania del 2025 non sono state conformi ai principi dell’UA, ai quadri normativi e ad altri obblighi e standard internazionali per le elezioni democratiche”. Durante uno straordinario vertice virtuale della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (SADC) il 7 novembre 2025, presieduto dal Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa, gli Stati membri si sono congratulati con la Presidente Samia per la sua rielezione, esprimendo al contempo il loro cordoglio per la perdita di vite umane durante le proteste. Tuttavia, la Missione di Osservazione Elettorale della SADC aveva pubblicato un rapporto preliminare il 3 novembre 2025, concludendo che il processo elettorale non aveva soddisfatto i requisiti delineati nei Principi e nelle Linee Guida della SADC che regolano le elezioni democratiche.

Riconciliare il paese?

Dalla Presidente e dal suo partito, Chama Cha Mapinduzi (CCM, Partito della Rivoluzione) non sono per ora uscite dichiarazioni aperte a riconoscere quanto successo. Il vicepresidente della Tanzania Emmanuel Nchimbi ha parlato di riconciliazione, ma non è chiaro come questo possa avvenire senza lasciare più spazio a voci critiche e all’opposizione. Inoltre, molte persone non hanno notizie di loro familiari e le violenze rischiano di continuare nei prossimi giorni e in occasioni particolari come per l’insediamento della nuova Assemblea nazionale. Un trauma enorme per la popolazione tanzaniana, abituata a vivere in pace e a fare della pace stessa un connotato del paese.

Bernardo Venturi è ricercatore associato presso lo IAI, dove collabora su Africa, gestione delle crisi civili, relazioni esterne dell’Ue, peacebuilding e cooperazione allo sviluppo.

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