L’assassinio plateale e a sangue freddo di un giovane uomo impegnato politicamente, grazie anche al quale il Presidente deve la propria vittoria, ha profondamente colpito l’opinione pubblica mondiale. Delle dinamiche dell’evento si è già parlato molto – meno dell’assassino Tyler Robinson, che non sembra dialogare con le forze dell’ordine – e non serve ritornare sui dettagli. Piuttosto, è bene trarre delle conclusioni dagli sviluppi di questa vicenda.
La prima cosa da notare è quanto veloci siano stati l’amministrazione Trump e i suoi alleati politici ad usare la tragedia per censurare le voci critiche e gli oppositori in generale. Forti dello shock suscitato dall’accaduto, diverse personalità, a partire dal Presidente che ha promesso vendetta, hanno puntato il dito contro la sinistra colpevole, a loro dire, di aver creato un clima di violenza con una retorica divisiva. Poi Stephen Miller, consigliere politico della Casa Bianca, ha dichiarato a Fox News che, l’ultima volta che aveva parlato con Kirk, questi aveva sottolineato la necessità di bandire la sinistra “che fomenta violenza”. Poco importa che i dati mostrino come sia ben più feroce la violenza proveniente da destra. Vance e Miller hanno poi calcato la mano durante un episodio del podcast di Kirk condotto dal vicepresidente in persona, dove hanno giurato, “in nome di Charlie”, di usare ogni strumento del governo federale per smantellare le organizzazioni politiche di sinistra, descritte da Miller come “vasto movimento terroristico”. Insomma, “in nome di Charlie” si può fare tutto, e pare che la Casa Bianca stia abbozzando un ordine esecutivo sulla violenza politica. A dare un’idea del tono è, ancora una volta, lo stesso Miller, che all’evento funebre in onore di Kirk (dall’estetica più simile ad un incontro di WWE che ad un funerale) si è lasciato andare in un discorso molto duro giurando che dei non precisati “loro”, rappresentanti delle “forze della malvagità e del demonio”, non abbiano idea “di ciò che hanno risvegliato, dell’esercito che hanno attivato in tutti noi”. E ancora: “I nostri nemici non possono capire la nostra forza, la nostra determinazione, la nostra discendenza e la nostra eredità che si congiunge con Atene, Roma, Philadelphia e Monticello […] Lotteremo con più determinazione per ciò che ci avete fatto. Non avete idea del drago che avete risvegliato in noi”. È la retorica del nemico, del “noi, gli eletti, contro di loro, i parassiti” che polarizza, aumenta la tensione e apre le porte alle prese di potere antidemocratiche.
Intanto è iniziata una caccia alle streghe in pieno stile cancel culture per colpire chiunque colpevole di aver gioito per la morte di Kirk o per aver parlato male di lui. Da destra si continuano a condannare i democratici in giubilo per l’assassinio, quando nessun politico democratico ha mostrato una simile reazione. Una strategia di auto-vittimizzazione per legittimare qualsiasi azione contro gli altri, i ‘colpevoli’, non importa quanto sproporzionata. Loro lo hanno ucciso, loro hanno gioito, loro sono disumani e non meritano nessuna pietà. Il primo passo è smantellare la libertà di parola colpendo proprio quel Primo Emendamento a cui i conservatori sono sempre stati gelosamente attaccati. A cominciare dal conduttore del programma late-night Jimmy Kimmel, sospeso (ora reintegrato) a causa dei suoi commenti sull’assassinio di Kirk poco graditi dall’amministrazione dopo che la sua emittente, ABC, aveva subito pressioni dal capo della commissione federale delle telecomunicazioni, la FCC. Questa mossa però si è ritorta contro l’amministrazione: da destra si sono levate critiche al tentativo del governo di rendersi “polizia della verità”. D’altronde la lotta contro la cancel culture è stata uno dei principali cavalli di battaglia dei repubblicani contro il woke.
La seconda conclusione è che ci troviamo di fronte alla conquista totale della dimensione online sulla realtà. Nonostante ogni tentativo da parte della destra non solo americana di assegnare la responsabilità dell’accaduto alla “retorica della sinistra estrema”, infatti, Robinson sembra essere stato più influenzato dal mondo delle sottoculture digitali, da meme la cui comprensione è limitata a frange sempre più ristrette, in cui il confine dell’ironia è molto labile e dove spesso questa si trasforma in semplice cinismo. Non è ancora ben chiara la motivazione del killer, ma non è impossibile che abbia compiuto questo gesto ‘per il meme’. Dopotutto, le scritte incise sulle pallottole come “notices, bulges, OwO, what’s this?”, “Hey fascist, catch!” o “You’re gay LMAO” fanno riferimento a meme legati a videogiochi e subculture furry.
Ecco allora che realtà culturali praticamente incomprensibili alla stragrande maggioranza della popolazione irrompono sulla scena pubblica, diventando concausa di eventi stravolgenti che sono capaci di cambiare la storia senza alcuna possibilità di prevederli. A loro volta, anche le conseguenze sono dettate in larga parte dalle reazioni di una minuscola parte degli utenti online, che però con la visibilità fornitagli dagli algoritmi riescono a guidare, volenti o nolenti, la risposta della politica fornendole tutti gli strumenti necessari. Ecco che è ad esempio nei meandri di X comunemente chiamati Twitter Politics che si trovano, qui sì, spesso dietro account con nome fittizio, celebrazioni sfegatate dell’assassinio di Kirk, mentre dalle frange più conservatrici partono chiamate all’appello per fare dell’omicidio “il nostro Reichstag”. Altrove si legge come, di fronte a quanto accaduto, sia impossibile la coesistenza con i democratici e come a questo punto sia necessaria una guerra civile. Questi personaggi rappresentano una minuscola parte degli utenti, certo, ma generano attenzione, incitano radicalizzazione e divisione, e aiutano a normalizzare idee pericolose anche dentro l’amministrazione, contando poi quanto sia presente online lo stesso Vance.
Insomma, la morte di Kirk è stata usata per alimentare divisioni e giustificare nuove strette liberticide, mentre la politica, volente o nolente, è legata a doppia mandata alle dinamiche online. In questo cortocircuito tra tragedia reale e retorica digitale, il rischio è che la democrazia diventi la vera vittima collaterale.
di Giacomo Bridi
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